mercoledì 29 marzo 2017

Giovanni Pascoli e la poesia come strumento per conoscere la realtà



Giovanni Pascoli e la poesia come strumento per conoscere la realtà
Attività realizzata nella classe 2 A




Le poesie lette e studiate in classe
Lavandare
Il gelsomino notturno
La mia sera
L’aquilone
L’assiuolo
X Agosto
La cavallina storna
Fiume


Myricae è una raccolta di poesie di Giovanni Pascoli, pubblicata in successive edizioni tra il 1891 e il 1903. L'opera rappresenta l'ultimo esempio di poesia lirica "classica" prima della stagione delle Avanguardie poetiche del Novecento. Wikipedia

Un esempio di relazione finale sul lavoro svolto (di Angelica S.)
INTRODUZIONE

1.      Presentazione dell’argomento
In classe, da circa due mesi, con l’aiuto dell’insegnante abbiamo analizzato alcune poesie di Giovanni Pascoli.
Il nostro prof ci ha insegnato a fare la parafrasi e il commento su di esse.
Pascoli è un poeta e accademico, figura emblematica della letteratura italiana.
2.     Motivazioni della scelta
La scelta di studiare questo autore è stata presa dal professore. Pascoli è un grande autore, quindi credo che sia per questo motivo che siamo andati a studiarlo.
Per quanto riguarda la scelta di dedicare una parte dell’anno scolastico alla poesia, è stata presa perché è programma di seconda media e o all’inizio o alla fine del quadrimestre bisogna farla.
3.     Scopo del lavoro
Lo scopo di questo lavoro è sapere riconoscere le poesie di questo autore, farne l’analisi, la parafrasi e il commento ossia ciò che hai capito del testo analizzato e, naturalmente, imparare qualcosa della vita dell’autore. Per fare ciò quasi non serve studiare, ma basta conoscere le poesie. Infatti un poeta, in ogni suo lavoro, fa trasparire delle informazioni sulla sua vita.
4.     Fasi e tempi di lavoro
Per quanto riguarda i tempi ci abbiamo messo circa un mese e mezzo.
Ogni settimana il professore ci portava in classe una nuova poesia da analizzare. Su di essa ci lavoravamo attentamente e poi al termine si svolgeva un’attività scritta in classe. Solitamente dovevamo farne la parafrasi. Capitava però con alcune poesie come X agosto che abbiamo dovuto fare il commento per casa e poi l’insegnante correggeva e ci metteva la valutazione. 
5.     Persone coinvolte e ruolo svolto
Per lo svolgimento dell’argomento abbiamo coinvolto un compagno di terza che ci ha recitato una poesia che si intitola “Ode al cane”. Essa non è stata scritta da Pascoli, ma rientra comunque con questa attività. Naturalmente siamo stati coinvolti anche noi alunni.

