La nascita in Italia della
poesia moderna – 1916
Le poesie de Il porto sepolto, di Giuseppe Ungaretti
Attività
svolta nella classe 3A (Bruno Trevellin, docente)
UNGARETTI, Giuseppe (1888-1970). Il porto sepolto. (Udine,
Stabilimento tipografico friulano, 1916).
PRIMA EDIZIONE del primo e più celebre libro
di Ungaretti. Data la sua importanza e la sua rarità, la prima edizione de Il
porto sepolto costituisce uno dei libri italiani del Novecento più
ricercati (tiratura di soli 80 esemplari numerati).
Scritte
in trincea su ritagli di giornale e cartoline che l’autore conservava nella sua
bisaccia da campo, le liriche di Ungaretti, fatte di pochi versi, scabre,
appese ad un esile filo coma la vita dei soldati al fronte, segnano per
l’Italia la nascita della poesia moderna.
Il
primo ad accorgersi della loro deflagrante novità fu l’editore Ettore Serra,
che curò tipograficamente la stampa udinese, per la quale scelse un carattere
molto classico (il dieci bodoniano) e circondò il testo con un ampissimo
margine bianco. Poche volte nella storia editoriale della nostra letteratura
contemporanea si è pervenuti ad una tale perfezione nella corrispondenza fra
testo e supporto librario. Leggere il Porto
sepolto in questa edizione è come assistere ad una esecuzione dal
vivo di un grande musicista: tutte le altre edizioni, compresa la seconda
(sontuosamente impressa a La Spezia con prefazione di Benito Mussolini e venti
xilografie di Francesco Gamba), suonano come una fredda registrazione fatta in
studio.
(da:
http://www.alai.it/classici-italiani/la-nascita-in-italia-della-poesia-moderna-1916)
Un esempio di relazione sull’attività
svolta, scritta da M. M. e L. R. (alunne della classe 3)
1
INTRODUZIONE
Nell’ultimo
periodo dell’anno la classe 3A ha analizzato alcune poesie della raccolta Il
porto sepolto (1916) di Giuseppe Ungaretti. Per capire i temi delle sue
poesie siamo partiti da alcuni dati biografici. Il poeta nacque ad Alessandria
d’Egitto nel 1888, poi si trasferì a Parigi per studiare, anche se i suoi
genitori erano di origini toscane. Partecipò alla Prima Guerra Mondiale come
volontario e durante la guerra scrisse alcune delle sue più note poesie. Una
sua caratteristica è quella di indicare data e luogo in cui le ha scritte.
Era
impossibile non soffermarsi sulla poesia rivoluzionaria di Ungaretti, a causa
delle tematiche incredibilmente attuali.
Inoltre
il lavoro serviva a capire come la poesia del Novecento mutò rispetto a quella
dei secoli precedenti: prima di Ungaretti si ragionava solo a endecasillabi, a
composizioni ben definite. Ora, con lui, basta una parola per comporre un
verso.
Il
lavoro si è diviso in diverse fasi; la prima è stata la consegna di un
fascicolo di poesie tratte dalla prima edizione de Il porto sepolto, poi le abbiamo lette e analizzate, prima grazie
alle spiegazioni del docente in classe e in seguito grazie a una ricerca
individuale in Internet.
Per
fare tutto questo abbiamo impiegato circa due o tre settimane nelle quali è
stata coinvolta l’intera classe guidata dal professore.
2
PARTE CENTRALE
Il
lavoro è iniziato con una panoramica sul poeta e sulla sua concezione di poesia
(tema principale di molti suoi componimenti).
I
principali temi delle poesie di Ungaretti sono i seguenti:
·
Significato della poesia, che è per lui la
scoperta della condizione umana nella sua essenza. Per lui infatti poesia è
ricerca della parola, per questo intitola la sua prima raccolta “Il porto
sepolto”;
·
Le riflessioni sull’umanità e la sofferenza
attraverso l’introspezione;
·
La ricerca dell’armonia; ogni uomo deve essere
in armonia con sé stesso e con ciò che lo circonda;
·
Lo sbigottimento dell’uomo che si sofferma a
osservare sbalordito qualcosa non capendo, però, il perché della sua esistenza.
