domenica 24 settembre 2017

Settembre nella poesia e nella canzone



Settembre nella poesia e nella canzone
Attività realizzata nella classe 3 A, (settembre 2017)
Parte prima: tre poesie su settembre
Gabriele D’Annunzio, I PASTORI
Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d’acqua natìa
rimanga ne’ cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!

Ora lungh’esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l’aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquìo, calpestìo, dolci romori.

Ah, perché non son io co’ miei pastori?




Un esempio di lettura de ‘I pastori’ da youtube




Hermann Hesse, SETTEMBRE
Triste il giardino: fresca
scende ai fiori la pioggia.
Silenziosa trema
l’estate, declinando alla sua fine.


Gocciano foglie d’oro
giù dalla grande acacia.
Ride attonita e smorta
l’estate dentro il suo morente sogno.


S’attarda tra le rose,
pensando alla sua pace;
lentamente socchiude
i grandi occhi pesanti di stanchezza.


September
Der Garten trauert,
Kühl sinkt in die Blumen der Regen.
Der Sommer schauert
Still seinem Ende entgegen.
Golden tropft Blatt um Blatt
Nieder vom hohen Akazienbaum.
Sommer lächelt erstaunt und matt
in den sterbenden Gartentraum.
Lange noch bei den Rosen
Bleibt er stehen, sehnt sich nach Ruh.
Langsam tut er die grossen
Müdgewordenen Augen zu.


(H. Hesse, Albero, case, 1922, acquarello e grafite)


Bruno Trevellin, PIOGGIA DI SETTEMBRE

Fresca cade con rintocchi
Su grondaie e coppi, con risuoni
Sui campi che gialli sono di soia
Rigonfi di uve nere e d’oro
Sotto un basso cielo mattutino
Che ha rincorse di fumi cinerini 

È una pioggia nuova di settembre
Senza lampi di spavento e tuoni
Che tutto ci porta di questo tempo
Un invito mite e cortese, un richiamo
A togliere, mietere e sarchiare
Con lavori lieti –gli stessi
Che hanno umide fatiche
Di ripassi e di ritocchi







Parte seconda: due canzoni su settembre
Il bene che ci siamo voluti noi due
è un taxi e si ferma qui
io stavo bene nelle tue mani
non avrei chiesto mai niente di più
ma in questo giorno che comincia a Settembre
ti abbraccio e mi manchi.

Arrivederci allora ragazza più forte di me
tenera è la notte ma la vita è anche meglio
di questo momento che te ne vai
tu non parlare che si calma il dolore
dopo è solo tempo.

Questa è la pioggia che deve cadere
sulle piccole scene di addio
siamo solo noi fra milioni e milioni
benvenuto anche il tuo nome
fra le future nostalgie.

Se questo può farti felice
più confuso di così non sarò
tutto andrà bene ci possiamo fidare
chiamami ogni tanto se vuoi.
Da questo giorno che comincia a Settembre
chiamami quando vuoi.





Premiata Forneria Marconi (PFM), IMPRESSIONI DI SETTEMBRE 
https://www.youtube.com/watch?v=OzbDUbu1lMM 
(di Mauro Pagani, Franco Mussida, Giulio Rapetti Mogol)

Quante gocce di rugiada intorno a me
Cerco il sole ma non c'è
Dorme ancora la campagna, forse no
è sveglia, mi guarda, non so

Già l'odore della terra odor di grano
Sale adagio verso me
E la vita nel mio petto batte piano
Respiro la nebbia, penso a te

Quanto verde tutto intorno e ancor piú in là
Sembra quasi un mare l'erba
E leggero il mio pensiero vola e va
Ho quasi paura che si perda

Un cavallo tende il collo verso il prato
Resta fermo come me
Faccio un passo, lui mi vede, è già fuggito
Respiro la nebbia, penso a te

No, cosa sono adesso non lo so
Sono un uomo, un uomo in cerca di se stesso
No, cosa sono adesso non lo so
Sono solo, solo il suono del mio passo

Ma intanto il sole tra la nebbia filtra già
Il giorno come sempre sarà


Parte terza: un esempio di commento
(da: doc.studenti.it/appunti/italiano/pastori-annunzio.html)
I PASTORI, DI G. D’ANNUNZIO
I pastori è stata scritta da D’Annunzio ed appartiene al genere lirico, attraverso il quale il poeta esprime la nostalgia che prova nei confronti della sua terra natale. Nel complesso la lirica è composta da 4 strofe e un verso sciolto dai 5 versi endecasillabi.
Nella prima strofa il poeta si immedesima in uno dei tanti pastori che con l’arrivo di settembre scendono dai monti per trovare pascoli sulla costa adriatica: il fenomeno della transumanza.

