sabato 16 giugno 2018


Settembre nella poesia e nella canzone
Attività realizzata nella classe 3 A, (settembre 2017, prof. Bruno Trevellin)
Parte prima: tre poesie su settembre
Gabriele D’Annunzio, I PASTORI
Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d’acqua natìa
rimanga ne’ cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!

Ora lungh’esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l’aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquìo, calpestìo, dolci romori.

Ah, perché non son io co’ miei pastori?





Un esempio di lettura de ‘I pastori’ da youtube
https://www.youtube.com/watch?v=PvMyyDgVEw0

Hermann Hesse, SETTEMBRE
Triste il giardino: fresca
scende ai fiori la pioggia.
Silenziosa trema
l’estate, declinando alla sua fine.

Gocciano foglie d’oro
giù dalla grande acacia.
Ride attonita e smorta
l’estate dentro il suo morente sogno.

S’attarda tra le rose,
pensando alla sua pace;
lentamente socchiude
i grandi occhi pesanti di stanchezza.


September
Der Garten trauert,
Kühl sinkt in die Blumen der Regen.
Der Sommer schauert
Still seinem Ende entgegen.
Golden tropft Blatt um Blatt
Nieder vom hohen Akazienbaum.
Sommer lächelt erstaunt und matt
in den sterbenden Gartentraum.
Lange noch bei den Rosen
Bleibt er stehen, sehnt sich nach Ruh.
Langsam tut er die grossen
Müdgewordenen Augen zu.


(H. Hesse, Albero, case, 1922, acquarello e grafite)


Bruno Trevellin, PIOGGIA DI SETTEMBRE

Fresca cade con rintocchi
Su grondaie e coppi, con risuoni
Sui campi che gialli sono di soia
Rigonfi di uve nere e d’oro
Sotto un basso cielo mattutino
Che ha rincorse di fumi cinerini 

È una pioggia nuova di settembre
Senza lampi di spavento e tuoni
Che tutto ci porta di questo tempo
Un invito mite e cortese, un richiamo
A togliere, mietere e sarchiare
Con lavori lieti –gli stessi
Che hanno umide fatiche
Di ripassi e di ritocchi





Parte seconda: due canzoni su settembre
Ivano Fossati, SETTEMBRE

Il bene che ci siamo voluti noi due
è un taxi e si ferma qui
io stavo bene nelle tue mani
non avrei chiesto mai niente di più
ma in questo giorno che comincia a Settembre
ti abbraccio e mi manchi.

Arrivederci allora ragazza più forte di me
tenera è la notte ma la vita è anche meglio
di questo momento che te ne vai
tu non parlare che si calma il dolore
dopo è solo tempo.

Questa è la pioggia che deve cadere
sulle piccole scene di addio
siamo solo noi fra milioni e milioni
benvenuto anche il tuo nome
fra le future nostalgie.

Se questo può farti felice
più confuso di così non sarò
tutto andrà bene ci possiamo fidare
chiamami ogni tanto se vuoi.
Da questo giorno che comincia a Settembre
chiamami quando vuoi.





Premiata Forneria Marconi (PFM), IMPRESSIONI DI SETTEMBRE
(di Mauro Pagani, Franco Mussida, Giulio Rapetti Mogol)


Quante gocce di rugiada intorno a me
Cerco il sole ma non c'è
Dorme ancora la campagna, forse no
è sveglia, mi guarda, non so

Già l'odore della terra odor di grano
Sale adagio verso me
E la vita nel mio petto batte piano
Respiro la nebbia, penso a te

Quanto verde tutto intorno e ancor piú in là
Sembra quasi un mare l'erba
E leggero il mio pensiero vola e va
Ho quasi paura che si perda

Un cavallo tende il collo verso il prato
Resta fermo come me
Faccio un passo, lui mi vede, è già fuggito
Respiro la nebbia, penso a te

No, cosa sono adesso non lo so
Sono un uomo, un uomo in cerca di se stesso
No, cosa sono adesso non lo so
Sono solo, solo il suono del mio passo

Ma intanto il sole tra la nebbia filtra già
Il giorno come sempre sarà








Parte terza: un esempio di commento
(da: doc.studenti.it/appunti/italiano/pastori-annunzio.html)
I PASTORI, DI G. D’ANNUNZIO
I pastori è stata scritta da D’Annunzio ed appartiene al genere lirico, attraverso il quale il poeta esprime la nostalgia che prova nei confronti della sua terra natale. Nel complesso la lirica è composta da 4 strofe e un verso sciolto dai 5 versi endecasillabi.
Nella prima strofa il poeta si immedesima in uno dei tanti pastori che con l’arrivo di settembre scendono dai monti per trovare pascoli sulla costa adriatica: il fenomeno della transumanza.

La similitudine ai versi 4-5 paragona il colore verde dei pascoli della montagna al colore che assume il mare nella stagione autunnale. L’autore utilizza l’espressione “i miei pastori” o “andiamo” per evidenziare la consapevolezza di far parte di tale categoria, lasciando trapelare anche un senso di nostalgia provocato dall’abbandono di tali abitudini, e un gran coinvolgimento. Nella seconda strofa c’è continuità tra acqua e terra: i pastori trovano coraggio dall’acqua che sgorga direttamente dai monti e che si trasforma in sangue.
Nell’ultima strofa il poeta riesce a descrivere nei particolari la natura che circonda questi uomini; tutto è in continuo mutamento nonostante le azioni e i gesti dei pastori siano ormai quasi abitudinari, solo l’aria cambia. Al verso 18 è un’altra
metafora che paragona il sole che si accende di un giallo, simile a quello della lana delle pecore che quasi non si distinguono dalla sabbia delle coste adriatiche.

In questo silenzio naturale si percepiscono solo i passi sulla terra e nel mare “i sciacquio e calpestio”, suoni onomatopeici che vogliono permettere al lettore di ascoltarli e renderlo partecipe facendolo immedesimare nella scena.
Con l’espressione “dolci romori” e “ah, perché non son io co’ miei pastori” vengono esaltati ancora una volta la
nostalgia e il rimpianto del poeta per le abitudini degli abruzzesi, uniti ad un desiderio di mutar vita.
Il ritmo è aulico e lento, dovuto ai versi composti di 11 sillabe, ai frequenti segni d’interpunzione e all’uso di innumerevoli enjambement (ai versi 2,4,6,7,14,16,18) che esprimono a livello metrico le inquietudini del poeta.



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