Ci
sono poi altri temi come l’amore, l’amicizia, la nostalgia della città natale.
In
seguito abbiamo analizzato le poesie, iniziando proprio da Il porto sepolto. Il poeta parla del porto della sua città natale
(Alessandria d’Egitto). Dice che il poeta deve scendere nel Porto sepolto
(allude all’animo umano), per poi riemergere con le sue poesie: quindi il lavoro
del poeta è capire a fondo l’anima e cercare le parole giuste per descriverla.
La
seconda poesia è stata Silenzio. In essa
ci parla della notte in cui ha lasciato Alessandria: ne ricorda le luci soffuse
e il limio delle cicale, mentre si allontana con il battello.
Poi,
però, ci siamo scontrati con un’altra poesia, ma stavolta, senza titolo. Il
primo verso dice: “chiuso fra cose mortali”; il poeta si chiede perché brama
Dio, perché lo desidera così ardentemente, anche se tutto è destinato a morire.
La
quarta è anch’essa senza titolo, i primi versi dicono: Si chiamava Mohammed Sceab. In essa il poeta ricorda l’amico
coinquilino di quando abitava a Parigi (lì studiava). Mohammed era di origini
arabe e amava la Francia (cambiò nome in Marcel), ma non si sentiva francese.
Si suicidò per il dolore di non avere più patria e solo il poeta ne conserva un
ricordo.
In
Peso il poeta
invidia la fede del contadino che porta la medaglietta di sant’Antonio con la
quale va ‘leggero’ e che gli fa sopportare il dolore quotidiano, invidia la sua
accettazione spensierata dell’esistenza.
Poi
si trova C’era una volta, poesia in
cui il poeta esprime un forte desiderio di tranquillità e solitudine.
La
segue Sono una creatura dove
Ungaretti si sente ormai nella condizione di completo abbandono.
L’ottava
poesia è senza titolo nella prima edizione, ma gli venne aggiunto in seguito
dal poeta. La intitolerà In dormiveglia.
Qui Ungaretti si trova in trincea, sente i colpi delle mitragliatrici, ma
essendo, appunto, in dormiveglia, li paragona per il rumore agli scalpellini
delle strade della sua città.
La
nona è stata I fiumi con la quale il
poeta ripercorre la sua vita attraverso i fiumi dei luoghi in cui ha vissuto
(Serchio, Nilo, Senna, Isonzo).
Nella
decima e ultima, Commiato, Ungaretti scrive
all’amico editore spiegandogli cos’è la sua poesia: ricerca.
3
CONCLUSIONE
Per
noi il lavoro svolto è stato interessante e piacevole. Approfondire le
conoscenze sulla poesia ricollegandole alla storia ci ha permesso di
memorizzare punti focali di entrambi gli argomenti.
Non
abbiamo incontrato particolari difficoltà, grazie anche alle spiegazioni del
docente.
Secondo
noi è importante, come ha fatto la nostra classe, soffermarsi su un certo
argomento per un po’ di tempo, per approfondirlo meglio.
Ci
piacerebbe che questo genere di lavoro venisse riproposto in altri ambiti
scolastici perché può essere molto d’aiuto in vista degli esami di terza media.
Consigliamo
di approfondire questo poeta anche nelle altre classi perché è molto
interessante e ci ha veramente coinvolti.
Le poesie analizzate
IL PORTO SEPOLTO
Mariano il
29 giugno 1916
Vi arriva il
poeta
e poi torna
alla luce con i suoi canti
e li
disperde
Di questa
poesia
mi resta
quel nulla
d’inesauribile
segreto
SILENZIO
Mariano il
27 giugno 1916
Conosco una
città
che ogni
giorno s’empie di sole
e tutto è
rapito in quel momento
Me ne sono
andato una sera
Nel cuore
durava il limio
delle cicale
Dal
bastimento
verniciato
di bianco
ho visto
la mia città
sparire
lasciando
un poco
un abbraccio
di lumi nell’aria torbida
sospesi
DANNAZIONE
Mariano il
29 giugno 1916
Chiuso fra
cose mortali
(Anche il
cielo stellato finirà)
Perché bramo
Dio?
