venerdì 30 dicembre 2016

La nascita in Italia della poesia moderna – 1916 Le poesie de Il porto sepolto, di Giuseppe Ungaretti



La nascita in Italia della poesia moderna – 1916
Le poesie de Il porto sepolto, di Giuseppe Ungaretti
Attività svolta nella classe 3A (Bruno Trevellin, docente)

UNGARETTI, Giuseppe (1888-1970). Il porto sepolto. (Udine, Stabilimento tipografico friulano, 1916).
PRIMA EDIZIONE del primo e più celebre libro di Ungaretti. Data la sua importanza e la sua rarità, la prima edizione de Il porto sepolto costituisce uno dei libri italiani del Novecento più ricercati (tiratura di soli 80 esemplari numerati).
Scritte in trincea su ritagli di giornale e cartoline che l’autore conservava nella sua bisaccia da campo, le liriche di Ungaretti, fatte di pochi versi, scabre, appese ad un esile filo coma la vita dei soldati al fronte, segnano per l’Italia la nascita della poesia moderna.
Il primo ad accorgersi della loro deflagrante novità fu l’editore Ettore Serra, che curò tipograficamente la stampa udinese, per la quale scelse un carattere molto classico (il dieci bodoniano) e circondò il testo con un ampissimo margine bianco. Poche volte nella storia editoriale della nostra letteratura contemporanea si è pervenuti ad una tale perfezione nella corrispondenza fra testo e supporto librario. Leggere il Porto sepolto in questa edizione è come assistere ad una esecuzione dal vivo di un grande musicista: tutte le altre edizioni, compresa la seconda (sontuosamente impressa a La Spezia con prefazione di Benito Mussolini e venti xilografie di Francesco Gamba), suonano come una fredda registrazione fatta in studio.
(da: http://www.alai.it/classici-italiani/la-nascita-in-italia-della-poesia-moderna-1916)




Un esempio di relazione sull’attività svolta, scritta da M. M. e L. R. (alunne della classe 3)

1 INTRODUZIONE
Nell’ultimo periodo dell’anno la classe 3A ha analizzato alcune poesie della raccolta Il porto sepolto (1916) di Giuseppe Ungaretti. Per capire i temi delle sue poesie siamo partiti da alcuni dati biografici. Il poeta nacque ad Alessandria d’Egitto nel 1888, poi si trasferì a Parigi per studiare, anche se i suoi genitori erano di origini toscane. Partecipò alla Prima Guerra Mondiale come volontario e durante la guerra scrisse alcune delle sue più note poesie. Una sua caratteristica è quella di indicare data e luogo in cui le ha scritte.
Era impossibile non soffermarsi sulla poesia rivoluzionaria di Ungaretti, a causa delle tematiche incredibilmente attuali.
Inoltre il lavoro serviva a capire come la poesia del Novecento mutò rispetto a quella dei secoli precedenti: prima di Ungaretti si ragionava solo a endecasillabi, a composizioni ben definite. Ora, con lui, basta una parola per comporre un verso.
Il lavoro si è diviso in diverse fasi; la prima è stata la consegna di un fascicolo di poesie tratte dalla prima edizione de Il porto sepolto, poi le abbiamo lette e analizzate, prima grazie alle spiegazioni del docente in classe e in seguito grazie a una ricerca individuale in Internet.
Per fare tutto questo abbiamo impiegato circa due o tre settimane nelle quali è stata coinvolta l’intera classe guidata dal professore.

