sabato 29 aprile 2017

RICCARDO PIGGIO, ex allievo della scuola di Limena, campione del mondo



LA STORIA
La scuola, il calcio, e la sindrome di Down
«Io che sono campione del mondo»

Riccardo Piggio, il ragazzo padovano bomber della Nazionale che ha trionfato in Portogallo
LIMENA (PADOVA) Tiro dell’attaccante, il portiere respinge e Riccardo Piggio piomba come un falco in area. «Gooool!». Mentre rivede le immagini scorrere sul telefonino, si emoziona ancora. E sa che il sogno è solo all’inizio, che quel ragazzetto con la maglia numero 8 sarà lo spauracchio del Portogallo: il difensore stoppa, lui gli ruba la palla, lo dribbla, e calcia più forte che può. «Rete!». Di nuovo. Non è finita, perché una partita di calcio si vince con il cuore ma anche con l’opportunismo: un passaggio sbagliato dal portiere, l’attaccante che intercetta e accompagna il pallone in porta con un colpetto di piatto. «Tripletta!». E la firma è sempre la stessa, è sempre quella di Riccardo.
«Siamo campioni del mondo», rivendica con orgoglio, mostrando la medaglia d’oro conquistata due settimane fa a Viseu, battendo in finale per 4 a 1 i padroni di casa. È tutto vero: gli Azzurri della Fisdir - Federazione Italiana Disabilità Intellettivo Relazionale - hanno vinto il primo campionato mondiale di calcio a 5 riservato agli atleti con sindrome di Down. E il bomber è questo diciottenne di Limena (in provincia di Padova) che frequenta il quarto anno all’istituto «Rolando» di Piazzola sul Brenta, ha una fidanzata, ama la matematica e lo sport. «È affetto da mosaicismo», spiega la madre, Raffaella Bassan. «In pratica ha due linee genetiche diverse: una è identica a quella di tutti i normodotati, e quindi composta da 46 cromosomi,l’altra invece ne conta 47, come per chi è affetto da sindrome di Down». Un «mondo di mezzo» che consente a Riccardo di avere maggiore autonomia rispetto a gran parte dei suoi compagni della Nazionale. «È bravo - dice il padre, Stefano Piggio - prepara da mangiare, va a fare la spesa e tra qualche anno potrà andare a vivere fuori casa, con altri ragazzi nelle sue condizioni. Siamo orgogliosi: quando è nato, io e sua madre non avremmo mai immaginato che avrebbe raggiunto questi traguardi. L’ho capito solo più tardi, vedendolo superare uno dopo l’altro gli ostacoli che la vita gli metteva davanti. E lo sport, in questo suo percorso di crescita, l’ha aiutato molto».
Riccardo si gode il momento di gloria - condivisa con l’altro veneto della Nazionale, Davide Vignando, anche lui padovano - e la medaglia vinta in Portogallo finisce per brillare nell’angolo dei trofei, che comprende pure un titolo italiano nei cento metri per ragazzi Down conquistato lo scorso anno. E con un simile palmares, tanto vale sognare in grande. «Voglio vincere le Olimpiadi», assicura. Potrebbe anche riuscirci, visto che il calcio a 5 è tra gli sport candidati alle paralimpiadi di Tokyo 2020 e lui, nonostante sia il più giovane del gruppo, a furia di segnare si è conquistato un posto da titolare in Azzurro. La disabilità è un limite solo agli occhi degli altri. «Lui è speciale», dicono Francesco e Nicola, i fratelli di Riccardo. Fin da bambini si sono sempre allenati insieme, nel prato dietro casa, dove papà Stefano ha montato una porta da calcio. Poi l’ingresso, con il suo amico Davide, nello Special Team Padova, la squadra composta da ragazzi Down allenata da Sara Gastaldello ed Elio Russo. E da lì,a suon di gol, l’approdo nella Nazionale allenata dai ct Roberto Signoretto e Gianluca Oldani.
«Il futuro? Potrei fare il calciatore, oppure lavorare in un negozio. O magari faccio tutte e due le cose». Nel dubbio, si dà da fare su entrambi i fronti: oltre a giocare a calcio, un paio di volte la settimana fa il commesso in una boutique della zona. E poi c’è la scuola. «Mi piace studiare», assicura mentre posa per l’obiettivo del fotografo del Corriere del Veneto. Raccontata così, pare la vita di un qualunque diciottenne: i pomeriggi sui libri, il telefonino, il tifo per l’Inter e la venerazione per il bomber Mauro Icardi («Ma prima mi piacevano anche Milito e Palacio»). Ora si aggiungono anche i complimenti di Alex Del Piero, che su Facebook pubblica una foto di Riccardo e dei suoi compagni di squadra e scrive: «L’Italia è di nuovo Campione del Mondo, stavolta grazie a voi! Grandi ragazzi, un grande abbraccio!»
Corriere della Sera, 27 aprile 2017

