sabato 20 ottobre 2018

Limena, note storiche essenziali


Limena, note storiche essenziali


(Estratto dalla ‘Relazione specialistica. Sistema dei beni storico-culturali’ del Pat di Limena, a cura di Bruno Trevellin)

Il territorio di Limena si trova a nord ovest della città di Padova. L’etimologia del nome si fa derivare dal latino limes-liminis, limite (= confine, soglia). Esso fu per secoli sconvolto dalle piene del fiume Brenta che ripetutamente allagava vasti terreni, mutando spesso il suo corso; tali divagazioni hanno quasi completamente cancellato tracce di insediamenti e manufatti, modificando in alcuni punti la conformazione stessa del terreno.
Un primo insediamento cominciò a formarsi fin dall’epoca romana. Il nostro territorio era lambito dalla strada romana di Val Medoaci, importante strada per i traffici con il nord e per la transumanza delle pecore (la lana era indispensabile materia prima per le fiorenti industrie padovane), che collegava Padova e la Valsugana. Era già pieve all’inizio del decimo secolo.
La costruzione di una primitiva cappella deve essere avvenuta in epoca longobarda con la dedicazione ai Santi Felice e Fortunato. La consacrazione avvenne nel 1027 ad opera del vescovo Orso. L’epoca comunale è contrassegnata da lotte e rivalità tra i comuni confinanti: Vicenza, Verona e Venezia. Limena assunse una notevole importanza strategica specialmente dopo lo scavo del canale Brentella. La costruzione fu realizzata nel 1314 per portare acqua al Bacchiglione, e quindi a Padova, prelevandola dal Brenta. Essa fu dettata dall’esigenza di collegare il Brenta con il Bacchiglione per evitare che la città di Padova rimanesse senza acqua quando i Vicentini, deviando le acque del Bacchiglione a Longare, ne impedivano l’approvvigionamento alla città. Forse fu usato qualche tratto di un antico alveo, ma non si hanno notizie precise sull’esecuzione dell’opera. La costruzione del nuovo canale sconvolse l’assetto urbanistico di Limena con l’abbandono del vecchio nucleo attorno alla Chiesa e lo sviluppo di un nuovo nucleo legato all’attività di commercio e trasporto fluviale. Il nuovo canale poneva però il problema del controllo delle acque in caso di piena del Brenta; per regolare quindi l’afflusso della corrente nel nuovo canale Francesco il Vecchio da Carrara fece costruire nel 1370 all’inizio del Brentella i Colmelloni (da colmèlo= pilastro) su progetto di Nicolò della Belanda, ovvero uno sbarramento mobile antesignano dei moderni sostegni. La vita del paese si svolse all’epoca nei pressi dei Colmelloni formando così un nuovo centro. A protezione di tale manufatto fu costruito un castello che venne poi distrutto assieme ai Colmelloni dall’esercito dell’imperatore Massimiliano nel 1509 durante la guerra di Cambrai.
Da parte sua la Repubblica Serenissima si occupava in particolar modo del controllo del Brenta che, sfociando in laguna, ne alterava l’equilibrio; la regolazione delle acque del Brentella, quindi, fu una questione che costituì continua preoccupazione per Venezia fino alla ricostruzione dei colmelloni avvenuta nel 1775. Il nuovo manufatto idraulico, tuttora esistente, è costituito da due fabbricati posti a ponte sopra il canale, provvisti di panconi mobili che, all’occorrenza, possono scendere scorrendo nei gargami per bloccare, parzialmente o totalmente, il flusso d’acqua regolando di conseguenza la portata nel Brentella.
Unitamente ai colmelloni si realizzò una briglia fissa (opera di ingegneria idraulica posta trasversalmente all’alveo per ridurre il trasporto di materiale solido di fondo), anch’essa tuttora presente, lungo il corso del Brenta, qualche centinaio di metri a valle dell’incile (punto da cui si diparte il corso d’acqua secondario) del Brentella. Questa briglia fu dotata anche di una conca per la navigazione, abbandonata nel XIX secolo e demolita all’incirca nel 1880.
