domenica 20 novembre 2016

La Prima Guerra Mondiale: cause e ricadute di un conflitto. Erroracci, letture ideologiche e silenzi voluti nei manuali di storia



La Prima Guerra Mondiale: cause e ricadute di un conflitto
Approfondimento di storia per la classe terza.
Adattamento da un’intervista a M. Gabriele
di Bruno Trevellin, docente 

La Prima Guerra Mondiale: cause e ricadute di un conflitto
Intervista allo storico Mariano Gabriele
(già professore di Storia contemporanea e storia navale all’Università "La Sapienza" di Roma e Presidente onorario della Società Italiana di Storia Militare. Consulente per la storia dello Stato Maggiore della Marina e della commissione italiana di Storia Militare)
(testo tratto dall’intervista di V. Grienti in InStoria, rivista online di storia e informazione N. 75 - Marzo 2014 (CVI)


Il centenario della Prima Guerra mondiale è l’occasione per riflettere sulle motivazioni di fondo, sulle cause e le ricadute del conflitto sugli Stati nazionali, ma anche sulla popolazione civile. La “Grande guerra” modificò gli scenari futuri e, allo stesso tempo, “preparò” il terreno per la Seconda Guerra mondiale.


Sulla guerra accolta con entusiasmo, quando scoppiò
Professore, il primo conflitto mondiale, che ebbe inizio il 3 agosto del 1914, quando la Germania dichiarò guerra alla Francia e invase il Belgio, vide la contrapposizione di Germania e Austria-Ungheria (Potenze centrali) alla coalizione formata da Russia, Francia, impero britannico (Triplice Intesa o Alleati) e, infine, Italia e Stati Uniti. Possiamo dire come ha scritto Stuart Robson, professore emerito di Storia delle guerre mondiali alla Trent University del Canada, che le popolazioni dei paesi belligeranti accettarono di buon grado il conflitto?

È notorio che la guerra fu accolta positivamente, talvolta con entusiasmo, nel momento in cui scoppiò. Gli scrittori che hanno parlato di quel momento nei paesi coinvolti sottolineano questa ventata di follia, dovuta al montante nazionalismo e, in genere, alla più sprovveduta ignoranza sulla durata e sui costi della guerra. Nel “Mondo di ieri”, Stefan Zweig ricorda: “A Vienna trovai l’intera città in preda all’ebbrezza… Il primo spavento… aveva ceduto il passo a un improvviso entusiasmo”; Rathenau ancora nel 1918 dice che lo scoppio della guerra “era stato una specie di ouverture per un canto immortale di sacrificio, di lealtà e d’eroismo” e Meinecke definisce quel momento “un attimo di gioia profonda”; in Inghilterra Rupert Brooke scrisse una poesia intitolata “grazie a Dio per quest’ora”, mentre in Italia la neutralità lasciava molti sgomenti. Lo storico J.M. Roberts conclude a ragione: “in ogni capitale, folle immense accolsero con entusiasmo la notizia che sarebbero andate a morire al fronte”. Gli intellettuali non furono da meno: il primo approccio di Freud alla guerra fu dichiarare che tutta la sua “libido” era per l’Austria-Ungheria. Questo, naturalmente, concerne il 1914, ché le “radiose giornate” italiane del 1915 ne sarebbero state solo una miserabile, stiracchiata e artificiosa imitazione.


Sulle reali cause della guerra
Quali furono le reali ragioni dello scoppio della Prima Guerra mondiale? 

Le cause reali sono molto complesse, perché alcune venivano da lontano, altre furono il frutto accidentale degli eventi. Ovviamente non è vera la tesi dell’esclusiva responsabilità della Germania. Di essa si può dire che lo straordinario sviluppo industriale ed economico fatalmente la spingeva verso la Weltpolitik (politica mondiale) e che questo non era compatibile con il ruolo e la posizione della Gran Bretagna, dove l’ammiraglio Fisher propose due volte al re Edoardo VII di attaccare a tradimento la flotta tedesca, e due volte il re gli chiese se era matto: la gara navale tra Berlino e Londra certo non favorì la causa della pace, ma non si può dire che abbia provocato il conflitto, tenuto conto che dopo tutto i cantieri inglesi mantennero sempre una certa superiorità nella capacità produttiva. In Francia l’opinione pubblica non fiammeggiava per l’Alsazia e la Lorena e non avrebbe scatenato una guerra soltanto per esse, malgrado la letteratura della revanche: in un contesto di scontro in cui Parigi non fosse stata sola però, lo sciovinismo francese era pronto ad esplodere. Infine, la rivalità nei Balcani tra Russia ed Austria-Ungheria completava il giro dei motivi seri, nessuno dei quali, tuttavia, era da solo sufficiente o maturo per provocare la grande conflagrazione. Bismarck aveva detto: ”noi tedeschi temiamo Dio, e nessuno nel mondo”, e lo aveva detto a un paese nel quale sui pacchetti di sigarette si poteva leggere questo pensiero di Moltke: “La guerra è un elemento dell’ordine naturale delle cose voluto da Dio”. Ma se tutto ciò era utile a rendere i tedeschi – dopo tre guerre vinte facilmente – disponibili a combattere, anche gli altri popoli lo erano, spontaneamente o per secolare abitudine all’obbedienza. Quando l’ultimatum austriaco alla Serbia - follemente espresso dopo un mese durante il quale, probabilmente convinti che non ci sarebbe stata una guerra generale, si compromisero tutti - indusse la lenta mobilitazione russa, e questa la mobilitazione tedesca; ma i tedeschi avevano esigenze speciali a causa del loro piano di guerra, e queste esigenze si fondavano sul movimento ferroviario che, una volta partito, non si poteva più fermare. Così, mentre i diplomatici perdevano il controllo della situazione, gli ultimi tentativi di mantenere la pace fallirono perché 11.000 treni tedeschi non potevano più essere bloccati sui binari, pena la caduta dell’esercito nel caos e l’impossibilità per la Germania di farvi conto per mesi.

