Limena,
il Ponte della Libertà sul fiume Brenta, opera dell’ing. Bela Schvarcz (1956)
di
Bruno Trevellin
(Il Ponte della Libertà in fase di costruzione, foto
archivio Schvarcz)
(Il Ponte della Libertà oggi, con l’aggiunta della
passerella ciclo-pedonale)
Il Ponte della Libertà, che collega Limena con Saletto di Vigodarzere, venne inaugurato domenica 6 maggio del 1956. “Il manufatto, costato 53 milioni
(di lire) e lungo 102 metri, rappresentò una novità anche dal punto di vista
costruttivo. La soluzione adottata dal progettista ing. Bela Schvarcz poteva
definirsi avvenieristica per le innovazioni tecnologiche ed il basso costo e
varie riviste di ingegneria, anche estere, ripresero il progetto”[1].
(Il Ponte della
Libertà, foto da Martinello, Limena
1866-1970, p. 182)
(Particolare del ponte verso Limena)
Alcune note sull’ing. Bela Schvarcz
“Lo Studio Schvarcz
nasce nel 1950 con sede in Corso Milano a Padova. Il fondatore dello Studio è
l’Ing. Béla Schvarcz di nazionalità Ungherese, uno dei più noti professionisti
nel campo del calcolo strutturale negli anni ‘60 e ‘70, che si stabilì a Padova
durante la Seconda guerra mondiale. Successivamente i lavori di maggior
interesse furono affidati a Giampaolo Schvarcz, ingegnere libero
professionista e collaboratore all’Istituto di Architettura e Urbanistica
dell’Università di Padova e riconosciuto come uno dei caposaldi delle
progettazioni di ingegneria e calcolo strutturale in Italia e all’Estero”[2].
L’ing. Bela Schvarcz
tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso era stato uno dei più quotati
calcolatori di Padova. “Di origine ungherese, non aveva mai perso l’inflessione
della sua lingua madre, ma era capace di eseguire calcoli a mente in modo
velocissimo. Di solito io (chi parla è un suo ex allievo) facevo i calcoli con
la calcolatrice, ma lui arrivava sistematicamente prima al risultato. Per la
verità, essendo ormai oltre gli 80 anni, ad usare la calcolatrice ci
provava, ma si lamentava che quella non funzionava, salvo poi emettere oscuri
improperi ungheresi quando si accorgeva che non aveva premuto il tasto ON.
L’ingegnere era sempre molto sicuro di sé ed anche orgoglioso della sua auto, una Lancia, di cui un giorno mi aveva detto che era stata la prima a Padova con l’iniezione atomica. “Ma, Ingegnere”, avevo risposto, “forse intendeva ad iniezione elettronica”, e lui, dopo averci pensato un attimo, ha risposto “No , no essere proprio prima con iniezione atomica!”[3].
L’ingegnere era sempre molto sicuro di sé ed anche orgoglioso della sua auto, una Lancia, di cui un giorno mi aveva detto che era stata la prima a Padova con l’iniezione atomica. “Ma, Ingegnere”, avevo risposto, “forse intendeva ad iniezione elettronica”, e lui, dopo averci pensato un attimo, ha risposto “No , no essere proprio prima con iniezione atomica!”[3].
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