martedì 9 agosto 2016

Limena che non c'è. Il treno e la stazione ferroviaria di Limena. Azioni didattiche per la ricerca di persone e luoghi scomparsi (o dimenticati)



Il treno ha fischiato. La ferrovia Padova-Piazzola-Carmignano
Attività realizzata in una classe seconda
di Bruno Trevellin, docente
Una novella di Pirandello, un ricordo d’infanzia, alcune foto d’epoca, un’uscita sul territorio, un libro

Il treno ha fischiato

(Luigi Pirandello)

Abbiamo iniziato così in classe, aprendo la LIM e leggendo la novella di Pirandello Il treno ha fischiato. La novella è stata pubblicata per la prima volta sul Corriere della sera nel 1914. Il protagonista, Belluca, piace subito: è così infelice e… così ‘pazzo’ che, “d’improvviso, nel silenzio profondo della notte, aveva sentito, da lontano, fischiare un treno (…) C’era, ah! c’era, fuori di quella casa orrenda, fuori di tutti i suoi tormenti, c’era il mondo, tanto, tanto mondo lontano, a cui quel treno s’avviava... Firenze, Bologna, Torino, Venezia... tante città, in cui egli da giovine era stato e che ancora, certo, in quella notte sfavillavano di luci sulla terra”.
Quando propongo alle mie classi questa novella non posso fare a meno di riandare a un ricordo della mia infanzia, quando da piccolo passavo la notte dai nonni materni nella campagna di Sarmeola (Rubano). Immerso in quel silenzio sentivo anch’io il treno fischiare, quello che passava sulla ferrata tra Bosco di Rubano e Villaguattera. Mia nonna mi diceva che andava a Venezia o a Milano, città che io non avevo mai visto. Quando tornavo a casa, a Taggì di Sopra, mi sembrava di continuare a sentirlo anche nelle notti successive. E questo glielo racconto ai miei ragazzi.
Anche a Limena per quasi mezzo secolo, dal 1911 al 1958, hanno sentito il treno fischiare, anzi hanno visto il treno passare e forse, come Belluca, hanno sognato di andare lontano, in città mai viste, in continenti sentiti solo nominare.
Pochi però oggi sanno che per Limena passava il treno, solo i più vecchi, e se sono originari di Limena.

Una foto d’epoca

(foto Martinello, il treno in centro a Limena)

La foto qui sopra è il miglior documento che attesti il passaggio del treno per il centro di Limena. Non si vedono automobili, solo biciclette. E il treno che transita su piazza Diaz in direzione Piazzola. La foto si trova nel libro di Renato Martinello, La memoria ritrovata (2004), altre le si possono vedere, ingrandite, appese sopra il bancone del bar della piazza, frequentatissimo dai limenesi. Non potevano avere (le foto) una sistemazione più adatta: lì davanti passava il treno!

(foto Marinello, il treno mentre passa in piazza Diaz)

(foto Martinello, sede ferroviaria e stazione di Limena con il treno in arrivo)

(foto Martinello, il treno ha appena attraversato il ponte sul Brentella)

Ma del treno a Limena oggi non resta più nulla, neanche un relitto di rotaia.
Resta però la vecchia stazione. Quella sì si può ancora vedere e merita un sopralluogo.

Uscita sul territorio con tablet o telefonino
Con un’uscita di un’ora è possibile recarsi alla stazione su via Roma (all’altezza della zona residenziale Arcobaleno). È stata da poco restaurata in modo pregevole. Le foto sottostanti la mostrano prima e dopo il restauro. Siamo usciti per vederla, per fotografarla, per guardare il lungo rettilineo dove passava il treno. 






Rientriamo in classe
Il lavoro in classe è stato di approfondimento sulla ferrovia, in particolare su ciò che riguardava più direttamente Limena.
I ragazzi sono stati guidati alla ricerca di siti online che parlassero del nostro treno.
In wikipedia si trovano informazioni essenziali sulla nostra linea. Da là abbiamo appreso alcune indicazioni tecniche, un po' di storia e informazioni sulla vita di chi l’ha voluta, il conte Camerini.
Scheda tecnica
Lunghezza: 28 km
Apertura: 1911 (Padova–Piazzola) 1923: (Piazzola–Carmignano)
Chiusura: 1958
Elettrificazione: no
Diramazioni: Bivio Carbogna–Carturo (solo merci, 1925-1958).