PARTE CENTRALE
6.     Esposizione degli aspetti esaminati nel lavoro
Dell’autore abbiamo studiato diverse poesie. Ad esempio “Lavandare”. Essa inizia col descrivere un aratro in mezzo ad un campo e poi il poeta sposta la sua attenzione sul rumore che fanno le lavandaie per lavare i panni.
Presenta numerose parole onomatopeiche ed è composta da tre strofe: due terzine e una quartina.
Il significato di questa poesia è sicuramente l’abbandono e la solitudine.
Legata a essa abbiamo fatto anche un’uscita con la classe sul Brentella per vedere dove operavano queste donne quindi per ampliare di più questo argomento.
Con i miei compagni si è poi andati a studiare “L’assiuolo”. Il canto lamentoso dell’uccellino ricorda un dolore lontano, molto probabilmente dell’autore. Ogni strofa termina con la parola: chiù.
E’ stata scritta di sera quindi in questa poesia si può intuire l’interiorità dell’autore.
Sempre legata alla notte siamo andati ad analizzare “La mia sera” In questa poesia Pascoli descrive l’ambiente esterno dopo una tempesta. Parla del gracidare delle ranocchie, del rumore degli alberi e delle stelle che si “aprono” in cielo. Questa poesia è stata una delle ultime che ha scritto.
Abbiamo studiato anche “L’aquilone”.  Essa inizia con una sensazione olfattiva ossia il profumo delle viole che in questo periodo dell’anno ossia in primavera rinascono nel prato.
L’autore si sente un bambino e si ricorda dei tempi passati. C’è poi una sensazione cromatica e una uditiva. Pascoli ricorda tutta la sua camerata, descrivendo i suoi compagni, in particolare uno che muore di morte prematura.
Nei suoi versi dice che anche lui presto lo raggiungerà e ciò significa che anch’essa la scrive in un periodo avanti della sua età.
Essa presenta numerosi versi e strofe, presenta parole onomatopeiche e la sinestesia ossia vocaboli legati a più sfere sensoriali.
Siamo andati ad analizzare anche Il gelsomino notturno. Questa poesia l’autore l’ha scritta per una coppia di sposi amici. Questo diciamo che è stato il suo regalo di nozze.
E’ mediamente lunga e anch’essa è basata sulle sfere sensoriali.
Infine abbiamo analizzato X Agosto.
Pascoli scrive essa trent’anni dopo la morte del padre, il quale è stato ucciso da una persona ignota. Questa poesia è molto triste ma per renderla più leggera ai lettori, l’autore ci ha inserito un parallelismo. Ha quindi paragonato la morte del padre con quella di una rondine che non rivedrà più i suoi piccoli.
Il X Agosto è la notte di San Lorenzo ossia la sera in cui scendono le stelle cadenti. Lui fa quindi un altro paragone ossia la caduta delle stelle con l’immenso pianto che lui fa e il dolore che prova per questa grande perdita.
Questa poesia mi è piaciuta davvero molto. L’autore ha saputo trovare la forza di raccontare una storia così difficile e triste. Da qui capisco quanto per lui sia importante il mondo della poesia. Infatti se io fossi stata nei suoi panni avrei lasciato perdere questo mondo e mi sarei concentrata su un’altra attività meno esposta.
Collegata con X Agosto, in classe si è parlato anche della cavallina storna sempre legata all’uccisione del padre.
Infine la scorsa settimana abbiamo analizzato l’ultima poesia su questo autore ossia Fiume.
Essa parla del percorso di un fiume, appunto, nel momento in cui sfocia in mare, che viene paragonato ad un’immensa pianura.
7.     Metodo seguito
Per studiare queste poesie e saperle analizzare al meglio, l’insegnante ci dava una fotocopia di esse.
Successivamente accendeva la lavagna interattiva e ci faceva vedere la parafrasi e noi sul quaderno dovevamo prendere degli appunti.
Abbiamo imparato anche a confrontare una poesia con un’altra sempre dell’autore e ad esempio abbiamo notato che Pascoli fa molto spesso riferimento alla figura femminile.
8.     Strumenti utilizzati
Per lo svolgimento di questo lavoro abbiamo utilizzato gli appunti che prendevamo, le fotocopie delle poesie e la lavagna interattiva.

CONCLUSIONE
9.     Valutazione del lavoro
Questa attività mi è piaciuta molto, sono riuscita a imparare numerose cose su Pascoli grazie alle spiegazioni del prof e al metodo di lavoro svolto.
10.Eventuali difficoltà incontrate
All’inizio avevo delle difficoltà nello svolgimento della parafrasi e della divisione in sillabe, poi, dal momento che abbiamo lavorato su molti testi, ci ho fatto un po’ l’abitudine.
11.Riflessioni
Le poesie mi hanno colpito enormemente perché sono riuscita a capire la vita dell’autore.
12.Proposte
Consiglierei di svolgere quest’attività, con questo metodo di lavoro anche alle future seconde. Per quanto riguarda noi, mi piacerebbe studiare altre poesie o concentrarsi anche su altri poeti così da avere un quadro generale sui grandi scrittori italiani.

Tutta la poesia di Giovanni Pascoli è stata fin dall'inizio influenzata dalle vicende familiari dell'autore, al punto che l'intera opera può essere letta come una "biografia in versi".
Giovanni Pascoli nacque a San Mauro di Romagna il 31 dicembre del 1855, figlio di Caterina Vincenzi Allocatelli e di Ruggero Pascoli, amministratore di una proprietà dei principi Torlonia.
Pascoli trascorse un'infanzia serena, finchè un gravissimo evento luttuoso distrusse la tranquillità familiare: il padre venne ucciso (per motivi mai chiariti) il 10 agosto del 1867, mentre tornava a casa dal lavoro, nel tragitto da Cesena a San Mauro.
Questo evento fu solo l'inizio di una catena impressionante di disgrazie familiari: l'anno seguente morirono la sorella maggiore Margherita e a distanza di un mese la madre del poeta.
Questi eventi drammatici lasciarono un segno indelebile nella mente e nell'opera letteraria di Pascoli: un simbolo che ricorre quasi ossessivamente in Pascoli è il nido familiare da ricostruire e da difendere da tutti i pericoli e le minacce che provengono dall'esterno.
Infatti il poeta non si sposò mai e rimase sempre profondamente legato alle sorelle Ida e Maria (detta affettuosamente Mariù), verso cui sentiva di avere una responsabilità di tipo paterno, come se volesse proteggerle dalle difficoltà della vita; addirittura Pascoli visse come un tradimento personale il matrimonio della sorella Ida nel 1895, proprio perchè tale evento rompeva l'unità del nido familiare finalmente ricostruito!
Le poesie di Pascoli, ad una lettura superficiale, appaiono come prevalentemente descrittive, come una descrizione dettagliata della vita di campagna in tutti i suoi riti; in realtà niente è più sbagliato che fermarsi a tale impressione, perchè per l'autore ogni oggetto, anche il più quotidiano e banale, è sempre il simbolo di qualcos'altro, in genere di una condizione esistenziale e soprattutto di un ricordo che all'improvviso stimola l'ispirazione.
Per questo motivo Giovanni Pascoli è considerato uno dei principali esponenti del Decadentismo italiano, cioè di quella corrente artistica che considera la poesia come un potente mezzo di conoscenza della realtà: il poeta, con la sua sensibilità fuori dal comune, riesce a vedere al di là delle apparenze e a scoprire gli aspetti misteriosi e sconosciuti delle cose.
Da: http://tuttopoesia.it.over-blog.it