venerdì 28 aprile 2017

La parola secondo Maria Montessori: «Un tesoro»

L'inedito. La parola secondo Maria Montessori: «Un tesoro»


Maria Montessori venerdì 28 aprile 2017
L’educatrice riflette sul valore del linguaggio, «un insieme di suoni con il quale l’essere umano esprime un’idea. E si associa»
Maria Montessori (1870-1952)
Maria Montessori (1870-1952)
Che cosa è il linguaggio umano? In sé è un soffio che suona attraverso degli strumenti musicali, le corde vocali. Queste vibrano e rendono la voce sonora; la voce passa attraverso la bocca come in un tubo risonante. Qualche volta però la bocca prende quella musica e la imprigiona ora tra i denti e la lingua, ora tra le labbra e ne fa uscire fuori suoni spezzettati che articola. Quella musica della voce (vocali) si combina con i suoni determinati tra le varie parti della bocca che perciò consuonano (consonanti): è con tali mezzi che si forma il linguaggio articolato. L’essere umano ha avuto dalla natura il dono di aggiustare questi strumenti in modo da fissare suoni che si possono distinguere l’uno dall’altro.
I suoni non sono molti: sono forse venti o trenta. La lingua italiana per esempio si forma effettivamente con ventuno suoni: cinque vocali – a, e, i, o, u– e quindici consonanti: b, c, d, f, g, l, m, n, p, q, r, s, t, v, z (oltre h che non ha suono). Venti suoni distinti, combinati tra loro in tutti i modi possibili, possono fare un numero infinito di gruppi, cioè di unione di suoni che tra loro formano una parola. Se si potessero fissare in uno strumento meccanico venti suoni per combinarli secondo quanto insegna la matematica, col procedimento detto delle “combinazioni e permutazioni”, ne verrebbero fuori milioni e milioni di parole. Secondo Max Müller, il numero di parole che si potrebbero ottenere con ventiquattro lettere sarebbero circa seicentomila quadrilioni (600.000.000.000.000.000.000.000). Ma queste combinazioni di suoni non sarebbero veramente parole. Parola è un insieme di suoni con il quale l’essere umano esprime un’idea. È dunque l’idea, e non la combinazione di suoni, che origina veramente la parola. Perché una parola indichi un’idea, bisogna che un gruppo di umani ne stabilisca il significato: “Adesso siamo d’accordo: quando manderemo fuori questa parola ci intenderemo”.
Dunque, per stabilire una parola ci vuole un accordo tra persone che vogliono scambiarsi tra loro idee. Il pensiero umano sarebbe inutile se non si potesse comunicare con gli altri: è la parola che permette agli uomini di associarsi. Essi non potrebbero lavorare d’accordo né spostarsi da un luogo all’altro se non si comprendessero. L’episodio biblico della Torre di Babele racconta del grande edificio che doveva arrivare fino al cielo, tanti erano i materiali e gli operai per costruirla, ma quando mancò il linguaggio comune e gli uomini non poterono più comprendersi tra loro, dovettero lasciare a metà la costruzione benché non mancassero operai, né materiali, né buona volontà. C’è stato un tempo in cui gli esseri umani non avevano ancora una terra da coltivare, né una casa da abitare, ma avevano già un linguaggio. Con l’aiuto del linguaggio poterono riunirsi per lavorare insieme, per coltivare la terra, per costruire case e per spostarsi attraverso i continenti. Mettere insieme parole che hanno questo grande ufficio non significa soltanto esprimere idee.
Non è soltanto un lavoro dell’intelligenza; ma è anche un tesoro, una proprietà importantissima. E gli uomini la trasmettono di generazione in generazione. Si formano sempre nuove parole, si modificano quelle che già esistono, si fanno suoni in se stessi più alti, più bassi, più chiusi, più aperti; così avviene l’evoluzione del linguaggio. Ma occorre sempre che gli individui fissino tutte le modificazioni e che siano tutti d’accordo nell’accettarle, perché si tratta appunto di capirsi. La lingua è ben più che una bandiera per un popolo, il suo significato è l’unione nella concezione più alta. Ed è anche simbolo di vita realmente passata nel mondo tra esperienze e lavori, tra lotte e vittorie sulla natura, come la bandiera passata sui campi di battaglia.
Ogni parola è una convenzione fra uomini che ne mantengono il segreto. Non lo fanno apposta: è il linguaggio stesso che ha questo carattere e tiene nascosto ad altri popoli quel- lo che un popolo costruisce per sé. Infatti, se non si sa come siano state combinate e stabilite le parole, non si può capire un linguaggio; quindi ogni gruppo umano ha una proprietà condivisa: è la sua lingua. Se un gruppo si è diviso in altri gruppi, ciascuno di questi ha operato modificazioni, inventato nuove parole, a poco a poco i linguaggi si sono differenziati fino al punto di non potersi più comprendere l’un l’altro. Dunque il linguaggio è parte della storia dell’umanità. È per mezzo del linguaggio che uomini e donne si sono trasmessi la loro storia passata ed è così che le successive generazioni hanno trovato nel linguaggio la propria continuità e insieme la conoscenza dei loro avvenimenti. Mentre gli individui morivano e sparivano, il linguaggio rimaneva, facendo di essi una civiltà e una storia. Sappiamo quanto una lingua sia complicata: perché sia comprensibile bisogna prima riconoscere i suoni che hanno differenze quasi impercettibili e poterli poi riprodurre esattamente con gli organi della fonazione. Si sa quanto sia difficile farlo: non si riesce se si vuole parlare una lingua straniera, infatti in questo caso rimane sempre un accento che denuncia una diversa origine.