2 PARTE CENTRALE
Il lavoro è iniziato con una panoramica sul poeta e sulla sua concezione di poesia (tema principale di molti suoi componimenti).
I principali temi delle poesie di Ungaretti sono i seguenti:
·         Significato della poesia, che è per lui la scoperta della condizione umana nella sua essenza. Per lui infatti poesia è ricerca della parola, per questo intitola la sua prima raccolta “Il porto sepolto”;
·         Le riflessioni sull’umanità e la sofferenza attraverso l’introspezione;
·         La ricerca dell’armonia; ogni uomo deve essere in armonia con sé stesso e con ciò che lo circonda;
·         Lo sbigottimento dell’uomo che si sofferma a osservare sbalordito qualcosa non capendo, però, il perché della sua esistenza.
Ci sono poi altri temi come l’amore, l’amicizia, la nostalgia della città natale.
In seguito abbiamo analizzato le poesie, iniziando proprio da Il porto sepolto. Il poeta parla del porto della sua città natale (Alessandria d’Egitto). Dice che il poeta deve scendere nel Porto sepolto (allude all’animo umano), per poi riemergere con le sue poesie: quindi il lavoro del poeta è capire a fondo l’anima e cercare le parole giuste per descriverla.
La seconda poesia è stata Silenzio. In essa ci parla della notte in cui ha lasciato Alessandria: ne ricorda le luci soffuse e il limio delle cicale, mentre si allontana con il battello.
Poi, però, ci siamo scontrati con un’altra poesia, ma stavolta, senza titolo. Il primo verso dice: “chiuso fra cose mortali”; il poeta si chiede perché brama Dio, perché lo desidera così ardentemente, anche se tutto è destinato a morire.
La quarta è anch’essa senza titolo, i primi versi dicono: Si chiamava Mohammed Sceab. In essa il poeta ricorda l’amico coinquilino di quando abitava a Parigi (lì studiava). Mohammed era di origini arabe e amava la Francia (cambiò nome in Marcel), ma non si sentiva francese. Si suicidò per il dolore di non avere più patria e solo il poeta ne conserva un ricordo.
In Peso il poeta invidia la fede del contadino che porta la medaglietta di sant’Antonio con la quale va ‘leggero’ e che gli fa sopportare il dolore quotidiano, invidia la sua accettazione spensierata dell’esistenza.
Poi si trova C’era una volta, poesia in cui il poeta esprime un forte desiderio di tranquillità e solitudine.
La segue Sono una creatura dove Ungaretti si sente ormai nella condizione di completo abbandono.
L’ottava poesia è senza titolo nella prima edizione, ma gli venne aggiunto in seguito dal poeta. La intitolerà In dormiveglia. Qui Ungaretti si trova in trincea, sente i colpi delle mitragliatrici, ma essendo, appunto, in dormiveglia, li paragona per il rumore agli scalpellini delle strade della sua città.
La nona è stata I fiumi con la quale il poeta ripercorre la sua vita attraverso i fiumi dei luoghi in cui ha vissuto (Serchio, Nilo, Senna, Isonzo).
Nella decima e ultima, Commiato, Ungaretti scrive all’amico editore spiegandogli cos’è la sua poesia: ricerca.

3 CONCLUSIONE
Per noi il lavoro svolto è stato interessante e piacevole. Approfondire le conoscenze sulla poesia ricollegandole alla storia ci ha permesso di memorizzare punti focali di entrambi gli argomenti.
Non abbiamo incontrato particolari difficoltà, grazie anche alle spiegazioni del docente.
Secondo noi è importante, come ha fatto la nostra classe, soffermarsi su un certo argomento per un po’ di tempo, per approfondirlo meglio.
Ci piacerebbe che questo genere di lavoro venisse riproposto in altri ambiti scolastici perché può essere molto d’aiuto in vista degli esami di terza media.
Consigliamo di approfondire questo poeta anche nelle altre classi perché è molto interessante e ci ha veramente coinvolti.
                                                                               
                                                                                  
Le poesie analizzate

IL PORTO SEPOLTO
Mariano il 29 giugno 1916

Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde

Di questa poesia
mi resta
quel nulla
d’inesauribile segreto


SILENZIO
Mariano il 27 giugno 1916

Conosco una città
che ogni giorno s’empie di sole
e tutto è rapito in quel momento

Me ne sono andato una sera

Nel cuore durava il limio
delle cicale

Dal bastimento
verniciato di bianco
ho visto
la mia città sparire
lasciando
un poco
un abbraccio di lumi nell’aria torbida
sospesi

DANNAZIONE
Mariano il 29 giugno 1916

Chiuso fra cose mortali
(Anche il cielo stellato finirà)
Perché bramo Dio?