venerdì 24 marzo 2017

Antigone di Sofocle, rapppresentazione scenica



Antigone
di
Sofocle
Spettacolo messo in scena da un gruppo di ragazzi della 3 A per la propria classe, venerdì 24 marzo 2017 (prof. Bruno Trevellin)



Personaggi e interpreti:
Presentatore - Simone V.
Presentatore - Luca C.
Antigone - Ludovica R.
Ismene - Sara M.
Polinice - Leonardo C.
Emone - Leonardo C.
Creonte - Abdallah B.
Guardia - Simone V.
Tiresia - Simone V.
Guardia - Luca C.
Costumi di Sara M.

La tragedia è ambienta a Tebe, città dell’antica Grecia, davanti al palazzo del re Creonte. Racconta la storia di Antigone, che decide di dare sepoltura al cadavere del fratello Polinice contro la volontà del nuovo re di Tebe, Creonte. Scoperta, Antigone viene condannata dal re a vivere il resto dei suoi giorni imprigionata in una grotta. In seguito alle profezie dell'indovino Tiresia e alle suppliche del coro, Creonte decide infine di liberarla, ma troppo tardi, perché Antigone nel frattempo si è suicidata impiccandosi. Questo porta al suicidio il figlio di Creonte, Emone (promesso sposo di Antigone), e poi la moglie di Creonte, Euridice, lasciando Creonte solo a maledire la propria stoltezza.

Organizzazione dell’attività:
1.     Lettura e comprensione del testo
2.     Adattamento del testo a una rappresentazione scenica di 20-30 minuti
3.     Visione della tragedia da sito Rai (https://www.youtube.com/watch?v=xZAYDhqBtmM)

Modalità di rappresentazione alla classe:
1.     Parti recitate a memoria dagli attori
2.     Parti lette dagli attori
3.     Parti spiegate oralmente dai protagonisti
4.     Invito alla classe a fare domande
5.     Guida a una riflessione finale sulla tragedia
6.     Individuazione di una giuria per una valutazione della rappresentazione


(entrata in scena dello spettro di Polinice)