La similitudine ai versi 4-5 paragona il colore verde dei pascoli della montagna al colore che assume il mare nella stagione autunnale. L’autore utilizza l’espressione “i miei pastori” o “andiamo” per evidenziare la consapevolezza di far parte di tale categoria, lasciando trapelare anche un senso di nostalgia provocato dall’abbandono di tali abitudini, e un gran coinvolgimento. Nella seconda strofa c’è continuità tra acqua e terra: i pastori trovano coraggio dall’acqua che sgorga direttamente dai monti e che si trasforma in sangue.
Nell’ultima strofa il poeta riesce a descrivere nei particolari la natura che circonda questi uomini; tutto è in continuo mutamento nonostante le azioni e i gesti dei pastori siano ormai quasi abitudinari, solo l’aria cambia. Al verso 18 è un’altra
metafora che paragona il sole che si accende di un giallo, simile a quello della lana delle pecore che quasi non si distinguono dalla sabbia delle coste adriatiche.

In questo silenzio naturale si percepiscono solo i passi sulla terra e nel mare “i sciacquio e calpestio”, suoni onomatopeici che vogliono permettere al lettore di ascoltarli e renderlo partecipe facendolo immedesimare nella scena.
Con l’espressione “dolci romori” e “ah, perché non son io co’ miei pastori” vengono esaltati ancora una volta la
nostalgia e il rimpianto del poeta per le abitudini degli abruzzesi, uniti ad un desiderio di mutar vita.
Il ritmo è aulico e lento, dovuto ai versi composti di 11 sillabe, ai frequenti segni d’interpunzione e all’uso di innumerevoli enjambement (ai versi 2,4,6,7,14,16,18) che esprimono a livello metrico le inquietudini del poeta.


Parte quarta: espansione del lessico (vocabolario ed espressioni ricercate)

attònito agg. [dal lat. attonĭtus, der. di tonare «tuonare», propr. «stordito dal fragore del tuono»]. – Sbalordito, senza parole, per qualche forte impressione che colpisca l’animo: essere a. per lo stupore, per lo spavento; con occhi a., col volto a.; percossa, attonita La terra al nunzio sta (Manzoni); rimase a. per qualche secondo, poi si scosse come un cane uscito dall’acqua (Primo Levi). Nella critica delle arti figurative, anche di cosa: paesaggio a., atmosfera a., immobile come per stupore.
(da: http://www.treccani.it/vocabolario)

malinconìa (o melanconìa; ant. maninconìa, melancolìa) s. f. [lat. tardo melancholĭa, gr. μελαγχολία, comp. di μέλας «nero» e χολ «bile», propr. «bile nera»; cfr. atrabile]. – 1. a. ant. Nella medicina ippocratica, uno dei quattro umori (umor nero) che costituiscono la natura del corpo umano e ne determinano l’equilibrio organico (dottrina accolta da tutta la medicina antica e trasmessa fino al Rinascimento): quando quello omore che si chiama melanconia sovrastà agli altri, il quale è freddo e secco come la terra, allora si sognano cose paurose e triste (Passavanti). b. Stato d’animo tetro, depresso e accidioso e insieme meditativo e contemplativo, occasionale o abituale, che era attribuito al prevalere di quell’umore rispetto agli altri nella struttura organica dell’individuo (anche dopo abbandonata la teoria fisiologica dei quattro umori il termine ha conservato il suo sign. originario): lasciarsi prendere dalla m.; cupa, nera m.; anche, intimo e profondo dispiacere per desiderio inappagato: o per m. che il falcone aver non potea o per la ’nfermità ... di questa vita passò (Boccaccio). c. In epoca più recente, spec. per influsso romantico, mestizia vaga e rassegnata, dolore raccolto e intimo: dolce, soave m.; M., ninfa gentile (Pindemonte); La mia Vita si gonfia di m. (Penna); la contenuta m. della poesia leopardiana. d. Noia, fastidio, uggia: che m. questa pioggia!; era proprio una m. starlo a sentire. 2. Pensiero, avvenimento, ricordo che rende tristi, depressi e sim.: via queste malinconie!; talvolta mi passano per il capo certe malinconie ... 3. Nel linguaggio medico, è forma meno com. di melancolia o melanconia, come malattia psichica.
(da: http://www.treccani.it/vocabolario)