IN MEMORIA
Locvizza il 30 settembre 1916.

Si chiamava
Moammed Sceab

Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome

Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè

E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono

L’ho accompagnato
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa.

Riposa
nel camposanto d’Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera

E forse io solo
so ancora
che visse



PESO
Mariano il 29 giugno 1916

Quel contadino
si affida alla medaglia
di Sant’Antonio
e va leggero

Ma ben sola e ben nuda
senza miraggio
porto la mia anima

C’ERA UNA VOLTA
Quota Centoquarantuno l’1 agosto 1916

Bosco Cappuccio
ha un declivio
di velluto verde
come una dolce
poltrona

Appisolarmi là
solo
in un caffè remoto
con una luce fievole
come questa
di questa luna

IN DORMIVEGLIA
Valloncello di Cima Quattro il 6 agosto 1916

Assisto la notte violentata

L’aria è crivellata
come una trina
dalle schioppettate
degli uomini
ritratti
nelle trincee
come le lumache nel loro guscio

Mi pare
che un affannato
nugolo di scalpellini
batta il lastricato
di pietra di lava
delle mie strade
ed io l’ascolti
non vedendo
in dormiveglia

SONO UNA CREATURA
Valloncello di Cima Quattro il 5 agosto 1916

Come questa pietra
del S. Michele
cosí fredda
cosí dura
cosí prosciugata
cosí refrattaria
cosí totalmente
disanimata

Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede

La morte
si sconta
vivendo



I FIUMI
Cotici il 16 agosto 1916

Mi tengo a quest’albero mutilato
abbandonato in questa dolina
che ha il languore
di un circo
prima o dopo lo spettacolo
e guardo
il passaggio quieto
delle nuvole sulla luna

Stamani mi sono disteso
in un’urna d’acqua
e come una reliquia
ho riposato

L’Isonzo scorrendo
mi levigava
come un suo sasso

Ho tirato su
le mie quattr’ossa
e me ne sono andato
come un acrobata
sull’acqua

Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni
sudici di guerra
e come un beduino
mi sono chinato a ricevere
il sole

Questo è l’Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una docile fibra
dell’universo

Il mio supplizio
è quando
non mi credo
in armonia

Ma quelle occulte
mani
che m’intridono
mi regalano
la rara
felicità

Ho ripassato
le epoche
della mia vita

Questi sono
i miei fiumi

Questo è il Serchio
al quale hanno attinto
duemil’anni forse
di gente mia campagnola
e mio padre e mia madre

Questo è il Nilo
che mi ha visto
nascere e crescere
e ardere d’inconsapevolezza
nelle estese pianure

Questa è la Senna
e in quel suo torbido
mi sono rimescolato
e mi sono conosciuto

Questi sono i miei fiumi
contati nell’Isonzo

Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
ora ch’è notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre

COMMIATO
Locvizza il 2 ottobre 1916

Gentile
Ettore Serra
poesia
è il mondo l’umanità
la propria vita
fioriti dalla parola
la limpida meraviglia
di un delirante fermento

Quando trovo
in questo mio silenzio
una parola
scavata è nella mia vita
come un abisso


Nota del docente
Nella scuola si leggono per lo più singole poesie o al limite solo alcune poesie dello stesso autore. È chiaramente un lavoro limitato e limitante, che non fa cogliere ai ragazzi le caratteristiche specifiche di quell’autore e i temi delle sue poesie.
Lavorare invece su più testi, anche se impegnativi, li aiuta a capire meglio proprio il suo universo espressivo e lessicale.