ANTIGONE (scena iniziale rappresentata)
OMBRA DI POLINICE - Figlie di Edipo, mie sorelle, voi
che le orribili maledizioni
di nostro padre udiste, almeno voi,
nel nome degli dei ve ne scongiuro,
quand’esse avranno fine, e il piede
posar vi sarà dato ancora in patria,
siate pietose, non disonoratemi,
negandomi una tomba e i funerali...
Polinice resta immobile.
ANTIGONE - Compagna, sorella Ismene, quale altra disgrazia
deve imporci Dio, quale altra disgrazia tra tutte quelle
che ci vengono da Edipo?
Io non ho visto fin qui che dolori,
delitti, disprezzo, infamia. Tutto su di noi.
E adesso, questo bando
che dicono proclamato a tutto il popolo
dal nuovo capo Creonte,
che cos’è? Tu non sai niente?
ISMENE - A me, Antigone, non è arrivata nessuna notizia,
né lieta né triste, i nostri due fratelli Eteocle e Polinice
si sono uccisi l’un l’altro. Da quando è partito, stanotte,
l’esercito di Polinice, non so niente di più: niente
che più mi conforti e che più mi rattristi.
ANTIGONE - Lo immaginavo. Ti ho chiamata
per confidare una cosa a te sola.
ISMENE - Che mi vuoi dire? Sembra
che qualcosa ti agiti, sicuramente.
ANTIGONE - Creonte ha concesso la sepoltura
a uno solo dei nostri fratelli. L’altro
l’ha ritenuto indegno di questo onore: secondo giustizia,
come usano dire, e servendosi della legge,
ha chiuso Eteocle nella terra, bene accolto là sotto
dalle ombre. Ma il cadavere di Polinice,
di lui morto con tanto affanno, c’è l’ordine
per tutti di non coprirlo di terra e di non piangerlo neppure,
ma di lasciarlo senza sepoltura, senza che nessuno lo pianga,
dolce offerta ai corvi che lo guardano dall’alto
per gioia di divorarlo. Questo ha ordinato Creonte. E chiunque ardirà
di compiere il gesto di pietà verso il morto sarà lapidato.
Così è stabilito. Ora dovrai dimostrare se sei coraggiosa o vile.
ISMENE - Se tutto è già stabilito come dici tu,
che cosa potrei mutare io?
ANTIGONE - Vuoi tentare con me, spingerti con me?
aiutarmi?
ISMENE - In quale rischio? Dove vuoi arrivare?
ANTIGONE - Vuoi aiutarmi a seppellire il morto?
ISMENE - Pensi di seppellirlo contro il divieto?
ANTIGONE - Sì. E’ mio fratello, e tuo fratello, anche se non vuoi.
Nessuno dovrà incolparti di tradimento.
ISMENE - Sei troppo audace: vuoi opporti
agli ordini di Creonte.
ANTIGONE - Creonte non ha il diritto di separarmi dai miei.
ISMENE – Ricorda che siamo donne, per natura incapaci di lottare contro uomini.
Costrette dai più forti dobbiamo subire queste cose,
e altre ancora più gravi. Io chiederò perdono a Dio,
perché a tanto sono costretta; e obbedirò alla potenza dei vivi.
Agire da estremisti è una pazzia.
ANTIGONE - Non ti prego più. E non voglio il tuo aiuto,
anche se più tardi me l’offrirai. Resta pure quella che sei,
quella che ti piace di essere. Lo seppellirò io. E poi
sarà bello morire. Cara a lui riposerò con lui a me caro.
E avrò compiuto un delitto santo. A quelli di laggiù
io dovrò essere cara per un tempo più lungo
che agli uomini: perché laggiù io starò per sempre.
E tu disprezza pure le leggi divine.
ISMENE - Io non le disprezzo le leggi divine; non ho la forza
di combattere contro le leggi dello Stato.
ANTIGONE - Inutili pretesti i tuoi,
che non ti giustificano. Vado io sola.
ISMENE - Mi fai paura.
ANTIGONE - Non preoccuparti per me. Guarda al tuo destino.
ISMENE - Non svelare a nessuno il tuo disegno, almeno:
nascondilo, farò anch’io così.
ANTIGNE - No. Devi parlare, devi far sapere a tutti
quello che voglio fare. Il tuo silenzio
mi sarebbe più odioso di te.
ISMENE – E’impossibile agire come dici.
Tu ti perdi dietro ai sogni.
ANTIGONE - Mi fermerò soltanto quando non ce la farò più.
ISMENE - Fin dall’inizio bisogna guardarsi dalle cose impossibili.
ANTIGONE - Se dici questo diventi mia nemica e nemica
del fratello ucciso. Lascia affrontare a me,
e alla pazzia che mi accompagna, questa prova terribile.
ISMENE - E muori dunque se vuoi! Io ti vorrò sempre bene.
Ma tu sei pazza, pazza, pazza!
Escono ed entra Creonte

CREONTE - Vi ho fatto chiamare perché vi sapevo rispettosi dell’autorità dei capi, sempre. Ecco il mio decreto, riguardo ai figli di Edipo. Eteocle, morto davanti a tutti con il ferro in pugno, da prode, per la sua terra, sia chiuso nella tomba: a lui si facciano offerte sacre, dovute agli eroi caduti;
suo fratello, Polinice, che tentò di impadronirsi della terra dei padri
e noi tutti piegare a servitù, non abbia né sepoltura né pianti:
il suo corpo sia preda ai cani e agli uccelli.
GUARDIA - A te piace, Creonte, giudicare così e così disporre.
Per chi è nemico o amico del paese.
A te è consentito servirti di ogni legge: sui morti e su quanti ancora qui viviamo.
CREONTE - Sull’esecuzione dei miei ordini, dunque, vigilerete voi.
I custodi del morto sono già pronti.
GUARDIA - Quali ordini, allora, vuoi imporci?
CREONTE - Di essere spietati con chi trasgredisce il mio bando.
GUARDIA - Nessuno è così stupido da volere la morte.
CREONTE - Infatti come premio riceverebbe la morte.
Ma la speranza del guadagno, spesso, rovina gli uomini.
SECONDA GUARDIA - Amici! Amici! Sentitemi tutti!
CREONTE - Che c’è?