Il castello medioevale
sul Brenta
Da una mappa del ‘500 a una ricerca di storia locale
Attività con una classe
prima
di Bruno Trevellin, docente
Un primo approccio
Sono ancora pochi i limenesi che sanno dell’esistenza di questo
castello. Per un motivo molto semplice: quel castello proprio non c’è più da
secoli. Ma sul fatto che ci sia stato non c’è dubbio. Dove? Sul lato destro del
Brenta, all’altezza della derivazione del canale Brentella. E chi lo dice? Le
fonti, soprattutto le mappe del territorio limenese conservate negli archivi.
quella del 1559, conservata presso l’Archivio di Stato di Padova, che mi ha
fatto conoscere l’amico Renato Martinello, è molto precisa.
(mappa nella sua interezza)
(particolare della stessa)
Il disegnatore non ha tralasciato di precisare che lì ci sono
nel 1559 le “vestigie del castelo”, cioè i ruderi di un castello.
Ho fotocopiato la mappa e l’ho consegnata ai ragazzi per una
prima osservazione di quanto indicato. Dal disegno sembra si trattasse di un
castello dalle dimensioni significative, non di una semplice torre di guardia.
Dalla mappa al
territorio. Un’uscita per vedere ciò che non c’è?
Sì, ne vale la pena. Con la mappa in mano li ho accompagnati
sul sito del castello, uno spazio che i limenesi conoscono molto bene,
soprattutto coloro che frequentano l’area naturalistica del Tavello. Del
castello però non c’è nulla! e oggi si può solo immaginarne la realtà,
spostando l’attenzione dalla mappa al territorio, andando appunto sul sito. E
comunque non doveva essere molto diverso da altri del periodo costruiti lungo i
corsi d’acqua. Poteva assomigliare a quello di San Martino della Vaneza a
Trambacche sul Bacchiglione, che molti limenesi di sicuro conoscono. La
tipologia e la funzione erano le stesse.
(Castello di San Martino della Vaneza)
I ragazzi quindi hanno solo potuto ‘calpestare’ il sito,
immaginandone la posizione, le mura, i merli, il torrione. Non c’è bisogno di
dilungarsi su troppi particolari, sanno cos’è un castello medioevale.
Poi siamo ritornati in classe per osservare altre carte che
parlano del nostro castello.
Ho mostrato un disegno, del 1686, contenuto nel libro di
Martinello, I colmelloni di Limena
(p. 21). Il disegnatore ha precisato che il punto C “è la vestigia di una tore
deto castel di Limena già stato distruto et ora solo muri atorno a valino del
piano del terreno”.
Allora, nel ‘500 solo vestigia del castello, nel ‘600 ancor
meno.
Poi è stata la volta di un disegno del 1739. Al posto dei
ruderi troviamo una bella villa, probabilmente lo stesso edificio che ancor
oggi si incontra all’altezza del primo colmellone, sede della protezione civile.
(disegno del 1739, in I
colmelloni di Limena di Renato Martinello)
Altre
fonti sul castello
Ma il castello è presente anche in altre fonti.
Cercando in internet con la LIM o su libri di storia
locale li ho guidati alla scoperta autonoma di altre fondamentali informazioni.
Se ne parla per esempio in un libro su Vigodarzere,
proprio nel capitolo dedicato ai castelli.
“I castelli medioevali erano fortezze per sostenere
assalti guerreschi e difendere paesi e città. Spesso una torre con mura era già
una rocca. Ma, anche tralasciando le semplici torri, di veri castelli o rocche
ce n'erano ben più di 100 nel territorio padovano. Della maggior parte non
restano che poche vestigie e di molti anche appena il ricordo. Due castelli erano a Limena. Il più
antico era dei signori da Limena, una famiglia che vantava tra i non pochi suoi
uomini illustri il beato Arnaldo, abate di S. Giustina, fiero oppositore
di Ezzelino, la cui festa si celebra il 14 marzo. L'altro sorse nel 1313 a difesa del canale Brentella”. (Adriano Schiavo, Vigodarzere e il suo territorio, 1970,
p.29)
Costruito
dunque nel primo ‘300 per difendere il Brentella, sappiamo che fu più volte perso e ripreso dai Carraresi
(Martinello, I colmelloni, p. 6).
Nel 1405 arrivano i Veneziani che
presero d’assalto il castello di Limena “i cui difensori sebbene pochi di numero si
mantennero fino agli estremi con ostinata prodezza, ma finalmente soverchiati
dalla esorbitanza degli avversari dovettero cedere e il capitano Trappolino ne
uscì con tutti gli onori di guerra” (in Giovanni Cittadella, Storia della dominazione carrarese in
Padova, 2, 1842).