“Torre di Babele”, uno dei disegni pubblicati in “Psicogrammatica” (Franco Angeli) per illustrare il testo (The Montessori Pierson Publishing Company, The Netherlands)
“Torre di Babele”, uno dei disegni pubblicati in “Psicogrammatica” (Franco Angeli) per illustrare il testo (The Montessori Pierson Publishing Company, The Netherlands)

Una lingua invece deve essere trasmessa esattissimamente perché si conservi. Chi presiede a conservare questa esattezza assoluta? Com’è che, anche attraverso i secoli, rimangono inalterati quei suoni? Qual è lo strumento che controlla e conserva tale integrità? Uno strumento ci deve essere: certo non sarà una macchina, perché tra i dialetti e le lingue di popoli [cosiddetti] poco civilizzati avviene lo stesso fenomeno. D’altra parte si conosce presso qualche civiltà un deposito speciale per conservare inalterata la purezza dei suoni? No, non si conosce, non esiste. È la natura che vi ha provveduto. Chi può udire perfettamente ed esattamente riprodurre i suoni del linguaggio articolato è il bambino, nessun altri che lui. Il bambino molto piccolo ha una speciale sensibilità al linguaggio che lo rende appassionatamente attento ai suoni della parola che sente pronunciare intorno a sé. I suoi organi del linguaggio sono ancora inerti, ma egli li anima perché riproducano i suoni ripetutamente ascoltati.
Dopo lunga fatica e con molti sforzi graduali, il bambino riesce a riprodurre esattamente i suoni, ascoltando, ripetendo, inventandone: nella tenera età in cui esiste il meraviglioso periodo sensitivo del linguaggio egli vive a contatto con la mamma e da lei assimila in modo perfetto una lingua chiamata materna. È l’unica lingua che ogni essere umano può pronunciare perfettamente: è la sua lingua e nella massima parte dei casi è il linguaggio della sua razza. Non è però perché si appartiene ad una razza che se ne parla bene la lingua, ma perché è la lingua che si è sentita parlare durante il periodo sensitivo [nell’infanzia]. Spesso i figli di italiani emigrati, nati tra popoli che parlano altre lingue, finiscono per parlare perfettamente il linguaggio straniero e conservano l’accento straniero quando parlano italiano. Dunque il linguaggio, benché creato dall’adulto, è mantenuto dal bambino. In questo gioco tra le due età si attua la formazione e la conservazione naturale del linguaggio.

