lunedì 20 agosto 2018

Limena, il Ponte della Libertà sul fiume Brenta, opera dell’ing. Bela Schvarcz (1956)


Limena, il Ponte della Libertà sul fiume Brenta, opera dell’ing. Bela Schvarcz (1956)
di Bruno Trevellin
(Il Ponte della Libertà in fase di costruzione, foto archivio Schvarcz)

(Il Ponte della Libertà oggi, con l’aggiunta della passerella ciclo-pedonale)

Il Ponte della Libertà, che collega Limena con Saletto di Vigodarzere, venne inaugurato domenica 6 maggio del 1956. “Il manufatto, costato 53 milioni (di lire) e lungo 102 metri, rappresentò una novità anche dal punto di vista costruttivo. La soluzione adottata dal progettista ing. Bela Schvarcz poteva definirsi avvenieristica per le innovazioni tecnologiche ed il basso costo e varie riviste di ingegneria, anche estere, ripresero il progetto”[1].
(Il Ponte della Libertà, foto da Martinello, Limena 1866-1970, p. 182)

(Particolare del ponte verso Limena)

Alcune note sull’ing. Bela Schvarcz
“Lo Studio Schvarcz nasce nel 1950 con sede in Corso Milano a Padova. Il fondatore dello Studio è l’Ing. Béla Schvarcz di nazionalità Ungherese, uno dei più noti professionisti nel campo del calcolo strutturale negli anni ‘60 e ‘70, che si stabilì a Padova durante la Seconda guerra mondiale. Successivamente i lavori di maggior interesse furono affidati  a Giampaolo Schvarcz, ingegnere libero professionista e collaboratore all’Istituto di Architettura e Urbanistica dell’Università di Padova e riconosciuto come uno dei caposaldi delle progettazioni di ingegneria e calcolo strutturale in Italia e all’Estero”[2].  
L’ing. Bela Schvarcz tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso era stato uno dei più quotati calcolatori di Padova. “Di origine ungherese, non aveva mai perso l’inflessione della sua lingua madre, ma era capace di eseguire calcoli a mente in modo velocissimo. Di solito io (chi parla è un suo ex allievo) facevo i calcoli con la calcolatrice, ma lui arrivava sistematicamente prima al risultato. Per la verità,  essendo ormai oltre gli 80 anni, ad usare la calcolatrice ci provava, ma si lamentava che quella non funzionava, salvo poi emettere oscuri improperi ungheresi quando si accorgeva che non aveva premuto il tasto ON.

L’ingegnere era sempre molto sicuro di sé ed anche orgoglioso della sua auto, una Lancia, di cui un giorno mi aveva detto che era stata la prima a Padova con l’iniezione atomica. “Ma, Ingegnere”, avevo risposto, “forse intendeva ad iniezione elettronica”, e lui, dopo averci pensato un attimo, ha risposto “No , no essere proprio prima con iniezione atomica!”[3].


[1] Renato Martinello, Storie di uomini, uomini nella storia, Limena 1866-1970, Padova 1992, p. 142

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