martedì 19 giugno 2018


Due donne per capire la shoah: Edith Stein ed Etty Hillesum
Attività realizzata con la classe 3A in occasione del Giorno della Memoria (prof. Bruno Trevellin, gennaio 2018)

Edith Stein (santa Teresa Benedetta della Croce, compatrona d’Europa)

Nota biografica
Edith Stein (in religione Teresa Benedetta della Croce; Breslavia, 12 ottobre 1891Auschwitz, 9 agosto 1942) è stata una monaca, filosofa e mistica tedesca dell'Ordine delle Carmelitane Scalze. Di origine ebraica, si convertì al cattolicesimo dopo un periodo di ateismo che durava dall'adolescenza. Venne arrestata nei Paesi Bassi dai nazisti e rinchiusa nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau dove, insieme alla sorella Rosa (anch'ella monaca carmelitana scalza) trovò la morte. Nel 1998 papa Giovanni Paolo II la proclamò santa e l'anno successivo la dichiarò patrona d'Europa.

La canzone di Battiato, Il carmelo di Echt (scritta da Juri Camisasca)
E per vivere in solitudine nella pace e nel silenzio
ai confini della realtà,
mentre ad Auschwitz soffiava forte il vento
e ventilava la pietà,
hai lasciato le cose del mondo,
il pensiero profondo dai voli insondabili,
per una luce che sentivi dentro, le verità invisibili.

Dove sarà Edith Stein?
Dove sarà?

I mattini di maggio riempivano l’aria
i profumi nei chiostri del carmelo di Echt.
Dentro la clausura qualcuno che passava
selezionava gli angeli.
E nel tuo desiderio di cielo una voce nell’aria si udì:
gli ebrei non sono uomini.
E sopra un camion o una motocicletta che sia
ti portarono ad Auschwitz.

Dove sarà Edith Stein?
Dove sarà?

E per vivere in solitudine nella pace e nel silenzio
nel carmelo di Echt.



Il film su Edith Stein, La settima stanza (Edith Stein ad Auschwitz), parte iniziale e scena finale 

https://youtu.be/--p2obqKhHc

https://youtu.be/piy-9UUagHw

I libri più venduti di Edith Stein
Libro Il problema dell'empatia Edith SteinLibro Scientia Crucis Edith SteinLibro La donna. Il suo compito secondo la natura e la grazia Edith SteinLibro Psicologia e scienze dello Spirito. Contributi per una fondazione filosofica Edith SteinLibro Potenza e atto. Studi per una filosofia dell'essere Edith SteinLibro Il castello dell'anima Edith SteinLibro Il mistero del Natale. Incarnazione e umanità Edith SteinLibro Il mistero della vita interiore Edith SteinLibro Gli intellettuali Edith SteinLibro Passione per la verità Edith Stein





Etty Hillesum e il suo Diario, per apprezzare la vita, sempre



Un brano dal Diario (1941-43) di Etty Hillesum
"Non sono i fatti che contano nella vita, conta solo ciò che grazie ai fatti si diventa"
[...]
Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile ma non è grave: dobbiamo cominciare a prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà da sé. Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in sè stesso; se ogni uomo si sarà liberato dall'odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo; se avrà superato quest'odio e l'avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore, se non è chiedere troppo. È l'unica soluzione possibile. È quel pezzettino d'eternità che ci portiamo dentro. Sono una persona felice e lodo questa vita, nell'anno del Signore 1942, l'ennesimo anno di guerra.
Le mie battaglie le combatto contro di me, contro i miei proprio demoni: ma combattere in mezzo a migliaia di persone impaurite, contro fanatici furiosi e gelidi che vogliono la nostra fine, no, questo non è proprio il mio genere. Non ho paura, non so, mi sento così tranquilla. Mi sento in grado di sopportare il pezzo di storia che stiamo vivendo, senza soccombere. Mi sembra che si esageri nel temere per il nostro corpo. Lo spirito viene dimenticato, s'accartoccia e avvizzisce in qualche angolino. Viviamo in un modo sbagliato, senza dignità. Io non odio nessuno, non sono amareggiata: una volta che l'amore per tutti gli uomini comincia a svilupparsi in noi, diventa infinito.
Bene, io accetto questa nuova certezza: vogliono il nostro totale annientamento. Ora lo so: Continuo a lavorare e a vivere con la stessa convinzione e trovo la vita ugualmente ricca di significato, anche se non ho quasi più il coraggio di dirlo quando mi trovo in compagnia.
La vita e la morte, il dolore e la gioia e persecuzioni, le vesciche ai piedi e il gelsomino dietro la casa, le innumerevoli atrocità, tutto, tutto è in me come un unico, potente insieme e come tale lo accetto e comincio a capirlo sempre meglio.
Un'altra cosa ancora dopo quella mattina: la mia consapevolezza di non essere capace di odiare gli uomini malgrado il dolore e l'ingiustizia che ci sono al mondo, la coscienza che tutti questi orrori non sono come un pericolo misterioso e lontano al di fuori di noi, ma che si trovano vicinissimi e nascono dentro di noi: e perciò sono meno più familiari e assai meno terrificanti. Quel che fa paura è il fatto che certi sistemi possono crescere al punto da superare gli uomini e da tenerli stretti in una morsa diabolica, gli autori come le vittime.

