La guerra in Siria e i
bambini di Aleppo
(La foto di Omram Daqneesh, il bambino
nell'ambulanza di Aleppo divenuto simbolo dell'orrore della guerra in Siria)
Quanto avvenuto in Siria
negli ultimi cinque anni è stato uno scandalo per l’umanità, il punto più basso
della storia dal 1945
Attività proposta nella classe 3
di Bruno Trevellin,
docente
Parte prima
Reportage
fotografico da un articolo di Avvenire
e da internet
Da Avvenire
Siria. Quel che resta di Aleppo patrimonio Unesco
Foto Lapresse mercoledì 14 dicembre 2016
Resti di bombe davanti all'antica Cittadella, simbolo dell'Aleppo che fu.
Semidistrutta la moschea degli Omayyadi, gioiello architettonico del XII
secolo. Scheletri di edifici e macerie
L'antica Cittadella, simbolo di Aleppo. Dopo la riconquista l'esercito di
Damasco ha condotto giornalisti e fotografi tra le rovine dei monumenti della
seconda città siriana, riconosciuta dall'Unesco patrimonio dell'umanità
Il cortile della moschea degli Omayyadi, risalente all'VIII secolo ma
ricostruita nel XII dopo un incendio. Il minareto del 1090 è andato distrutto
nel 2013
Soldati nel cortile della moschea pavimentato in marmo giallo e nero. È
detta anche moschea di Zaccaria perché conserva un reliquiario con resti che
per i musulmani appartengono al padre di Giovanni Battista, considerato un
profeta
Resti di una bomba davanti all'ingresso della Cittadella
La bandiera siriana issata sulle macerie della grande moschea degli
Omayyadi
Soldati davanti alle porte d'ingresso della moschea decorate con pregevoli
intarsi
Il cortile della moschea invaso dalle macerie
Un soldato mostra ai giornalisti il camminamento all'interno della
Cittadella
Dall'alto della Cittadella, che sorge su una collinetta artificiale, si
scorgono solo desolazione e rovine
Edifici sventrati nel quartiere al-Shaar, rimasto sotto il controllo del
governo di Damasco
C'è ancora vita nei quartieri di Aleppo Vecchia fino all'ultimo in mano ai
ribelli
Un carrarmato rovesciato nei pressi della moschea degli Omayyadi
(Aleppo,
prima della guerra)
Parte seconda
Un giudizio
sulla follia della guerra
Articolo da Avvenire
Aleppo segno di ogni guerra. Nessuno vince
Andrea Riccardi sabato 17 dicembre 2016
Aleppo è il simbolo d’una guerra assurda, quella in
Siria che ha causato più di 600mila morti e milioni e milioni di sfollati.
(Tutte le foto sono di
Lapresse)
Aleppo è stata
uccisa da una guerra combattuta tra case, monumenti, ospedali. Una lunga agonia:
dal luglio 2012. Il tempo è passato senza pietà, straziando la vita degli
uomini e delle donne figli di questa città speciale, antichissima, e
cosmopolita. Nessun attore del conflitto ha avuto la forza o l’intelligenza di
trovare la strada per metter fine a questa follia. Tutti erano (e sono)
aggrovigliati in una ragnatela d’interessi contrastanti. Il tempo è passato e
ad Aleppo si è continuato a combattere. Il dramma è durato quattro
lunghi e terribili anni – anzi quattro e mezzo – in cui ogni giorno ha portato
la sua dose di morte, dolore, sofferenza e fame. Aleppo è il simbolo
d’una guerra assurda, quella in Siria che ha causato più di 600mila
morti e milioni e milioni di sfollati. Ricordo le obiezioni sciocche quando
lanciai l’appello Save Aleppo nel 2014. La più assillante: "Perché
solo questa città?". Perché Aleppo è il simbolo e la realtà più
amara di questa guerra folle e, come ci ricorda incessantemente papa Francesco,
di ogni follia guerresca.
Non si è fatto nulla o davvero poco e con scarsa determinazione per la pace e per Aleppo. Oggi, la città giace disfatta, sventrata, violata: un tempo abitata da quasi due milioni di abitanti (di cui 300.000 cristiani), città dell’incontro, patrimonio dell’umanità per l’Unesco, testimone di una lunghissima storia e di una grande civiltà. L’hanno distrutta e non ritornerà mai più quella che era. Era la città-simbolo del vivere insieme per secoli, anche nei momenti più duri della sua storia. Vivere insieme era scritto nelle sue radici ed era l’anima del suo popolo. Città della moschea, della chiesa e della sinagoga: città del suk, del mercato, dell’incontro e dello scambio.
