mercoledì 21 dicembre 2016

La guerra in Siria e i bambini di Aleppo. I nodi irrisolti del '900



La guerra in Siria e i bambini di Aleppo

(La foto di Omram Daqneesh, il bambino nell'ambulanza di Aleppo divenuto simbolo dell'orrore della guerra in Siria)

Quanto avvenuto in Siria negli ultimi cinque anni è stato uno scandalo per l’umanità, il punto più basso della storia dal 1945
Attività proposta nella classe 3
di Bruno Trevellin, docente

Parte prima
Reportage fotografico da un articolo di Avvenire e da internet

Da Avvenire
Siria. Quel che resta di Aleppo patrimonio Unesco

Foto Lapresse mercoledì 14 dicembre 2016
Resti di bombe davanti all'antica Cittadella, simbolo dell'Aleppo che fu. Semidistrutta la moschea degli Omayyadi, gioiello architettonico del XII secolo. Scheletri di edifici e macerie 

L'antica Cittadella, simbolo di Aleppo. Dopo la riconquista l'esercito di Damasco ha condotto giornalisti e fotografi tra le rovine dei monumenti della seconda città siriana, riconosciuta dall'Unesco patrimonio dell'umanità

Il cortile della moschea degli Omayyadi, risalente all'VIII secolo ma ricostruita nel XII dopo un incendio. Il minareto del 1090 è andato distrutto nel 2013

Soldati nel cortile della moschea pavimentato in marmo giallo e nero. È detta anche moschea di Zaccaria perché conserva un reliquiario con resti che per i musulmani appartengono al padre di Giovanni Battista, considerato un profeta

Resti di una bomba davanti all'ingresso della Cittadella

La bandiera siriana issata sulle macerie della grande moschea degli Omayyadi

Soldati davanti alle porte d'ingresso della moschea decorate con pregevoli intarsi

Il cortile della moschea invaso dalle macerie

Un soldato mostra ai giornalisti il camminamento all'interno della Cittadella

Dall'alto della Cittadella, che sorge su una collinetta artificiale, si scorgono solo desolazione e rovine

Edifici sventrati nel quartiere al-Shaar, rimasto sotto il controllo del governo di Damasco

C'è ancora vita nei quartieri di Aleppo Vecchia fino all'ultimo in mano ai ribelli

Un carrarmato rovesciato nei pressi della moschea degli Omayyadi
 (Aleppo, prima della guerra)






Parte seconda
Un giudizio sulla follia  della guerra
Articolo da Avvenire
Aleppo segno di ogni guerra. Nessuno vince

Andrea Riccardi sabato 17 dicembre 2016

Aleppo è il simbolo d’una guerra assurda, quella in Siria che ha causato più di 600mila morti e milioni e milioni di sfollati. 
 
(Tutte le foto sono di Lapresse)
Aleppo è stata uccisa da una guerra combattuta tra case, monumenti, ospedali. Una lunga agonia: dal luglio 2012. Il tempo è passato senza pietà, straziando la vita degli uomini e delle donne figli di questa città speciale, antichissima, e cosmopolita. Nessun attore del conflitto ha avuto la forza o l’intelligenza di trovare la strada per metter fine a questa follia. Tutti erano (e sono) aggrovigliati in una ragnatela d’interessi contrastanti. Il tempo è passato e ad Aleppo si è continuato a combattere. Il dramma è durato quattro lunghi e terribili anni – anzi quattro e mezzo – in cui ogni giorno ha portato la sua dose di morte, dolore, sofferenza e fame. Aleppo è il simbolo d’una guerra assurda, quella in Siria che ha causato più di 600mila morti e milioni e milioni di sfollati. Ricordo le obiezioni sciocche quando lanciai l’appello Save Aleppo nel 2014. La più assillante: "Perché solo questa città?". Perché Aleppo è il simbolo e la realtà più amara di questa guerra folle e, come ci ricorda incessantemente papa Francesco, di ogni follia guerresca. 