Locvizza il 30 settembre 1916.
Si chiamava
Moammed Sceab
Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome
Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè
E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono
L’ho accompagnato
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa.
Riposa
nel camposanto d’Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera
E forse io solo
so ancora
che visse
PESO
Mariano il
29 giugno 1916
Quel
contadino
si affida
alla medaglia
di
Sant’Antonio
e va leggero
Ma ben sola
e ben nuda
senza
miraggio
porto la mia
anima
C’ERA UNA VOLTA
Quota
Centoquarantuno l’1 agosto 1916
Bosco
Cappuccio
ha un
declivio
di velluto
verde
come una
dolce
poltrona
Appisolarmi
là
solo
in un caffè
remoto
con una luce
fievole
come questa
di questa
luna
IN DORMIVEGLIA
Valloncello
di Cima Quattro il 6 agosto 1916
Assisto la
notte violentata
L’aria è
crivellata
come una
trina
dalle
schioppettate
degli uomini
ritratti
nelle
trincee
come le lumache
nel loro guscio
Mi pare
che un
affannato
nugolo di
scalpellini
batta il
lastricato
di pietra di
lava
delle mie
strade
ed io
l’ascolti
non vedendo
in
dormiveglia
SONO UNA CREATURA
Valloncello
di Cima Quattro il 5 agosto 1916
Come questa
pietra
del S.
Michele
cosí fredda
cosí dura
cosí
prosciugata
cosí
refrattaria
cosí
totalmente
disanimata
Come questa
pietra
è il mio
pianto
che non si
vede
La morte
si sconta
vivendo
I FIUMI
Cotici il 16
agosto 1916
Mi tengo a
quest’albero mutilato
abbandonato
in questa dolina
che ha il
languore
di un circo
prima o dopo
lo spettacolo
e guardo
il passaggio
quieto
delle nuvole
sulla luna
Stamani mi
sono disteso
in un’urna
d’acqua
e come una
reliquia
ho riposato
L’Isonzo
scorrendo
mi levigava
come un suo
sasso
Ho tirato su
le mie
quattr’ossa
e me ne sono
andato
come un
acrobata
sull’acqua
Mi sono
accoccolato
vicino ai
miei panni
sudici di
guerra
e come un
beduino
mi sono
chinato a ricevere
il sole
Questo è
l’Isonzo
e qui meglio
mi sono
riconosciuto
una docile
fibra
dell’universo
Il mio
supplizio
è quando
non mi credo
in armonia
Ma quelle
occulte
mani
che
m’intridono
mi regalano
la rara
felicità
Ho ripassato
le epoche
della mia
vita
Questi sono
i miei fiumi
Questo è il
Serchio
al quale
hanno attinto
duemil’anni
forse
di gente mia
campagnola
e mio padre
e mia madre
Questo è il
Nilo
che mi ha
visto
nascere e
crescere
e ardere
d’inconsapevolezza
nelle estese
pianure
Questa è la
Senna
e in quel
suo torbido
mi sono
rimescolato
e mi sono
conosciuto
Questi sono
i miei fiumi
contati
nell’Isonzo
Questa è la
mia nostalgia
che in
ognuno
mi traspare
ora ch’è
notte
che la mia
vita mi pare
una corolla
di tenebre
COMMIATO
Locvizza il
2 ottobre 1916
Gentile
Ettore Serra
poesia
è il mondo
l’umanità
la propria
vita
fioriti dalla
parola
la limpida
meraviglia
di un
delirante fermento
Quando trovo
in questo
mio silenzio
una parola
scavata è
nella mia vita
come un
abisso
Nota del docente
Nella scuola si leggono per lo più singole poesie o al limite solo alcune
poesie dello stesso autore. È chiaramente un lavoro limitato e limitante, che
non fa cogliere ai ragazzi le caratteristiche specifiche di quell’autore e i temi
delle sue poesie.
Lavorare invece su più testi, anche se impegnativi, li aiuta a capire meglio
proprio il suo universo espressivo e lessicale.