Sulla diversità della guerra rispetto al passato e sugli eserciti usati in modo spietato
In che modo la Prima Guerra mondiale sotto il profilo strategico-militare si discostò dalle precedenti guerre dell’Ottocento? E in che modo furono impiegati l’Esercito, la Marina e l’Aviazione dalle nazioni impegnati nel conflitto?

I generali della prima guerra mondiale erano rimasti alla fase napoleonica della storia militare, quando l’attacco prevaleva sulla difesa, ma questo poteva accadere perché la canna liscia sparava a 100 m ed era quasi inutile puntare. La guerra civile americana aveva invece dimostrato che, con la canna rigata che sparava a 1.200 m e consentiva ben maggiore precisione di puntamento; inoltre si erano sviluppati poi il cavallo di Frisia e la mitragliatrice, per cui la difesa aveva ben altre chances. Ma i generali tedeschi pensavano che quella esperienza non facesse testo in Europa, Foch predicava “offensive à outrance”, i capi inglesi in Francia erano degli incapaci di cui Lloyd George – che li disprezzava – non riuscì a liberarsi, i russi – salvo forse Brusilov – non brillavano certo. Due soli generali fecero eccezione: Pétain in Francia e Diaz in Italia, ma quando venne la loro ora troppe grandi stragi erano già avvenute. La Grande Guerra fu uno scontro di masse sconosciuto al sec. XIX, anche se la guerra civile americana e quella franco-prussiana avevano già fornito dei precedenti. Gli eserciti in genere furono usati male, in modo inutilmente spietato verso i soldati. La Marina britannica risultò vincente nella strategia del blocco, ma sul piano operativo, ora che si sa che i radiogrammi della marina tedesca venivano decrittati, è legittimo ridimensionare molto la valutazione degli ammiragli inglesi, Jellicoe compreso; per la guerra al traffico, poi, gli inglesi corsero pericoli maggiori che nella seconda per la strana fissazione dell’Ammiragliato, che mandava le navi mercantili sole e senza scorta a farsi affondare dai smg avversari. Quando, con l’intervento USA, gli americani pretesero i convogli scortati, la minaccia sottomarina nemica diminuì sempre più. L’aviazione, da caccia e da ricognizione, fu ben usata dagli inglesi, dai tedeschi, dai francesi, dagli americani e, a sprazzi, dagli italiani, che ebbero anche buoni aerei da bombardamento, tanto che una formazione di Caproni si trasferì, su richiesta degli alleati, in Francia.
  
(…) 
Sulle battaglie alle frontiere
Qual è la sua valutazione sulle battaglie alle frontiere? E quale tra queste battaglie è degna di nota a livello mondiale? 

L’invasione della Francia attraverso il Belgio, sulla base del piano Schlieffen del 1907, mi pare l’unico caso davvero rilevante, perché portò i tedeschi in Francia sino alla fine della guerra. Ma anche quella manovra fu attuata male, perché Schlieffen prevedeva che l’ala destra tedesca passasse tra Parigi e il mare (“la manica destra dell’ultimo soldato dell’ala marciante deve sfiorare il mare”), mentre quella ala decisiva fu indebolita e diretta ad est di Parigi, dove fu fermata e respinta nella prima battaglia della Marna, mentre il corpo inglese e la guarnigione di Parigi potevano molestarla da ovest. Anche le vittorie russe contro l’Austria e le loro importanti sconfitte più a nord davanti ai tedeschi non sembrano di rilevanza mondiale. Peraltro, sul fronte occidentale, i tedeschi avevano almeno il piano Schlieffen, i francesi avevano solo l’élan, che fruttò loro 300.000 morti nell’estate 1914. Gli austriaci fecero la figura dei pifferi di montagna con i serbi, liquidati solo l’anno dopo da un generale tedesco. I russi ebbero buon gioco in Galizia e in genere con gli austriaci ma le due sconfitte campali con i tedeschi tolsero molto significato ai loro successi sul fronte più meridionale.