Un po' di storia della tratta ferroviaria
La costruzione di una ferrovia tra Padova e Piazzola sul Brenta si deve al conte Paolo Camerini, il quale aveva attuato un piano di industrializzazione della cittadina veneta con la costruzione, tra le altre, di una centrale elettrica, due fornaci per laterizi, una fabbrica di acido solforico, una di concimi chimici, un cementificio e uno iutificio.
Nel 1908 la Società anonima per la ferrovia Padova-Piazzola, con sede a Padova, ottenne la concessione della linea (...) La ferrovia fu costruita dalla ditta Aurelio Gallegari di Parma e inaugurata il 2 aprile 1911.
Durante la Prima guerra mondiale la linea, situata nelle retrovie, fu impiegata per il trasporto dei militari in riposo e delle merci per i fronti del Grappa e degli altipiani di Asiago.
Il 6 dicembre 1923 fu inaugurato il prolungamento (concesso l'anno precedente), della linea da Piazzola a Carmignano di Brenta, congiungendosi alla ferrovia Vicenza-Treviso. Camerini progettò di prolungare la linea sino a Thiene: per ragioni politiche tale prolungamento non fu attuato e la società ferroviaria finì nelle mani della Banca Commerciale Italiana.
Con lo scoppio del secondo conflitto mondiale il personale della ferrovia fu militarizzato, e la ferrovia subì pesanti danni: il 16 dicembre 1943 la stazione capolinea di Padova Borgo Magno fu bombardata e gravemente danneggiata, e il 24 ottobre 1944, in un altro bombardamento, fu distrutto parte del materiale rotabile.
Terminata la guerra la linea fu ricostruita, ma la diffusione dei trasporti su gomma e il fatto che la ferrovia fosse in sede promiscua, attraversando l'abitato di Limena, portarono dal 1951 a sostituire parte delle corse ferroviarie con autobus. Con atto del 26 agosto 1958 il Ministro dei trasporti Armando Angelini decretò la trasformazione della ferrovia in autolinea, attuata dall’ 1 gennaio 1959.
(informazioni tratte da wikipedia e raffrontate con il testo di M. Santinello, La ferrovia Padova-Piazzola-Carmignano, 1980)

Biografia essenziale del proprietario e fondatore Paolo Camerini


CAMERINI, Paolo. - Figlio di Luigi e di Fanny Fava, nacque a Padova il 29 luglio 1868. Rimasto a sedici anni orfano del padre, compì sollecitamente gli studi, con forte senso del dovere. Diresse anzi l'Associazione universitaria e fondò nell'89 il settimanale satirico LoStudente, per laurearsi in legge nel '91 con una tesi dal tema "I doveri del ricco proprietario di fronte alla ricchezza nazionale e ai lavoratori del suolo".
Assumendo ventunenne la direzione della proprietà paterna, di oltre 100.000 ettari di terra, diede inizio a grandiosi lavori che trasformarono le condizioni di vita di Piazzola sul Brenta, mentre introdusse migliorie negli altri possessi e realizzò grandi lavori di bonifica nel delta padano.
A Piazzola volle attuare un progetto agricolo-industriale, per il quale vennero demoliti i "casoni" (abitazioni rurali dal tetto di paglia), suddivisa la proprietà in appezzamenti regolari, costruite case coloniche, stalle, strade e canali d'irrigazione. I contadini dovevano prestare la loro opera nei campi, nell'allevamento e nelle nuove industrie locali. Perciò venne eretta una centrale elettrica di 500 cavalli-vapore, poi una e due fornaci per laterizi, capaci d'una produzione di 4-5 milioni di mattoni all'anno, una fabbrica d'acido solforico (100.000 quintali), una di concimi chimici (150.000 quintali di perfosfato) che fu la prima del Veneto, un cementificio e uno iutificio. Il palazzo Contarini venne riportato al primitivo splendore, con la demolizione delle parti aggiunte e il ripristino delle logge, la decorazione interna e l'arredamento, una pinacoteca e una ricca biblioteca. Le risaie contermini vennero convertite in parco, con lago e isoletta, dove fu collocato un pregevole Cristo in bronzo di L. Bistolfi.
Il C. volle pure ampliare i redditizi cantieri per lo scavo della ghiaia del Brenta e dar vita a una fabbrica di conserve alimentari, ad alcune officine per riparazioni meccaniche, una segheria, una fabbrica di zoccoli, un mulino, essiccatoi per il tabacco, una latteria con caseificio, una fabbrica di ghiaccio, due filande di seta.
Il piccolo paese agricolo crebbe rapidamente divenendo il centro più produttivo della provincia; in poco più di dieci anni sorsero un centinaio di case coloniche, e inoltre bagni pubblici, un albergo, palestre e sale di riunione, municipio, dormitorio, scuole ed asilo infantile. La popolazione, che nel '90 contava 1.900 abitanti, salì nel 1914 ad oltre 4.000, e nel comune passò dai 5.500 a oltre diecimila. Inoltre nel 1911 venne inaugurato il tronco ferroviario Padova-Piazzola, voluto dal C. e gestito da una Società anonima con capitale sociale di un milione di lire. Per la sua attività, il C. fu fatto nel 1902 cavaliere del lavoro; egli suscitò gli entusiasmi del poeta G. Bertacchi e si valse dei consigli di A. Moschetti in materia d'arte e di D. Sbrozzi in materia d'agricoltura.
Il C. era un convinto sostenitore dell'istruzione primaria e professionale gratuita, del suffragio universale, delle autonomie comunali e della riforma tributaria sulla base dell'imposta progressiva. Fondatore con G. Alessio e F. Squarzina del circolo "B. Cairoli", fu eletto fin dal '92 consigliere comunale di Padova e consigliere provinciale di Rovigo. Come candidato liberale progressista si presentò alle elezioni suppletive del 10 giugno 1903 nel collegio di Este-Monselice, e venne eletto (…). Sedette alla Camera dal 1903 al '13 (…).
Fu tra i fondatori della cattedra ambulante d'agricoltura, presiedette la Camera di commercio di Padova nel biennio 1902-1903 e la Cassa di risparmio nel periodo 1901-1912. Favorevole alla guerra di Libia e all'espansione economica italiana, nel 1913 ripresentatosi candidato alle elezioni politiche a suffragio allargato, venne battuto dal cattolico E. Arrigoni. Allo scoppio della guerra mondiale fece parte della redazione dell'Intervento, settimanale in cui trattò il problema di Fiume, e del Comitato "Pro Patria" che organizzò il grande congresso nazionale del 7 febbraio 1915 per l'intervento.
Nella crisi del dopoguerra, molte delle imprese industriali del C., che avevano avuto rapido ma precario sviluppo, dovettero cessare o passarono in altre mani. Per suo intervento fu costruito però il ponte sul Brenta fra Piazzola e Campo San Martino e la ferrovia fa prolungata a Carmignano; lo iutificio s'ingrandì e occupò 1.100 operai; metà del patrimonio terriero dovette invece essere venduta.
Il C., pur formulando ancora progetti per Piazzola, dedicò maggiori cure all'arte e agli studi: fece restaurare il suo palazzo di Padova, nel '23 ospitò a Piazzola il congresso della "Dante Alighieri" ed ivi innalzò il monumento Alla virtù della nostra gente; nel '25, pur restando alieno al regime imperante, fu nominato duca per meriti agricolo-industriali (...).
Abbandonò gradualmente gli affari e nel '33 cedette anche lo iutificio; attese invece fino agli ultimi anni, con l'aiuto del figlio Luigi e di A. Cioni, alla compilazione degli Annali dei Giunti (pubbl. nel 1962-63 nella Biblioteca bibliogr. italiana). Il C. morì a Piazzola il 18 nov. 1937.
(informazioni biografiche ricavate dal sito ww.treccani.it/enciclopedia/paolo-camerini_(Dizionario-Biografico)/


