LA SCUOLA OGGI
(da La nostra
giovinezza, di Charles Peguy)
di Bruno Trevellin
Le considerazioni
sulla scuola francese scritte da Peguy più di un secolo fa, ne La nostra giovinezza (1910), sono ancora
di straordinaria attualità , anche per il nostro paese e per il nostro sistema
scolastico. Contro i vari poteri, contro le Sorbone di ogni tempo, Peguy alza
la sua voce a difesa di un mestiere ‘salvifico’, come quello di insegnante, che
ha ancora a cuore i ragazzi e la cultura per una propria caratteristica e indiscutibile
devozione che pochi sanno cogliere.
“Quanto a me sono persuaso che si conservi molta più autentica cultura ancor oggi
nella maggior parte delle scuole elementari, nella maggior parte dei paesi di
Francia, tra i filari di vite, all’ombra dei platani e dei castagni che non tra
le quattro mura della Sorbona. Un gran numero di maestri continua a
esercitare nelle scuole di provincia e anche di città un certo ministero di
cultura. Sono ancora, spesso loro malgrado, ministri, maestri nella
distribuzione della cultura. Esercitano questo ufficio.
La scuola secondaria dà un ammirevole
esempio, fa un ammirevole sforzo per mantenere, per conservare, per difendere
contro l’invasione della barbarie la cultura antica, quella cultura classica
che essa aveva in custodia e di cui conserva, malgrado tutto e contro tutti, la
tradizione.
È meraviglioso lo spettacolo offerto da tanti professori medi che,
poveri, modesti, miseri impiegati esposti a tutto, sacrificano tutto, lottano
contro tutto, resistono a tutto per
difendere la loro scuola. Lottano contro i pubblici poteri e le autorità
costituite. Contro le famiglie, gli elettori, l’opinione pubblica; contro i
genitori degli alunni; contro il provveditore, il sindaco, l’ispettore
accademico, il direttore generale delle scuole medie, il ministro, contro il
proprio avvenire, la propria carriera, il proprio avanzamento, letteralmente
contro il proprio pane. Contro tutti i loro interessi. Contro tutti i poteri e contro il potere più temibile, quello dell’opinione.
Che dappertutto è del tutto moderna. E perché.
Per una indiscutibile devozione. Per un invincibile, insormontabile
attaccamento di razza e di libertà al proprio mestiere, al proprio ufficio,
alla propria antica virtù, alla propria funzione sociale, a un vecchio civismo
classico. Per un incrollabile attaccamento all’antica cultura che era tutt’uno
con l’antica virtù, per fedeltà, per una specie di eroico attaccamento al
vecchio mestiere, al vecchio paese, al vecchio liceo. E perché. Per cercare di salvarne un po’. Per opera loro, per opera
di un certo numero di insegnanti di scuola media, fortunatamente ancora
abbastanza grande, la cultura non è ancora interamente scomparsa in questo
paese. Io conosco e potrei citare almeno centocinquanta insegnanti di scuola
media che fanno tutto, rischiano, sfidano tutto, anche la noia, il più grande
rischio, anche una miserabile fine di carriera per mantenere e salvare quel che
ancora può essere salvato. Non sarebbe
facile trovare cinquanta insegnati di scuola superiore, e neppure trenta, e
neppure quindici, che si propongano qualcosa di diverso dall’ossificare e
mummificare la realtà e seppellire la materia del loro insegnamento sotto
montagne di schede” (da C. Peguy, La
nostra giovinezza, Editrice Studium, Roma, p. 27-29).