La Repubblica di San Marco portò un periodo di relativa tranquillità con una ripresa dell’attività agricola, favorita anche da un discreto incremento demografico, fatta eccezione per gli anni in cui infierì la peste. La proprietà terriera era divisa fra i ricchi patrizi veneziani e gli ordini religiosi o i patrimoni ecclesiastici. Dalle notizie storiche acquisite si rileva che la famiglia veneziana Fini possedeva molti beni in Limena: 1890 campi, un bosco, numerose case, l’osteria, la beccaria, il forno, il molino e la fornace. Assai vicino ad un’ansa del Fiume Brenta, all’interno di un probabile “castellaro romano” fu costruita la Villa Pagan poi Pacchierotti-Trieste con pregevole Oratorio; il nobile Benedetto Pagan possedeva in località Tavello, attorno al 1740, circa trecento campi padovani.
Dall’inizio dell’ottocento anche Limena vide lo spezzettamento delle due grandi proprietà: quella della famiglia veneziana dei Fini e quella dei monaci lateranensi di S.Giovanni di Verdara, a favore soprattutto della borghesia padovana. Per la manutenzione delle barche, in prevalenza burci, nel 1836 sorse a Limena uno squèro retto dalla famiglia Nicoletti, trasferitasi lì dopo la chiusura dello squèro che gestiva in città alla Specola. Il cantiere rimase in attività per quasi un secolo cessando nel 1914. Veniva costruita la padovana, tipica imbarcazione per il trasporto fluviale. Fino agli inizi del XX secolo Brenta e Brentella furono usati per trasportare il legname. I tronchi tagliati nei boschi dell’Altopiano di Asiago e del Cadore venivano legati tra loro e fatti trasportare dall’acqua. Attraverso il Brentella e poi per il Bacchiglione il legname giungeva fino al Bassanello, dove poteva essere tirato a terra oppure continuare la sua corsa per il canale Battaglia. Tale attività cessò nel 1916.
Altre merci che veniva trasportate attraverso il Brentella erano la sabbia e la ghiaia del Brenta che venivano caricate a Campo San Martino e che da Limena scendevano fino a Padova. Da qui eventualmente i burci potevano continuare per Monselice lungo i canali Battaglia e Bisatto, o per Bovolenta via canale Battaglia e canale Vigenzone, oppure per Venezia lungo i canali padovani, il Piovego e quindi il Naviglio del Brenta.
Il tracollo della navigazione avvenne negli anni ’50 del XX secolo con la diffusione del trasporto merci su strada.
Agli esordi del XX secolo, nell’ambito di un piano lungimirante di forte industrializzazione della zona da parte del Duca Paolo Camerini, venne inaugurata la Ferrovia Padova – Piazzola. Nel 1885 la proprietà del possedimento di Piazzola sul Brenta era passata a Paolo Camerini (1868 – 1937), nominato nel 1925 Duca per meriti agricolo – industriali. Iniziò una fortissima fase di sviluppo industriale, Piazzola sul Brenta divenne una “città feudo” in cui le attività economiche, agricole ed industriali si integravano tra loro. La vita stessa degli abitanti era assorbita da un sistema economico – sociale facente capo al suo unico proprietario. Le industrie principali erano tre, la filanda per la seta, la fabbrica dei concimi chimici e lo iutificio, a cui se ne affiancavano altre di minori: le fornaci, la segheria, il maglio, la ferriera, i mulini e la fabbrica per le conserve (più tardi trasformata in essiccatoio per il tabacco); completavano l’assetto industriale dell’area l’attività per l’estrazione di inerti dal Brenta e sei centrali per la produzione di energia elettrica.
Questo è il contesto nel quale si inserì la realizzazione della Ferrovia privata Padova – Piazzola sul Brenta, poi prolungata sino a Carmignano di Brenta nell’anno 1923, chiamata appunto “Ferrovia Camerini”, vero elemento infrastrutturale di tutto l’apparato produttivo collegante gli opifici dell’Alta Padovana al mercato cittadino e nazionale. Il traffico era prevalentemente merci e forniva il collegamento con le fabbriche, il porto fluviale di Limena e le cave di ghiaia del Brenta. I lavori per la realizzazione della ferrovia iniziarono nel gennaio 1910; la linea fu dotata di tre stazioni: Piazzola sul Brenta, Limena e Padova e di due fermate fisse: Villafranca – Vaccarino e Croce di Altichiero e di una fermata facoltativa: Tremignon. Furono edificati sei caselli di guardia per cantonieri opportunamente disposti lungo il tracciato. L’inaugurazione ebbe luogo domenica 02 aprile 1911.