Un libro sulla nostra ferrovia
Il libro di Mario Santinello, La ferrovia Padova-piazzola-Carmignano (1980) è stato l’altro strumento utilizzato per il lavoro di approfondimento in classe. Il testo è ricco di notizie, di dati e di foto. Ne proponiamo tre immagini e soprattutto le considerazioni sul porto fluviale progettato su Limena e le motivazioni della chiusura della tratta ferroviaria, sempre per i problemi che creava nell’attraversamento del nostro comune.
L'inaugurazione della ferrovia nella stampa dell'epoca:

(prima pagina del giornale “Il Veneto” che annuncia l’inaugurazione della nuova ferrovia Padova-Piazzola)

(la percorrenza)

(un orario del 1923)

Da Limena al mare: il porto fluviale sul Brentella

A Limena, leggiamo sempre nel libro di Santinello (p. 35), “si prevedeva di costruire lungo il canale Brentella una vera e propria banchina di attracco per le barche, munita di binari di raccordo con la ferrovia. Lo scalo, così concepito, mirava a mettere in comunicazione col mare tutta la parte nord della provincia di Padova. Un’opera di tale importanza (…) doveva entrare in funzione contemporaneamente all’inaugurazione della linea”. Il progetto si rivelò troppo ambizioso, al punto che “arrivò in porto successivamente, ma a scartamento ridotto”. Una foto (da cartolina) che mostra questo raccordo si trova appesa nel bar della piazza. 
Quel raccordo comunque servì per trasportare i macchinari agricoli prodotti dalla fabbrica Garolla e per il trasporto di vino prodotto a Limena per mezzo di vagoni cisterna (p. 53 Santinello).
La realizzazione di quel porto avrebbe significato per Limena una storia urbanistica e sociale decisamente diversa da quella che poi è stata. Il sistema intermodale ferrovia-canale non decollò e negli anni successivi lo sviluppo industriale di Limena si realizzò a sud, vicino all’autostrada.

I limenesi contro la ferrovia

Soprattutto negli anni ’50 diventa insostenibile l’uso promiscuo della percorrenza ferroviaria e della strada statale 47 (Valsugana). Gli incidenti sono sempre più numerosi. Si legge per esempio, sempre nel libro di Santinello, a oggi lo studio più completo e appassionato sulla nostra ferrovia, che una sera, evitato per miracolo uno scontro tra un camion e il treno proprio in centro a Limena, “fra uno stridio di freni e un incrociarsi di segnali acustici” dalla piazza si alzarono “grida ostili e insensate contro il treno”. Ma i limenesi di una certa età sanno di numerosi altri incidenti, anche di persone finite sotto il treno.


               



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