Sull’entrata in guerra dell’Italia, il piano sbagliato di Cadorna
Cosa non funzionò, se secondo lei qualcosa non funzionò, nei piani di guerra e nella strategia delle parti in campo. E come valuta la posizione dell’Italia dalla sua entrata in guerra nel 1915 fino alla conclusione del conflitto?

Quanto all’Italia, Cadorna aveva un piano: arrivare a Lubiana e di lì girare per Vienna, ma per arrivare a Lubiana bisognava superare il Carso ed altri ostacoli naturali, operazione che esigeva soluzioni diverse dall’attacco frontale, che troppe volte condusse a perdite doppie di quelle del nemico. Il fronte italiano era e fu considerato sempre secondario, mentre si riteneva pacifico a Parigi che in quello francese si sarebbe avuta la decisione della guerra. La sua apertura fu invocata dai capi militari francesi che avevano già perso nel 1914 troppi uomini per la loro incapacità, e premettero sul governo perché firmasse il patto di Londra (ciò che fu fatto con scarsa convinzione e poca voglia di tenervi fede in toto). Il compito che nell’economia del conflitto si riteneva avesse il fronte italiano era quello di tenere impegnate forze che diversamente avrebbero potuto riversarsi a occidente. Vittorio Veneto – operazione condotta su ordine politico in previsione della fine della guerra – portò ad immaginare la costituzione di un’armata che con comando italiano attaccasse la Baviera, ma ormai i tedeschi avevano perduto la corsa a Parigi con gli americani e una settimana dopo Vienna cedette anche Berlino. Peraltro, va sottolineato che, sia in Italia che in Francia, la sconfitta degli imperi centrali, sia pure molto indeboliti dal blocco navale, fu militare e che i pretesi tradimenti ed altre sciocchezze per spiegare la sconfitta, in Austria e Ungheria come in Germania, non hanno fondamento.

Sull’impreparazione dell’esercito italiano
Ci può dare un suo giudizio sul grado e la qualità dell’addestramento del Regio Esercito? In che cosa non erano preparati gli ufficiali superiori? Viceversa, quale fu l’azione militare di maggior successo compiuta dall’esercito italiano?

Grave colpa degli alti quadri militari fu di non trarre alcuna lezione dall’esperienza del primo anno di guerra in Francia. Notevole miglioramento nella tattica e nell’addestramento trasse l’esercito italiano dalla presenza degli alleati in Italia (dopo Caporetto vennero 11 divisioni – 6 francesi e 5 britanniche - delle quali 6 tornarono in Francia in marzo, così che 5 divisioni – 3 britanniche e 2 francesi – restarono sino alla fine della guerra). Le azioni militari italiane di maggior successo sono per me la battaglia del Solstizio 1918, decisiva per la guerra, e quella d’arresto del novembre-dicembre 1917.

Sulla marina italiana in Adriatico
Può dare un suo giudizio di storico sullo stato di salute della Marina Italiana prima e dopo il Primo conflitto mondiale? 

La Regia Marina, malgrado l’errore di non ascoltare Cuniberti per la corazzata monocalibro, era in buona salute al momento dell’intervento; ma lo era non per combattere con mezzi insidiosi in Adriatico o per cercarvi la grande battaglia navale a riscatto di Lissa, quanto piuttosto per impedire agli austro-ungarici una sortita (per andare dove?). Fu penalizzata dallo scorretto comportamento tedesco (smg tedeschi, con comandanti ed equipaggi tedeschi, ma con falsa bandiera austriaca, operarono in Adriatico affondando navi e unità militari italiane, tra cui l’incrociatore Amalfi; non che sul terreno la Germania non avesse pecche, avendo schierato sul fronte delle Dolomiti, dal giugno all’ottobre 1915, l’Alpen Korps, sebbene non vi fosse stato di guerra tra Roma e Berlino fino al 28 agosto 1916). Dopo la guerra, quando la Marina dovette finirla di fare politica imperialistica in Adriatico, la miseria del paese costrinse a ridimensionare la flotta e condizionò le costruzioni fino a metà anni ‘30.

(…) 

Sugli errori di Versailles
Può darci un suo giudizio complessivo sul nuovo quadro che aprì il primo conflitto mondiale sotto il profilo geopolitico?

Purtroppo Versailles e la politica antirussa per lo spettro rosso hanno gettate le basi della seconda guerra mondiale e di molti attuali problemi, alimentando anche l’imperialismo sovietico, i cui risvolti negativi abbiamo già dovuto constatare nelle repubbliche baltiche e, ora, nell’Ucraina occidentale. Speriamo che Konisberg, patria di Kant, e la Prussia orientale non ci riservino ulteriori problemi.

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