lunedì 28 novembre 2016

CAPIRE LA GUERRA PER COSTRUIRE LA PACE. Letture davanti all’ossario di Asiago



CAPIRE LA GUERRA PER COSTRUIRE LA PACE
Per tutte le vittime della follia della guerra, in ogni tempo... l’umanità ha bisogno di piangere, e questa è l’ora del pianto.
Sui luoghi della Prima guerra mondiale con la classe 3 A
Letture davanti all’ossario di Asiago, 25 novembre 2016
di Bruno Trevellin, docente


DALL’OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Pronunciata sul Sacrario Militare di Redipuglia il 13 settembre 2014
Per tutte le vittime della follia della guerra, in ogni tempo... l’umanità ha bisogno di piangere, e questa è l’ora del pianto.

Dopo aver contemplato la bellezza del paesaggio di tutta questa zona, dove uomini e donne lavorano portando avanti la loro famiglia, dove i bambini giocano e gli anziani sognano… trovandomi qui, in questo luogo, vicino a questo cimitero, trovo da dire soltanto: la guerra è una follia.
Mentre Dio porta avanti la sua creazione, e noi uomini siamo chiamati a collaborare alla sua opera, la guerra distrugge. Distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano. La guerra stravolge tutto, anche il legame tra i fratelli. La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione: volersi sviluppare mediante la distruzione!
La cupidigia, l’intolleranza, l’ambizione al potere… sono motivi che spingono avanti la decisione bellica, e questi motivi sono spesso giustificati da un’ideologia; ma prima c’è la passione, c’è l’impulso distorto. L’ideologia è una giustificazione, e quando non c’è un’ideologia, c’è la risposta di Caino: “A me che importa?”. «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). La guerra non guarda in faccia a nessuno: vecchi, bambini, mamme, papà… “A me che importa?”.
(…) Tutte queste persone, che riposano qui, avevano i loro progetti, avevano i loro sogni…, ma le loro vite sono state spezzate. Perché? Perché l’umanità ha detto: “A me che importa?”.
Anche oggi, dopo il secondo fallimento di un’altra guerra mondiale, forse si può parlare di una terza guerra combattuta “a pezzi”, con crimini, massacri, distruzioni…
(…)
Qui (…) ci sono tante vittime. Oggi noi le ricordiamo. C’è il pianto, c’è il lutto, c’è il dolore. E da qui ricordiamo le vittime di tutte le guerre.
Anche oggi le vittime sono tante… Come è possibile questo? E’ possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante!
(…)
E’ proprio dei saggi riconoscere gli errori, provarne dolore, pentirsi, chiedere perdono e piangere.
Con quel “A me che importa?” che hanno nel cuore gli affaristi della guerra, forse guadagnano tanto, ma il loro cuore corrotto ha perso la capacità di piangere. Caino non ha pianto. Non ha potuto piangere. L’ombra di Caino ci ricopre oggi qui, in questo cimitero. Si vede qui. Si vede nella storia che va dal 1914 fino ai nostri giorni. E si vede anche nei nostri giorni.
Con cuore di figlio, di fratello, di padre, chiedo a tutti voi e per tutti noi la conversione del cuore: passare da “A me che importa?”, al pianto. Per tutti i caduti della “inutile strage”, per tutte le vittime della follia della guerra, in ogni tempo. Il pianto. Fratelli, l’umanità ha bisogno di piangere, e questa è l’ora del pianto.


CINQUE POESIE DI UNGARETTI
San Martino del Carso
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non m’è rimasto
neppure tanto

Ma nel mio cuore
nessuna croce manca

E’ il mio cuore
il paese più straziato


Peso
Quel contadino
si affida alla medaglia
di Sant’Antonio
e va leggero
Ma ben sola e ben nuda
senza miraggio
porto la mia anima

Sono una creatura
Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata
Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede

La morte
si sconta
vivendo

In dormiveglia
Assisto la notte violentata

Mi pare
che un affannato
nugolo di scalpellini
batta il lastricato
di pietra di lava
delle mie strade
ed io l’ascolti
non vedendo
in dormiveglia


Bosco Cappuccio
Bosco Cappuccio
ha un declivio
di velluto verde
come una dolce
poltrona

Appisolarmi là
solo
in un caffè remoto
con una luce fievole
come questa
di questa luna.

UNA POESIA DI PADRE TUROLDO
E poi sulla terra intera
E poi sulla terra intera a innalzare
monumenti «Ai Caduti»!
così felici di essere caduti!
Ma provate a fissare quei corpi squarciati,
a fissare la loro smorfia ultima
sulle facce frantumate,
e quegli occhi che vi guardano.
Provate a udire nella notte
l'infinito e silenzioso urlo degli ossari:
- «Uccideteci ancora e sia finita»!

Nota storica


Il Sacrario monumentale di Asiago, assieme a Redipuglia e Cima Grappa, è uno dei più grandi ossari della grande guerra. Simboli, epicentri e luoghi focali dei più importanti avvenimenti e delle più sanguinose battaglie di questa immane tragedia.

Il 19 agosto 1932 è stata posta la prima pietra del grande monumento, ad arco trionfale quadrangolare, dedicato ai caduti sull'altopiano e custodisce le spoglie di quasi 55.000 (cinquantacinquemila), di cui almeno 33.000 ignoti, italiani e austro-ungarici.

I resti dei soldati italiani vennero trasferiti attorno al 1938, recuperandoli dai 36 cimiteri dei paesi dell'altopiano e dai numerosi piccoli cimiteri sparsi un po' ovunque.
I soldati austriaci vennero traslati da tre grandi cimiteri nei dintorni di Asiago alla fine degli anni sessanta.

Naturalmente il Sacrario non conserva le spoglie di tutti i caduti nell'altopiano.
Si pensi che nella sola battaglia dell'Ortigara vi furono almeno 35.000 morti in pochi infernali giorni, mentre le complesse azioni durante la Spedizione di Primavera richiesero un tributo di sangue di oltre 80.000 vittime.

Molti soldati vennero sepolti sul posto o in piccoli gruppi a formare minimali cimiteri spontanei, solo alcuni dei quali recuperati. Molti smembrati sono dispersi nei luoghi delle battaglie, molti altri vennero portati nelle retrovie a Bassano, Arsiero e perfino a Vicenza e Cittadella. Altri furono riportati nei luoghi di origine.

Si presume che i veri e propri cimiteri sparsi nell'altopiano fossero almeno 41, il più importante dei quali a Gallio con oltre 12.000 salme.

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