giovedì 27 aprile 2017

I primi limenesi alla scuola media



I primi limenesi alla scuola media (1963-64)
Indagine storico-statistica sui limenesi che hanno frequentato la scuola media Beato Arnaldo, realizzata sui documenti dell’archivio scolastico dai ragazzi della 2 A, guidati dal prof. Bruno Trevellin

 (foto d'archivio)
Una grande conquista: la scuola media obbligatoria unificata. I primi limenesi a ottenere il diploma
Sono stati 39 (30 maschi e 9 femmine) gli alunni licenziati nell’anno scolastico 1963-64, il primo della nuova scuola media unificata resa obbligatoria con legge n. 1859 del 31 dicembre 1962. “Prima di allora, infatti, per la fascia di età compresa fra i 11 e 14 anni è prevista l'opzione tra una scuola media triennale, istituita dalla riforma Bottai nel 1940, cui si accede con un impegnativo esame di ammissione, e altre specializzazioni professionalizzanti, tutte di derivazione gentiliana. Il problema è però che mentre la prima opportunità consente il successivo proseguimento degli studi in tutti i settori dell'istruzione secondaria superiore, l'altra scelta non lo permette. Si tratta, in questo secondo caso, e fondamentalmente stiamo parlando di ambiti riservati alle fasce sociali meno abbienti, di optare o per i corsi di avviamento professionale o per i percorsi di scuola post-elementare. Scelte che però vincolano l'eventuale proseguimento degli studi solamente alle scuole e agli istituti professionali” (citazione da: http://www.treccani.it/scuola/itinerari/anniversari/albanese_smu.html)

I nomi dei primi 39 diplomati:
Baldin Vittorio
Benozzo Santina
Bertorelle Sandro
Capra Emanuele
Carraro Sante
Cerato Antonio
Dalla Libera Annalisa
Destro Mario
Lucietto Maria Ausilia
Mantoan Giovanni
Meggiolaro Maria Luisa
Meggiolaro Simone
Melisi Stanco
Morbin Natalina
Ometto Napoleone
Paccagnella Giuseppe
Paccagnella Luigino
Pecin Rocco
Pettenuzzo Giorgio
Piccolo Carlo
Pinton Gianpaolo
Piva Renato
Quartesan Gabriella
Ramina Daniela
Ranzato Luciano
Rosa Gabriella
Rossetto Francesco
Rossetto Renzo
Rossi Angelo
Rossi Loris
Salmaso Fernando
Santalucia Leopoldo
Serafin Lorenzo
Serafin Luigina
Speggiorin Marilena
Socche Ireneo
Squizzato Mario
Temporin Vittorio
Tiso Giuseppe

Osservazioni:
-        - Sono i primi limenesi a ottenere il diploma di licenza media.
-        - Le ragazze sono solo 9 su 39, non perché non ce ne fossero, ma semplicemente perché poche venivano mandate a scuola dopo la quinta elementare. La situazione però cambiò negli anni immediatamente successivi.
-       -  Molte di queste persone vivono ancora a Limena.
-         -Tra questi, Simone Meggiolaro è diventato dirigente scolastico.
-         -Per ciascun alunno è conservato un fascicolo con dati personali.
-       -  I fascicoli sono di color rosa per le femmine e azzurro o verdognolo per i maschi.
-        - Su ogni fascicolo c’è il timbro con la scritta ‘Scuola media unificata’.
-        -Ogni alunno sottoscriveva una richiesta per essere ammesso a sostenere gli esami (non era prevista la firma dei genitori).
-      -Per ogni alunno la scuola compilava un profilo da cui emergessero le sue caratteristiche fisiche, morali e culturali.
-        - Il preside di quei primi anni è il prof. Luigi Marchetti cui è intitolata l’aula di informatica della scuola media attuale.
-       -Le materie scolastiche erano: Italiano, Storia ed Educazione civica, Geografia, Francese, Matematica, Osservazioni ed elementi di scienze, Educazione artistica, Educazione fisica.