Quale sarà il futuro? Non ricomincerà facilmente la vita insieme in Siria. Del resto, Daesh è tornato sulla scena in forma aggressiva. Mentre le truppe di Assad conquistavano Aleppo, Daesh riprendeva Palmira, lo scrigno archeologico nel deserto siriano (la cui liberazione era apparsa una svolta nella guerra). Si combatterà ancora, purtroppo. E poi ci sono abissi di diffidenza. Molti non si fidano del regime e dei suoi alleati. L’hanno detto chiaramente dalla rivolta dal marzo 2011. L’abisso si è allargato tra governo e popolo con tanti morti, scomparsi e torturati. Tanti sono fuggiti, alcuni costretti dalla guerra, ma altri rifiutando di vivere in questa Siria. I cristiani si sono sentiti rispettati e protetti solo da Assad o hanno lasciato il Paese. Questo governo oggi è meno che mai in grado di unificare il Paese, ma terrà nelle sue mani la Siria "utile", quella delle città e delle regioni che gli interessano.
D'altra parte, molti non si fidano della ribellione,
così divisa. I capi dei ribelli sono stati, in buona parte, nelle mani dei
burattinai internazionali. Con la caduta di Aleppo, le forze della
ribellione sono state sospinte in città minori e nelle campagne. Potranno
resistere, ma vincere è impossibile, anche perché il regime è sostenuto da
russi, iraniani, hezbollah. E poi quale ribellione come interlocutore? Quella
di al-Nusra, ex al-Qaeda? Quella dell’Esercito libero siriano? Si finirà forse
con una balcanizzazione del Paese. La vittoria di Assad ad Aleppo non
conclude la guerra. In tante parti si combatte ancora. La situazione dei
siriani nei campi rifugiati è disperata. Nella disperazione rischiano di cadere
vittima dei mercanti che, con le traversate "maledette" del
Mediterraneo, promettono futuro, a caro prezzo, spesso la vita.
Non è facile trovare
una via d’uscita, tanto profondi sono gli odi e tanto divisi i vari attori
siriani e internazionali. Manca, innanzi tutto, la coscienza che quanto
avvenuto in Siria negli ultimi cinque anni è stato uno scandalo per
l’umanità, il punto più basso - o uno dei punti più bassi? - della storia dal
1945. Credere questo dovrebbe spingere a soluzioni che riportino un po’ di
umanità in Siria. Il nuovo presidente americano e, con lui, tutti gli
attori internazionali devono responsabilizzarsi decisamente di fronte a una
guerra che rischia di perpetuarsi.
Tutti devono rinunciare alla violenza e accettare la
via dell’accordo. Sembra solamente un bel pensiero, ma è la lezione di cinque
anni di guerra. La lezione di Aleppo e dei suoi dolori. Con la guerra si
è perso tutto. Anche i vincitori – se ci saranno – verranno travolti dalle
conseguenze di anni spietati, che hanno distrutto un popolo e una terra. Ad
Aleppo, nel secondo decennio del XXI secolo, abbiamo visto come la guerra è
follia più grande, perché è – diceva Giovanni Paolo II – «un’avventura senza
ritorno». Questa è la lezione del martirio di Aleppo al nostro tempo,
tentato di riabilitare lo "strumento" della guerra.
Parte terza
Da Sarajevo ad Aleppo: i nodi
irrisolti della Prima guerra mondiale
Articolo da Limes, rivista di geopolitica
La caduta di Aleppo non porrà
fine alla guerra civile in Siria
[Carta Laura
Canali]
15/12/2016
La natura artificiale
del paese, l’agenda delle potenze mediorientali e mondiali e la non inclusività
del governo di Assad ostacolano la conclusione del conflitto. Lo Stato Islamico
pronto a cambiare bandiera e forma.
di Dario Fabbri
Con la semi-definitiva
resa di gran
parte dei ribelli, la città di Aleppo è a un passo dal tornare nelle
mani del regime di Damasco.
Così al-Asad rientrerà in
controllo di tutti i principali centri urbani del paese, vincitore
militare della guerra civile siriana.
Eppure l’insurrezione
armata è destinata proseguire ancora a lungo. Finché resterà la
volontà della popolazione
sunnita di acquisire quote di potere e finché le principali potenze mediorientali
non accetteranno il ripristino dello status quo.
Con la ritirata dei
guerriglieri sunniti (legati ad al-Qaida, alle petromonarchie del Golfo e
ad alcuni apparati statunitensi), Aleppo è già nella disponibilità del regime
alauita, salvo alcuni quartieri nella parte orientale della città. Con la sua
riconquista, la cosiddetta “Siria utile” appartiene nuovamente allo Stato
centrale.