Sia il libro
su Vigodarzere sia quello sui Carraresi si trovano in internet. Usando la LIM
questi libri entrano direttamente in classe senza passare attraverso le
librerie o le biblioteche.
Distruzione del castello e massacro di 150
soldati schiavoni a Limena
E
arriviamo all’atto finale. Il 13 agosto 1509 (durante la guerra di Cambrai) l’esercito
dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo “occupò Limena, espugnò il castello, preso d’assalto da 400 spagnoli che uccisero i 150
schiavoni che lo difendevano…Il 6 ottobre…l’esercito di Massimiliano distrusse il castello e la rosta” (Martinello, I
colmelloni, p. 7).
Il
castello dunque svolse il suo ruolo di controllo e difesa del territorio
limenese dal 1313 al 1509. Una volta distrutto, non venne più ricostruito.
Dell’altro
castello invece, quello più antico dei Da Limena, a oggi abbiamo solo la
notizia della sua esistenza, ma niente di più.
Due parole su questi
schiavoni
“La nascita di questi reparti ha origini antiche e
evidenzia lo spirito plurinazionale dello stato veneto. Arruolati in Dalmazia,
Grecia e sulle coste Albanesi, essi furono usati all’inizio come “fanti da mar”
imbarcati sulle navi della Serenissima, pronti all’arrembaggio di altri navigli
o come truppe da sbarco (maestro in questo impiego fu Francesco Morosini
durante la campagna di Morea), passarono poi al servizio in terraferma,
presidiando fortezze e città in tempo di pace o di guerra” (M. Bozzolan, I temibili Schiavoni della Serenissima,
testo online).
Una testimonianza
archeologica
Un’ultima testimonianza, archeologica. È una foto scattata in
occasione dei lavori di sistemazione della Brentella nel 1980. La si trova
sempre nel libro di Martinello usato per questa attività. Si notano le
‘vestigie’ del vecchio castello che quindi ancora c’è, ovviamente solo i suoi ruderi,
sotto il terreno arginale.
Dalle
indicazioni nazionali per il curricolo 2012
Storia
Il
senso dell’insegnamento della storia
(…) Lo studio della storia (…) contribuisce a formare
la coscienza storica dei cittadini e li motiva al senso di responsabilità nei
confronti del patrimonio e dei beni comuni
Per questa ragione la scuola è chiamata ad esplorare,
arricchire, approfondire e consolidare la conoscenza e il senso della storia.
I
metodi didattici della storia
I libri, le attività laboratoriali, in classe e fuori
della classe, e l’utilizzazione dei molti media oggi disponibili, ampliano,
strutturano e consolidano questa dimensione di apprendimento. La capacità e la
possibilità di usufruire di ogni opportunità di studio della storia, a scuola e
nel territorio circostante, permettono un lavoro pedagogico ricco, (…) indispensabile
per avvicinare gli alunni alla capacità di ricostruire e concepire
progressivamente il “fatto storico” per indagarne i diversi aspetti, le
molteplici prospettive, le cause e le ragioni (…).
Traguardi
per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola secondaria di primo
grado
L’alunno si informa in modo
autonomo su fatti e problemi storici anche mediante l’uso di risorse digitali.
Produce informazioni storiche con
fonti di vario genere – anche digitali – e le sa organizzare in testi.
Comprende testi storici e li sa
rielaborare con un personale metodo di studio,
Espone oralmente e con scritture
– anche digitali – le conoscenze storiche acquisite operando collegamenti e
argomentando le proprie riflessioni (…).
Conosce aspetti e processi
essenziali della storia del suo ambiente.
Scheda tecnica di rilevamento e
attività in classe
Alla fine ho
proposto ai ragazzi una semplice scheda sull’attività svolta. L’hanno compilata
per gruppi di 4-5. Aveva solo alcuni indicatori: Titolo dell’attività-Data dell’uscita-Elenco
degli elementi rilevati.
Alla fine ho
chiesto a un rappresentante per gruppo, in momenti diversi, di rispiegare alla classe
l’attività svolta. Ho messo anche qualche voto, solo a chi ha saputo relazionare
meglio.
Considerazioni finali
Un’attività
di questo tipo va proposta ai ragazzi di Limena. Ti seguono, si appassionano,
apprendono. Un castello ha sempre il suo fascino, è vero, ma è anche la storia
che ci sta attorno che li attrae. Nel nostro caso è la storia di Limena, è la
storia di una signoria, quella Carrarese, è la storia di una dominazione,
quella veneziana. Soprattutto possono capire che la storia che trovano sui
libri passa attraverso la storia scritta sul proprio territorio.
E
io preferisco che i ragazzi conoscano questa storia anziché tutte le guerre
combattute da un manzoniano principe di Condè.