Il libretto scolastico
La legge imponeva che per ciascun alunni ci fosse un libretto dove venivano indicati i dati scolastici più significativi: curricolo scolastico, caratteristiche comportamentali e cognitive, attitudini.


(esempio di Profilo al termine degli studi elementari dal libretto di uno studente. Vi si legge che “Il ragazzo è di temperamento piuttosto vivace e irrequieto. Dotato di una buona intelligenza, se si fosse maggiormente impegnato, avrebbe migliorato la preparazione nelle varie materie che tuttavia è stata discreta. Ha rivelato più attitudine per le materie scientifiche e buona disposizione per il disegno)


(sempre nel libretto dello stesso alunno iscritto alla prima media si legge che la frequenza è stata “regolare. Particolarmente encomiabile perché proveniente da Saletto di Pontevigodarzere”)
 (altre pagine dello stesso libretto, firmate dal preside Luigi Marchetti)

Il profilo finale dello studente, con orientamento
La scuola rilasciava un profilo finale dell’alunno che ne attestava le caratteristiche, anche fisiche, dando indicazioni sull’indirizzo per le superiori. Qui sotto un esempio di profilo di uno studente modello, per il quale si indica di proseguire gli studi presso l’Istituto magistrale.


I licenziati negli anni ’60. Cresce il numero delle ragazze
Dunque, negli anni ’60 si afferma definitivamente la frequenza alla scuola media obbligatoria e in particolare si registra la crescita costante delle ragazze che arrivano al diploma di terza media, realizzando così quelli che erano gli obiettivi principali della legge: frequenza obbligatoria della media unificata e uguaglianza sociale. Se nell’annata 1963-64 i licenziati erano stati 39, negli anni successivi si arriva a numeri ben superiori (64 nell’anno scolastico 1969-70).

 
Osservazioni:
-         I licenziati nel 1964 sono stati 39 (30 maschi e 9 femmine)
-         I licenziati nel 1965 sono stati 41 (30 maschi e 11 femmine)[1]
-         I licenziati nel 1966 sono stati 52 (28 maschi e 24 femmine)[2]
-         I licenziati nel 1967 sono stati 37 (23 maschi e 14 femmine)[3]
-         I licenziati nel 1968 sono stati 43 (21 maschi e 22 femmine)
-         I licenziati nel 1969 sono stati 56 (31 maschi e 25 femmine)
-         I licenziati nel 1970 sono stati 64 (34 maschi e 30 femmine)
-         Solo nel 1968 il numero delle femmine supera quello dei maschi
-         Si tratta di dati relativi ai licenziati, non abbiamo indagato nei faldoni dei ‘non licenziati’, per cui è da presumere che ci fossero più bocciature tra le ragazze che tra i ragazzi
-         Il numero dei licenziati cresce anche per il costante aumento della popolazione limenese negli anni ’60, come dimostrano i dati dei censimenti

Dati dal censimento su analfabetismo e alfabetismo a Limena nel 1961
Dal censimento del 1961 sul livello di alfabetizzazione a Limena risultano 106 analfabeti (50 maschi e 56 femmine); i privi di un qualsiasi titolo di studio erano 428; coloro che avevano almeno la licenza elementare erano 2582; la licenza media 188; quelli con un diploma di scuola superiore erano 82; i laureati 9 (dati ricavati dal sito della Camera di Commercio di Padova). Nel 1961 i limenesi residenti erano 3774, nel 1971 gli stessi sono 5028, con un aumento del 33%.