Non si è fatto nulla o davvero poco e con scarsa determinazione per la pace e per Aleppo. Oggi, la città giace disfatta, sventrata, violata: un tempo abitata da quasi due milioni di abitanti (di cui 300.000 cristiani), città dell’incontro, patrimonio dell’umanità per l’Unesco, testimone di una lunghissima storia e di una grande civiltà. L’hanno distrutta e non ritornerà mai più quella che era. Era la città-simbolo del vivere insieme per secoli, anche nei momenti più duri della sua storia. Vivere insieme era scritto nelle sue radici ed era l’anima del suo popolo. Città della moschea, della chiesa e della sinagoga: città del suk, del mercato, dell’incontro e dello scambio.
Quale sarà il futuro? Non ricomincerà facilmente la vita insieme in Siria. Del resto, Daesh è tornato sulla scena in forma aggressiva. Mentre le truppe di Assad conquistavano Aleppo, Daesh riprendeva Palmira, lo scrigno archeologico nel deserto siriano (la cui liberazione era apparsa una svolta nella guerra). Si combatterà ancora, purtroppo. E poi ci sono abissi di diffidenza. Molti non si fidano del regime e dei suoi alleati. L’hanno detto chiaramente dalla rivolta dal marzo 2011. L’abisso si è allargato tra governo e popolo con tanti morti, scomparsi e torturati. Tanti sono fuggiti, alcuni costretti dalla guerra, ma altri rifiutando di vivere in questa Siria. I cristiani si sono sentiti rispettati e protetti solo da Assad o hanno lasciato il Paese. Questo governo oggi è meno che mai in grado di unificare il Paese, ma terrà nelle sue mani la Siria "utile", quella delle città e delle regioni che gli interessano.

D'altra parte, molti non si fidano della ribellione, così divisa. I capi dei ribelli sono stati, in buona parte, nelle mani dei burattinai internazionali. Con la caduta di Aleppo, le forze della ribellione sono state sospinte in città minori e nelle campagne. Potranno resistere, ma vincere è impossibile, anche perché il regime è sostenuto da russi, iraniani, hezbollah. E poi quale ribellione come interlocutore? Quella di al-Nusra, ex al-Qaeda? Quella dell’Esercito libero siriano? Si finirà forse con una balcanizzazione del Paese. La vittoria di Assad ad Aleppo non conclude la guerra. In tante parti si combatte ancora. La situazione dei siriani nei campi rifugiati è disperata. Nella disperazione rischiano di cadere vittima dei mercanti che, con le traversate "maledette" del Mediterraneo, promettono futuro, a caro prezzo, spesso la vita.
Non è facile trovare una via d’uscita, tanto profondi sono gli odi e tanto divisi i vari attori siriani e internazionali. Manca, innanzi tutto, la coscienza che quanto avvenuto in Siria negli ultimi cinque anni è stato uno scandalo per l’umanità, il punto più basso - o uno dei punti più bassi? - della storia dal 1945. Credere questo dovrebbe spingere a soluzioni che riportino un po’ di umanità in Siria. Il nuovo presidente americano e, con lui, tutti gli attori internazionali devono responsabilizzarsi decisamente di fronte a una guerra che rischia di perpetuarsi.

Tutti devono rinunciare alla violenza e accettare la via dell’accordo. Sembra solamente un bel pensiero, ma è la lezione di cinque anni di guerra. La lezione di Aleppo e dei suoi dolori. Con la guerra si è perso tutto. Anche i vincitori – se ci saranno – verranno travolti dalle conseguenze di anni spietati, che hanno distrutto un popolo e una terra. Ad Aleppo, nel secondo decennio del XXI secolo, abbiamo visto come la guerra è follia più grande, perché è – diceva Giovanni Paolo II – «un’avventura senza ritorno». Questa è la lezione del martirio di Aleppo al nostro tempo, tentato di riabilitare lo "strumento" della guerra.


Parte terza
Da Sarajevo ad Aleppo: i nodi irrisolti della Prima guerra mondiale
Articolo da Limes, rivista di geopolitica
La caduta di Aleppo non porrà fine alla guerra civile in Siria

[Carta Laura Canali]
15/12/2016
La natura artificiale del paese, l’agenda delle potenze mediorientali e mondiali e la non inclusività del governo di Assad ostacolano la conclusione del conflitto. Lo Stato Islamico pronto a cambiare bandiera e forma.

Con la semi-definitiva resa di gran parte dei ribelli, la città di Aleppo è a un passo dal tornare nelle mani del regime di Damasco.

Così al-Asad rientrerà in controllo di tutti i principali centri urbani del paese, vincitore militare della guerra civile siriana.

Eppure l’insurrezione armata è destinata proseguire ancora a lungo. Finché resterà la volontà della popolazione sunnita di acquisire quote di potere e finché le principali potenze mediorientali non accetteranno il ripristino dello status quo.

Con la ritirata dei guerriglieri sunniti (legati ad al-Qaida, alle petromonarchie del Golfo e ad alcuni apparati statunitensi), Aleppo è già nella disponibilità del regime alauita, salvo alcuni quartieri nella parte orientale della città. Con la sua riconquista, la cosiddetta “Siria utile” appartiene nuovamente allo Stato centrale.