nostalgìa s. f. [comp. del gr. νόστος «ritorno» e -algia (v. algia)]. – Desiderio acuto di tornare a vivere in un luogo che è stato di soggiorno abituale e che ora è lontano: soffrire di n.; in quei ballabili remoti, scritti su vecchi rigidi dischi, s’annida il grumo indistinto della n. e della gelosia: di quanto si vorrebbe richiamare in vita e non si può, e di quanto invano si vorrebbe non fosse stato (Salvatore Mannuzzu); avere, sentire, provare la n. (una grande, profonda, intensa, acuta, struggente n.) del proprio paese, della patria, della casa, della famiglia. Quando assume forma patologica si chiama nostomania (v.). Per estens., stato d’animo melanconico, causato dal desiderio di persona lontana (o non più in vita) o di cosa non più posseduta, dal rimpianto di condizioni ormai passate, dall’aspirazione a uno stato diverso dall’attuale che si configura comunque lontano: n. degli amici, dell’affetto materno; n. della giovinezza lontana; n. dei tempi passati.

sarchiatura s. f. [der. di sarchiare]. – In agraria, l’operazione del sarchiare, consistente nel lavorare superficialmente la terra per 3-4 cm di profondità, con il sarchio, le zappe o le sarchiatrici, in modo da sminuzzare il terreno e attivare così la respirazione delle radici, attenuare l’evaporazione per capillarità e distruggere le malerbe; è utile soprattutto nei climi aridi e nei terreni più o meno sabbiosi, sia nelle colture erbacee sia in quelle legnose come vite, olivo, alberi da frutto.

smòrto agg. [part. pass. di smorire]. – 1. Che ha perduto il normale colorito del viso, acquistando per malattia, malessere, meraviglia o paura un pallore di morte: farsi, diventare smorto; avere il viso s. o essere s. in viso; Tutto di pièta e di paura smorto (Petrarca); per estens., riferito agli occhi, privo di vitalità o di vita, spento: avere l’occhio smorto. 2. a. estens. Di colori e di cose, che non hanno o non hanno più luminosità, vivacità e definitezza di tono: una tinta troppo s.; un rosso s.; questa stoffa, per un vestito primaverile, è un po’ troppo s.; un gran silenzio per la pianura s. e sassosa (Verga); la luna s. cala sul cielo velato (Deledda); un sole s., debole, che illumina e riscalda poco; ant., di metalli, non lucido, lavorato a superficie opaca: oro, argento smorto. b. fig. Privo di espressività, di vivacità; scolorito, scialbo: figure s., in un quadro o in un’opera letteraria; i paesaggi di quel pittore sono sempre un po’ s.; uno stile smorto. Dim. smortìccio, sempre con valore spreg. o riferito a cose sgradevoli: colore smorticcio.
(da: http://www.treccani.it/vocabolario)

stazzo s. m. [lat. statio «lo stare, dimora»]. – 1. Nella consuetudine della transumanza, lo spazio all’aperto dove si riunisce il bestiame durante la notte, costituito, per i bovini, da un recinto ovoidale o quadrangolare delimitato da un muricciolo di pietre a secco, per gli ovini da un recinto formato da reti di corde, diviso a volte in diversi scompartimenti secondo le categorie di animali: Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori Lascian gli s. e vanno verso il mare (D’Annunzio). 2. ant. Luogo di sosta o di dimora, in genere.
(da: http://www.treccani.it/vocabolario)

transumanza s. f. [dal fr. transhumance, der. di transhumer «transumare»]. – Complesso delle migrazioni stagionali su largo raggio territoriale, e con accentuato dislivello verticale, con cui animali di grossa o media taglia si spostano dalle regioni di pianura alle regioni di montagna e viceversa, spontaneamente o condottivi dall’uomo, percorrendo particolari vie naturali (tratturi) nelle regioni a economia poco sviluppata, trasportate su strade ordinarie con appositi autocarri nelle regioni più sviluppate.
(da: http://www.treccani.it/vocabolario)

Tremolar della marina

Il verso ‘conosce il tremolar della marina’ di D’Annunzio è già in Dante, Purgatorio, I, 117:

L’alba vinceva l’ora mattutina
che fuggia innanzi, sì che di lontano
conobbi il tremolar de la marina

Parte quinta: attività assegnate

-         ascoltare testi poetici e canzoni per coglierne il significato, i temi, l’intenzione comunicativa
-         leggere testi poetici
-         riconoscere figure poetiche
-         imparare a memoria poesie
-         saper parafrasare testi poetici e canzoni
-         saper commentare oralmente
-         scrivere una parafrasi, un commento
-         confrontare testi diversi
-         produrre testi poetici simili
-         cercare informazioni biografiche sugli autori
-         stendere una relazione sul lavoro svolto


(foto: Pecore in transumanza a Limena, Limena, da via Ceresara, dicembre 2016)

(foto: Pecore in transumanza a Limena, Limena, da via Sabbadin, dicembre 2016)

Nessun commento:

Posta un commento