(ripiani con i faldoni dell’archivio scolastico)

Iscritti alle classi prime negli anni ’70-’80 e numero di sezioni
Consultando i faldoni degli iscritti alle classi prime degli anni ’70-’80, troviamo un aumento delle sezioni, che arrivano addirittura a 5 nelle annate 1982-83 e 1983-84, per poi scendere alle attuali 3 già sul finire degli anni ’80.

 
Annata 1978-79: iscritti 86 (quattro sezioni: ABCD)
Annata 1979-80: iscritti 93 (quattro sezioni: ABCD)
Annata 1980-81: iscritti 98 (quattro sezioni: ABCD)
Annata 1981-82: iscritti 79 (quattro sezioni: ABCD)
Annata 1982-83: iscritti 95 (cinque sezioni: ABCDE)
Annata 1983-84: iscritti 106 (cinque sezioni: ABCDE)
Annata 1984-85: iscritti 89 (quattro sezioni: ABCD)
Annata 1985-86: iscritti 93 (quattro sezioni: ABCD)
Annata 1986-87: iscritti 85 (quattro sezioni: ABCD)
Annata 1987-88: iscritti 64 (tre sezioni: ABC)
Annata 1988-89: iscritti 68 (tre sezioni: ABC)

31 DICEMBRE 1962: NASCE LA NUOVA SCUOLA MEDIA
ministro dell’Istruzione era l’on. Luigi Gui, un padovano
di Alessandro Albanese


E' il 31 dicembre 1962: da appena un mese è stata portata a termine dal quarto governo Fanfani la nazionalizzazione dell'energia elettrica, mentre ora, con la legge n.1859, si va a istituire la nuova Scuola media unificata. Qualcuno l'ha definita la più importante riforma scolastica del dopoguerra e, dopo sessant'anni, è una definizione che tutto sommato le sta ancora a pennello. Va detto subito che essa trova i suoi presupposti in alcuni articoli inattuati della Costituzione: nello specifico si dà finalmente seguito all'articolo 34 (istruzione obbligatoria per almeno otto anni) per cui si viene a prescrivere che la fascia dell'obbligo venga elevata fino all'età di 14 anni e abbia carattere gratuito. Nell'intenzione del legislatore viene auspicato che questo segmento di istruzione sia chiamato a svolgere non già una funzione di filtro selettivo, come avveniva nella vecchia scuola media, bensì abbia il compito di formare su un ampio ventaglio di materie i preadolescenti, favorendo così la scelta del percorso a loro adatto nel successivo ciclo di studi. Recita la legge infatti all'art.1: “La scuola media concorre a promuovere la formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e favorisce l’orientamento dei giovani ai fini della scelta dell’attività successiva”. Infatti la nuova Scuola media riunifica in un unico ambito la molteplicità delle opzioni presenti dopo il ciclo primario che obbliga le famiglie a una scelta di vita sin troppo precoce. Prima di allora, infatti, per la fascia di età compresa fra i 11 e 14 anni è prevista l'opzione tra una scuola media triennale, istituita dalla riforma Bottai nel 1940, cui si accede con un impegnativo esame di ammissione, e altre specializzazioni professionalizzanti, tutte di derivazione gentiliana. Il problema è però che mentre la prima opportunità consente il successivo proseguimento degli studi in tutti i settori dell'istruzione secondaria superiore, l'altra scelta non lo permette. Si tratta, in questo secondo caso, e fondamentalmente stiamo parlando di ambiti riservati alle fasce sociali meno abbienti, di optare o per i corsi di avviamento professionale o per i percorsi di scuola post-elementare. Scelte che però vincolano l'eventuale proseguimento degli studi solamente alle scuole e agli istituti professionali; un'opzione quindi che, impedendo all'utenza di vivere la scuola come una reale opportunità di crescita sociale, si pone in contrasto con lo spirito egualitario teorizzato dell'articolo 3 della Costituzione, il quale afferma invece l'importanza di assicurare pari dignità e opportunità a tutti i cittadini (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale […] è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che […] impediscono il pieno sviluppo della persona umana”). Ma non è tutto. La nuova legge abolisce anche l'esame di ammissione alla scuola media, mentre la Licenza media conseguita con il superamento dell'esame finale, consente la successiva iscrizione a tutti i tipi di istruzione superiore. Contestualmente viene posto fuori legge il lavoro minorile, anche sotto forma di apprendistato, per i minori di 14 anni: la legge 1859 si pone dunque a fondamento di quella scolarizzazione di massa che l'Italia perseguirà, con notevole successo, a partire dagli anni sessanta. Sul piano politico in Parlamento si registra un'ampia convergenza di tutte le forze politiche sul disegno di legge voluto dall'allora ministro Luigi Gui. La vexata quaestio del latino (i fautori: 'perché insegna a ragionare', i detrattori: 'perché è una lingua morta') vede la DC e il PSI inizialmente contrapposti: DC per il sì PSI, e in particolare Pietro Nenni, per il no. Il braccio di ferro si conclude con un compromesso: latino obbligatorio per tutti in seconda media e facoltativo in terza, per chi ha intenzione di iscriversi poi al liceo classico. Un compromesso che in realtà scontenta tutti e che alla fine porterà nel 1977 (l.348) all'abolizione del latino dalla scuola media come materia obbligatoria (…).