A determinare tale esito è stata soprattutto la consapevolezza delle truppe alauite di combattere per la propria sopravvivenza e il sostegno fornito loro da iraniani, libanesi e russi. Nonché la decisione della Casa Bianca di puntellare indirettamente proprio Damasco, svolta perseguita surrettiziamente dall’amministrazione Obama a partire dal 2014 e ora annunciata ufficialmente dall’entrante presidenza Trump.

Nelle prossime settimane le truppe lealiste completeranno la bonifica dei territori e delle enclaves poste intorno alle principali città (Damasco, Homs, Aleppo), rinsaldando inoltre le loro posizioni sulla fascia costiera, heartland alauita. Ma l’insurrezione non terminerà.

Non solo perché le Forze Armate del regime, comprese le milizie sciite straniere, sono troppo logorate per sedare definitivamente la rivolta. Né soltanto perché i russi nel medio periodo ridurranno gli sforzi bellici, specie se l’amministrazione Trump dovesse (apparentemente) consentire a Mosca di utilizzare in Ucraina il credito acquisito in Siria.


carta di Laura Canali

La sollevazione si manterrà endemica soprattutto a causa della natura artificiale della Siria, dell’agenda delle nazioni mediorientali e della non inclusività del governo damasceno.

La maggioranza della popolazione siriana, di confessione sunnita, continuerà a perseguire militarmente (in forma di milizia o tribale) un maggiore riconoscimento delle sue istanze da parte della minoranza governativa di fede sciita-alauita. Con il sostegno finanziario e logistico delle principali potenze del Golfo (Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi), tuttora intenzionate a sottrarre ciò che residua della Siria all’influenza iraniana, peraltro destinata ad aumentare a causa delle immense difficoltà finanziarie di al-Asad.

Così lo Stato Islamico, altra dimensione del malumore sunnita, resterà a lungo al suo posto, nonostante la composita offensiva militare lanciata ai suoi danni. Capace anche di mutare bandiera e forma, sopravvivendo in quanto soggetto politico.

Mentre la Turchia, destinata a rincorrere le proprie ambizioni imperiali, vorrà annettersi informalmente parte del territorio siriano, in contemporanea con la battaglia di Mosul in Iraq, anche per impedire ai curdi del Rojava di allacciarsi al Kurdistan interno.

Ineludibili ragioni strutturali e geopolitiche che determineranno il proseguimento delle ostilità siriane. Anche dopo la caduta di Aleppo.

Parte quarta
Le questioni mediorientali nelle carte storiche e geopolitiche. Dall’impero ottomano alla Turchia attuale







Parte quinta
Informazioni su Aleppo, una delle più antiche città del mondo
Aleppo (Arabo حلب, Ḥalab), detta anche "la bigia" (al-Shahbāʾ), è una città della Siria settentrionale, ed è soprannominata La capitale del Nord.
Secondo il censimento ufficiale della popolazione del 1994 (anche secondo la stima del 2007), Aleppo è la città più popolosa della Siria, con 1.900.000 abitanti, e supera la capitale del paese, Damasco, abitata da 1.669.000 persone.
La popolazione è variegata e include arabi, armeni, curdi, circassi e turchi. Inoltre Aleppo, con 300.000 cristiani di dieci diverse confessioni, è la terza maggiore città cristiana del mondo arabo, dopo Beirut e Il Cairo.
È una delle più antiche città del mondo abitata ininterrottamente dall'antichità. Occupa una posizione strategica a metà strada tra il mare e l'Eufrate; inizialmente era costruita su un piccolo gruppo di colline, in una vallata ampia e fertile, su entrambe le rive del fiume Oweq. La sua provincia si estende attorno alla città per oltre 16.000 km² e conta circa 3,7 milioni di abitanti.
Nell'anno 2006 Aleppo è stata la prima città a fregiarsi del titolo di "Capitale culturale del mondo islamico".
A partire dal 2012, Aleppo è stata coinvolta nella guerra civile siriana, diventando il centro di una prolungata battaglia che ha portato alla divisione della città tra una parte occidentale controllata dal governo e una parte orientale controllata dai ribelli, con la conseguente fuga di molti civili.
(testo da Wikipedia)

Parte sesta
Dalle indicazioni nazionali per il curricolo 2012
Le discipline sono da intendersi “come punti di vista sulla realtà e come modalità di conoscenza, interpretazione e rappresentazione del mondo (…). I libri, le attività laboratoriali, in classe e fuori, e l’utilizzazione dei media ampliano e consolidano la conoscenza e il senso della storia”.

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