http://www.nostreradici.it/separazione-tratteggio.gif
Nota biografica. Alcuni dati per conoscerla meglio
Nata nel 1914 in Olanda da una famiglia della borghesia intellettuale ebraica, Etty Hillesum muore ad Auschwitz nel novembre del 1943.Casella di testo:
Ragazza brillante, intensa, con la passione della letteratura e della filosofia, si laurea in giurisprudenza e si iscrive quindi alla facoltà di lingue slave; quando intraprende lo studio della psicologia, divampa la seconda guerra mondiale e con essa la persecuzione del popolo ebraico.
Durante gli ultimi due anni della sua vita, scrive un diario personale: undici quaderni fittamente ricoperti da una scrittura minuta e quasi indecifrabile, che abbracciano tutto il 1941 e il 1942, anni di guerra e di oppressione per l’Olanda, ma per Etty un periodo di crescita e, paradossalmente, di liberazione individuale.
Sotto l’aspetto vivace e spontaneo, Etty è profondamente infelice: in preda a sfibranti malesseri fisici, scopre a poco a poco che questi sono in relazione con tensioni di ordine spirituale.
Forse anche a seguito di carenze educative e vuoti affettivi dovuti al burrascoso matrimonio dei suoi genitori, in quel periodo Etty vive relazioni sentimentali complicate, che la lasciano “lacerata interiormente e mortalmente infelice”.
Dopo tanti errori, finalmente l’incontro decisivo con uno psicologo ebreo tedesco, Spier, molti anni più anziano di lei, che si rivela ben più di un terapeuta: attraverso le contraddizioni di una relazione complessa, inizialmente anche ambigua, egli la guida in un percorso di realizzazione umana e spirituale. L’aiuta a conoscere e ad amare la Bibbia, le insegna a pregare, le fa conoscere S. Agostino ed altri autori fondamentali della tradizione cristiana: sarà per Etty un mediatore fra lei e Dio.
Seguendo quindi un proprio itinerario, Etty matura una sensibilità religiosa che dà ai suoi scritti una grande dimensione spirituale.
La parola “Dio” compare anche nelle prime pagine del diario, usata però quasi inconsapevolmente, come spesso accade nel linguaggio quotidiano. A poco a poco però Etty va verso un dialogo molto più intenso con il divino, che percepisce intimo a se stessa: “Quella parte di me, la più profonda e la più ricca in cui riposo, è ciò che io chiamo Dio”.
Ormai libera dagli errori del passato, si avvia sulla strada del dono di sé a Dio ed ai fratelli, nel suo caso il popolo ebraico, la cui sorte sceglie di condividere pienamente.
Lavora per un breve periodo in una sezione del Consiglio Ebraico di Amsterdam. Grazie a ciò, nel 1942, avrebbe avuto la possibilità di aver salva la vita, invece sceglie di non sottrarsi al destino del suo popolo. Quasi subito chiede il trasferimento a Westerbork, il campo di "smistamento" dove transitarono migliaia di ebrei olandesi in attesa di deportazione e quindi si avvia al campo di sterminio con gli altri ebrei prigionieri: è infatti convinta che l’unico modo per render giustizia alla vita sia quello di non abbandonare delle persone in pericolo e di usare la propria forza interiore per portare luce nella vita altrui.
Lavora nell'ospedale del campo - con alcuni rientri ad Amsterdam - dall'agosto 1942 al 7 settembre 1943, data in cui Etty, suo padre, sua madre e Misha furono caricati sul treno dei deportati diretto in Polonia. Morì ad Auschwitz il 30 novembre 1943.
Quando Etty inizia la stesura del diario la guerra era nel pieno del suo svolgimento, e il cerchio cominciava a stringersi intorno agli ebrei olandesi: erano costretti a brutali restrizioni, radunati nel ghetto di Amsterdam, poi inviati nei campi di "smistamento" in un'attesa più o meno lunga di deportazione nei campi di sterminio.
Questo fu il contesto in cui Etty visse e in qualche modo comunicò a chi le stava intorno l'atteggiamento affermativo assoluto verso la vita, oltre ogni pessimismo, che la rese, come lei stessa si definì, "il cuore pensante della baracca".
I sopravvissuti del campo hanno confermato che Etty fu fino all’ultimo una persona “luminosa”.
Al momento della sua partenza definitiva per il campo di sterminio Etty, che presagisce la fine, chiede ad un’amica olandese di nascondere i suoi quaderni e di farli avere ad uno scrittore di sua conoscenza, a guerra finita.
I manoscritti, così difficili da decifrare a causa della grafia, passano così per anni da un editore all’altro, senza che nessuno ne intuisca l’importanza, fino a che nel 1981 giungono nelle mani dell’editore De Haan che, pubblicandoli, finalmente riporta alla luce la storia di Etty Hillesum, permettendo così ai lettori di tutto il mondo di conoscere la ricchezza di un’esperienza interiore che, anche di fronte alla sofferenza estrema, sa lodare la vita e viverla con pienezza di senso.