Il Gazzettino di lunedì 3 aprile 1911 riporta il resoconto della giornata di inaugurazione della ferrovia: nel quale descrive il treno inaugurale che si compone di un bagagliaio e di quattro carrozze, le stazioni sono imbandierate e infiorate. Alla stazione di Limena vi fu una piccola sosta e salì sul treno il Sindaco Cav. Garolla. Il treno partì alle ore 10:00 da Padova e arrivò a Piazzola alle 10:35, a ricevere gli ospiti si trovavano l’onorevole Paolo Camerini con la moglie Francesca ed il Sindaco di Piazzola Cav. Zannini. Pronunciò il discorso il Cav. Vittorio Fiorazzo, presidente della Società della Ferrovia Padova Piazzola: nel quale ribadì che la ferrovia serviva al trasporto delle materie prime e dei prodotti della juta, dei laterizi, dei lavori in cemento, dei concimi chimici, della trattura dei bozzoli e altre minori, e che i benefici si sarebbero risentiti da tutto il territorio percorso dalla ferrovia stessa, importante e notevole quello per il comune di Limena, oltreché per la sua forte produzione di vino, per l’industria degli strumenti che servono alla viticultura ed alla vinificazione, molto conosciuti ed apprezzati anche all’estero.
L’edificio della stazione della Ferrovia Padova – Piazzola era in via Tiziano Aspetti prospiciente la strada comunale denominata Borgo Magno; il binario correva a fianco della linea Padova - Bassano / Padova - Montebelluna per quasi un chilometro, poi si staccava verso destra e iniziava la salita sulla rampa del Cavalcavia Camerini per sovrapassare la linea F.S.. Il cavalcavia era promiscuo con la Statale n. 47, ma la massicciata ferroviaria si trovava ad una quota più alta e separata da essa tramite una cunetta di scolo. Subito dopo la fine della discesa sorgeva il primo casello ferroviario. Il tracciato proseguiva per tre chilometri con andamento rettilineo in sede propria, ma dopo la fermata di Croce di Altichiero ritrovava la Statale 47, alla quale si affiancava promiscuamente (tratto denominato le longhe di Limena), giungeva quindi in prossimità della piazza di Limena con curva e controcurva per passare in mezzo agli edifici riducendo la velocità; attraversava il ponte sul canale Brentella ed iniziava il doppio binario davanti alla stazione. Poco lontano sorgevano le officine meccaniche Garolla che producevano macchine agricole e macchinari enologici.
Pietro Giuseppe Garolla (1849 – 1934), inventore autodidatta, che potremmo definire un Leonardo dell’agricoltura e dell’enologia, fu un inventore la cui fama non conobbe e ancora oggi non conosce confini. Già a fine Ottocento mise a punto la pompa irroratrice a zaino, si occupò del perfezionamento dei cannoni antigrandine, filtri, misuratori di vini e molto altro. La sue vere perle furono, e rimangono, l’invenzione del raccordo “universale” e della pigiadiraspatrice centrifuga datata 1887.
La promiscuità della ferrovia con la strada statale cessava in corrispondenza del bivio della provinciale per Piazzola; il tracciato, parallelo alla strada, era separato da un’ampia fascia di terreno verde sulla quale sorgevano i pali della linea telegrafica. L’attività continuò fino al 1957 quando l’affermarsi del trasporto su gomma determinò la dismissione della tratta. Limena era famosa per la produzione di vini caratteristici: il corbinello ed il friularo, che venivano immessi nel mercato specialmente a Venezia utilizzando per il trasporto anche appositi vagoni cisterna.

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