A determinare tale
esito è stata soprattutto la consapevolezza delle truppe alauite di combattere
per la propria sopravvivenza e il sostegno fornito loro da iraniani, libanesi e
russi. Nonché la decisione della Casa Bianca di puntellare indirettamente
proprio Damasco, svolta perseguita surrettiziamente dall’amministrazione Obama
a partire dal 2014 e ora annunciata ufficialmente dall’entrante presidenza
Trump.
Nelle prossime
settimane le truppe lealiste completeranno la bonifica dei territori
e delle enclaves poste intorno alle principali città (Damasco, Homs,
Aleppo), rinsaldando inoltre le loro posizioni sulla fascia costiera, heartland
alauita. Ma l’insurrezione non terminerà.
Non solo perché le
Forze Armate del regime, comprese le milizie sciite straniere, sono troppo
logorate per sedare definitivamente la rivolta. Né soltanto perché i russi nel medio
periodo ridurranno gli sforzi bellici, specie se l’amministrazione Trump
dovesse (apparentemente) consentire a Mosca di utilizzare in Ucraina il credito
acquisito in Siria.
carta di Laura Canali
La sollevazione si
manterrà endemica soprattutto a causa della natura artificiale della
Siria, dell’agenda delle nazioni mediorientali e della non inclusività del
governo damasceno.
La maggioranza della
popolazione siriana, di confessione sunnita, continuerà a
perseguire militarmente (in forma di milizia o tribale) un maggiore
riconoscimento delle sue istanze da parte della minoranza governativa di fede
sciita-alauita. Con il sostegno finanziario e logistico delle principali potenze
del Golfo (Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi), tuttora intenzionate a
sottrarre ciò che residua della Siria all’influenza
iraniana, peraltro destinata ad aumentare a causa delle immense difficoltà
finanziarie di al-Asad.
Così lo Stato Islamico, altra
dimensione del malumore sunnita, resterà a lungo al suo posto, nonostante la
composita offensiva militare lanciata ai suoi danni. Capace anche di mutare
bandiera e forma, sopravvivendo in quanto soggetto politico.
Mentre la Turchia,
destinata a rincorrere le proprie
ambizioni imperiali, vorrà annettersi informalmente parte del territorio
siriano, in contemporanea con la battaglia di Mosul in Iraq, anche per impedire
ai curdi del
Rojava di allacciarsi al Kurdistan interno.
Ineludibili ragioni
strutturali e geopolitiche che determineranno il proseguimento delle ostilità
siriane. Anche dopo la caduta di Aleppo.
Parte quarta
Le questioni mediorientali nelle
carte storiche e geopolitiche. Dall’impero ottomano alla Turchia attuale
Parte quinta
Informazioni su Aleppo, una delle
più antiche città del mondo
Aleppo
(Arabo حلب,
Ḥalab), detta anche "la bigia" (al-Shahbāʾ), è una
città della Siria
settentrionale, ed è soprannominata La
capitale del Nord.
Secondo il censimento ufficiale della popolazione del 1994
(anche secondo la stima del 2007), Aleppo è la città più popolosa della Siria,
con 1.900.000 abitanti, e supera la capitale del paese, Damasco,
abitata da 1.669.000 persone.
La popolazione è variegata e include arabi,
armeni,
curdi,
circassi
e turchi.
Inoltre Aleppo, con 300.000 cristiani
di dieci diverse confessioni, è la terza maggiore città cristiana del mondo arabo,
dopo Beirut
e Il Cairo.
È una delle più antiche città del mondo abitata ininterrottamente
dall'antichità. Occupa una posizione strategica a metà strada tra il mare e l'Eufrate;
inizialmente era costruita su un piccolo gruppo di colline, in una vallata
ampia e fertile, su entrambe le rive del fiume Oweq. La sua provincia si estende
attorno alla città per oltre 16.000 km² e conta circa 3,7 milioni di
abitanti.
Nell'anno 2006
Aleppo è stata la prima città a fregiarsi del titolo di "Capitale
culturale del mondo islamico".
A partire dal 2012, Aleppo è stata coinvolta nella guerra
civile siriana, diventando il centro di una prolungata battaglia
che ha portato alla divisione della città tra una parte occidentale controllata
dal governo e una parte orientale controllata dai ribelli, con la conseguente
fuga di molti civili.
(testo da Wikipedia)
Parte
sesta
Dalle
indicazioni nazionali per il curricolo 2012
Le discipline sono da intendersi “come punti di vista sulla realtà
e come modalità di conoscenza, interpretazione e rappresentazione del mondo (…).
I libri, le attività laboratoriali, in classe e fuori, e l’utilizzazione dei
media ampliano e consolidano la conoscenza e il senso della storia”.
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