Attività assegnata alla classe
Scrivi le tue riflessioni su uno dei seguenti pensieri di Hetty Hillesum:
1.     Trovo bella la vita, e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile, ma non è grave. Dobbiamo prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà allora da sé: e "lavorare sé stessi" non è proprio una forma di individualismo malaticcio.
2.     Una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in sé stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall'odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest'odio e l'avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. È l'unica soluzione possibile. E così potrei continuare per pagine e pagine. Quel pezzetto d'eternità che ci portiamo dentro può esser espresso in una parola come in dieci volumi. Sono una persona felice e lodo questa vita, la lodo proprio, nell'anno del Signore 1942, l'ennesimo anno di guerra. 

Due canzoni su Auschwitz
Auschwitz (Canzone del bambino nel vento)
Testo e musica di Francesco Guccini, 1964
[la canzone venne inizialmente cantata, con un testo in parte diverso, dall’Equipe 84 e poi venne inclusa da Guccini nel suo album Folk Beat n.1 commercializzato nel 1967]
Son morto che ero bambino
son morto con altri cento
passato per il camino
ed ora sono nel vento.

Ad Auschwitz c’era la neve
e il fumo saliva lento
nel freddo giorno d’inverno
e adesso sono nel vento.

Ad Auschwitz tante persone
ma un solo grande silenzio
è strano non ho imparato
a sorridere qui nel vento.

Io chiedo come può un uomo
uccidere un suo fratello
eppure siamo a milioni
in polvere qui nel vento.

Ma ancora tuona il cannone
ancora non è contenta
di sangue la belva umana
e ancora ci porta il vento.

Io chiedo quando sarà
che l’uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare
e il vento mai si poserà.

Ancora tuona il cannone
ancora non è contento
saremo sempre a milioni
in polvere qui nel vento.


La nuova Auschwitz
di Claudio Chieffo
Parole e musica di Claudio Chieffo
luglio 1967
a Valeria Capelli

Io suonavo il violino ad Auschwitz mentre morivano gli altri ebrei,
io suonavo il violino ad Auschwitz mentre uccidevano i fratelli miei,
mentre uccidevano i fratelli miei, mentre uccidevano i fratelli miei…

Ci dicevano di suonare, suonare forte e non fermarci mai,
per coprire l’urlo della morte, suonare forte e non fermarci mai,
suonare forte e non fermarci mai, suonare forte e non fermarci mai…

Non è possibile essere come loro,
non è possibile essere come loro…

Nel mondo nuovo che ora abbiamo creato
c’è la miseria, c’è l’odio ed il peccato,
c’è l’odio ed il peccato, c’è l’odio ed il peccato…

Ora siamo tornati ad Auschwitz dove c’è stato fatto tanto male,
ma non è morto il male nel mondo e noi tutti lo possiamo fare
e noi tutti lo possiamo fare e noi tutti lo possiamo fare…

Non è difficile essere come loro,
non è difficile essere come loro...

Ora suono il violino al mondo mentre muoiono i nuovi ebrei,
ora suono il violino al mondo mentre uccidono i fratelli miei,
mentre uccidono i fratelli miei, mentre uccidono i fratelli miei…


Il Giorno della Memoria



La ricorrenza
Il 27 gennaio 1945 i soldati dell’Armata Rossa abbattevano i cancelli di Auschwitz e liberavano i prigionieri sopravvissuti allo sterminio del campo nazista. Le truppe liberatrici, entrando nel campo di Auschwitz-Birkenau, scoprirono e svelarono al mondo intero il più atroce orrore della storia dell'umanità: la Shoah. Dalla fine degli anni ’30 al 1945 in Europa furono deportati e uccisi circa sei milioni di ebrei.
Con una legge del 20 luglio 2000, la Repubblica italiana ha istituito il Giorno della Memoria e nel primo articolo riconosce il 27 gennaio come data simbolica per "ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati".
In tutta Italia (e in molti paesi europei) vengono "organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti".
Primo Levi, il grande scrittore italiano deportato e sopravvissuto al lager di Auschwitz ha scritto che ogni qualvolta si pensa che uno straniero, o un diverso da noi è un Nemico, si pongono le premesse di una catena al cui termine c'è il Lager, il campo di sterminio.
A proposito del genocidio del popolo ebraico, ne "I sommersi e i salvati" Primo Levi ha detto: "E’ avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire".




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