La legge 31 dicembre 1962, n. 1859 (parti salienti)
 (Luigi Gui, ministro dell’istruzione nel 1962, promotore della legge)
Art. 1. Fini e durata della scuola.

In attuazione dell'art. 34 della Costituzione, l'istruzione obbligatoria successiva a quella elementare è impartita gratuitamente nella scuola media, che ha la durata di tre anni ed è scuola secondaria di primo grado.

Art. 5. Promozione, idoneità e licenza. 

Alle classi seconda e terza si accede dalla classe immediatamente inferiore (…)
Alle stesse classi si accede anche per esame di idoneità, al quale sono ammessi i candidati esterni che abbiano compiuto o compiano nel corso dell'anno solare rispettivamente il 12º o il 13º anno di età, purchè siano in possesso della licenza della scuola elementare.
Al termine del triennio si sostiene l'esame di licenza.
All'esame di licenza sono ammessi anche i candidati esterni che abbiano compiuto o compiano nel corso dell'anno solare il 14º anno di età, purchè siano in possesso della licenza della scuola elementare

Art. 6. Valore della licenza.

L'esame di licenza, di cui all'articolo precedente, è esame di Stato.
Sono materie di esame: italiano, storia ed educazione civica, geografia, matematica, osservazioni ed elementi di scienze naturali, lingua straniera, educazione artistica, educazione fisica.
Il diploma di licenza dà accesso a tutte le scuole e istituti di istruzione secondari, di 2º grado; coloro che intendono iscriversi al liceo classico debbono superare anche la prova relativa all'insegnamento di latino di cui all'art. 2.

Art. 7. Libretto scolastico.

É istituito il libretto scolastico nel quale sono trascritti i dati essenziali relativi al curriculum, alla preparazione e alle attitudini dell'alunno. Il libretto viene consegnato all'alunno al compimento dell'istruzione obbligatoria


Art. 10. Istituzione.

Entro il 1º ottobre 1966, la scuola media sarà istituita in tutti i Comuni con popolazione superiore ai 3.000 abitanti, ed in ogni altra località in cui si ravvisi la necessità dell'istituzione stessa.
Ciascuna scuola ha, di regola, non oltre 24 classi. Ogni classe è costituita, di norma, di non più di 25 alunni e, in ogni caso, di non più di 30.

Dalle Indicazioni nazionali per il curricolo di Storia (2012)
Obiettivi di apprendimento al termine della classe terza della scuola secondaria di primo grado

Uso delle fonti
-Conoscere alcune procedure e tecniche di lavoro nei siti archeologici, nelle biblioteche e negli archivi.
Usare fonti di diverso tipo (documentarie, iconografiche, narrative, materiali, orali, digitali, ecc.) per produrre conoscenze su temi definiti.

Organizzazione delle informazioni
Selezionare e organizzare le informazioni con mappe, schemi, tabelle, grafici e risorse digitali.
–Costruire grafici e mappe spazio-temporali, per organizzare le conoscenze studiate.
–Collocare la storia locale in relazione con la storia italiana, europea, mondiale.
–Formulare e verificare ipotesi sulla base delle informazioni prodotte e delle conoscenze elaborate.

Strumenti concettuali
–Comprendere aspetti e strutture dei processi storici italiani, europei e mondiali.
–Conoscere il patrimonio culturale collegato con i temi affrontati.
–Usare le conoscenze apprese per comprendere problemi ecologici, interculturali e di convivenza civile.

Produzione scritta e orale
Produrre testi, utilizzando conoscenze selezionate da fonti di informazione diverse, manualistiche e non, cartacee e digitali
–Argomentare su conoscenze e concetti appresi usando il linguaggio specifico della disciplina.

(Attività realizzata nel mese di aprile del 2017)







[1] Aggujaro Paolo, Agostini Armando, Alberti Enrico, Balsemin Gianfranco, Bano Dante, Barban Emilio,  Biasio Lorenzo, Bisello Claudio, Bortolozzo Antonietta, Brunato Renato, Cabrelle Aquino, Calà Impirotta Giuseppe, Calta Maria Grazia, Carraro Lorenzo, Celeghin Nadia, Cesaro Ferdinando, De Rossi Cesare, Gallo Ida, Gallo Luigino, Garbo Franco, Garbo Sergio, Guadagnin Albino, Lovisetto Gianpaolo, Martinello Romano, Melloni Margherita, Morbin Giorgio, Ometto Mirella, Paccagnella Gastone, Pauro Lorenzo, Pecin Ottorino, Pettenuzzo Aldina, Piva Giovanni, Piva Roberta, Ramina Daniele, Ramina Orlando, Rubin Tiziana, Ruzza Paola, Sabbadin Sereno, Stefan Sergio, Zattarin Francesco, Zoccarato Paolo.

[2] Aggujaro Leopoldo, Agguijaro Maria Pia, Barichello Luigi, Benetollo Gianfranco, Bisello Anna, Breda Leonildo, Bortoletto Paola, Bortoli Clara, Cavinato Ermidio, Cavinato Italo, Cavinato Lorenzo, Cavinato Loretta, Cazzola Paolo, Crivello Lorenzo, De Canistris Antonio, De Rossi Ivano, Duregon Renzo, Duregon Vittorino, Facchinetti Camillo, Facco Daniela, Facco Graziella, Ferro Pietro Paolo, Galega Eddy, Garbo, Natalino, Gatto Paola, Golin Roberta, Marcato Iva, Martinello Gabriele, Martinello Nadia, Miotto Franco, Miozzo Elsa, Perli Roberto, Peruzzo Antonio, Piggio Mercede, Pinton Rosanna, Piva Marina,  Rizzo Ornella, Rossetto Carla, Rossetto Rita, Sabbadin Bruno, Sabbadin Giovanni, Schievano Adriano, Simonaggio Nevio, Spinello Angelino, Tonello Arturo, Toniato Luisa, Tussardi Carlo, Tussardi Lucia, Zanon Silvano, Zattarin Antonio, Zerbetto Alessandro, Zuin Giancarla.

[3] Agostini Luisa, Allegro Mario, Balsemin Luciano, Barban Anna, Barban Silvana, Boesso Antonio, Campagnolo Maria Grazia, Cavinato Franco, Dalla Libera Emanuela, Degli Agostini Flavio, De Rossi Erasmo, Facco Danilo, Finato Elvira, Fiocco Floriano, Fiorese Gabriella, Forese Rossella, Golin Leandro, Masiero Mario, Miotto Ferdinando, Milan Achille, Minotti Brunone, Paccagnella Sonia, Pedini Giovanni, Pettenon Flavio, Quartesan Luciano, Rossetto Danilo, Rossetto Mario, Sabbadin Donata, Savio Damiano, Savio Vittorio, Schiano Donatella, Spolverato Antonio, Tacca Giovanni, Tonello Anna, Zace Renza, Zanoni Rosa Maria, Zanovello Ruggero.