giovedì 3 agosto 2017

Rivolta di Varsavia (agosto-ottobre 1944)



Rivolta di Varsavia (agosto-ottobre 1944)
Con il termine Rivolta di Varsavia si indica l'iniziativa insurrezionale dell'Esercito Nazionale Polacco che fra il 1º agosto ed il 2 ottobre 1944 combatté contro le truppe tedesche di occupazione allo scopo di liberare la città di Varsavia prima dell'arrivo dell'esercito sovietico, giunto ormai alle porte della capitale polacca dopo le grandi vittorie dell'offensiva d'estate sul Fronte orientale.
Il tragico fallimento dell'insurrezione, spietatamente schiacciata dalle forze tedesche dopo due mesi di battaglia cittadina, e soprattutto le cause di questo fallimento, principalmente ricondotte da alcune correnti storiografiche al mancato soccorso ai rivoltosi da parte dell'Armata Rossa, sono tuttora materia di vivaci diatribe storico-politiche.
Gli scontri e il mancato soccorso sovietico
La battaglia trasformò Varsavia in un inferno che colpì duramente la popolazione civile, stretta fra i due fuochi, stremata dall'improvvisa scomparsa di generi alimentari ed oggetto della brutale repressione. Heinrich Himmler, superiore di von dem Bach in qualità di comandante supremo delle SS e responsabile della germanizzazione delle zone occupate dalle forze del Reich, diede ordine di uccidere senza distinzione di età, di sesso e di funzione; i militari tedeschi erano quindi autorizzati a sparare anche ai bambini, alle donne, al personale medico ed ai religiosi, nonché a bombardare e ad incendiare gli edifici senza curarsi di chi li occupava.
Gli omicidi sulla popolazione civile commessi a Varsavia (specialmente nei quartieri di Wola -38 mila persone- Ochota -oltre 10 mila- e di Mokotów) avevano l'intento di distruggere la sua forza vitale e la città come capitale del paese. La gente veniva raccolta nei capannoni delle fabbriche, nelle chiese e in altri grandi edifici e poi uccisa a sangue freddo. A volte venivano uccise intere famiglie con neonati. I cadaveri venivano ammassati in grandi pile a cui poi veniva appiccato il fuoco. A questo lavoro era stato adibito il Verbrennungskommando Warschau, costituito dai prigionieri delle SS.
Lo sperato soccorso sovietico non vi fu, in primo luogo per le difficoltà dell'Armata Rossa sulla riva destra della Vistola (sobborgo varsaviano di Praga), dopo la dura sconfitta subita delle unità corazzate sovietiche, contrattaccate di sorpresa da alcune Panzerdivisionen tedesche (Battaglie di Radzymin e Wolomin del 1º-10 agosto 1944); e inoltre anche per la volontà politica di Stalin di non aiutare la rivolta nazionalista a vantaggio di un successivo insediamento di strutture politico-militari polacche filosovietiche organizzate nel cosiddetto "Comitato di Lublino" e nell'Armia Ludowa.

Fine della rivolta

La resa dell'Esercito Nazionale fu siglata il 2 ottobre 1944 da Komorowski e da von dem Bach. I tedeschi riconobbero agli insorti ed ai civili catturati lo status di prigionieri di guerra, tutelati quindi dalla convenzione di Ginevra, ma imposero la deportazione di quasi mezzo milione di persone in previsione dell'esecuzione di uno dei più insensati ordini di Adolf Hitler: la totale distruzione della città di Varsavia.
«Ogni abitante deve essere ucciso, senza fare prigionieri. Che la città sia rasa al suolo e resti come terribile esempio per l'intera Europa. »
L'attuazione delle condizioni di resa fu surreale: i civili ed i militari polacchi sfilarono orgogliosamente per la città, consegnandosi ai militari tedeschi mentre a pochi chilometri di distanza, oltre la Vistola, stazionava inattivo quello stesso esercito sovietico che altrove stava combattendo vittoriosamente contro la Wehrmacht.
Una volta sgomberata dalla popolazione, Varsavia fu distrutta, casa per casa, da corpi delle SS sottratti al combattimento per tale scopo; solo nel gennaio del 1945 l'Armata Rossa arrivò nella capitale abbandonata dai tedeschi e ridotta in macerie. Il tragico epilogo della rivolta incrinò i rapporti fra gli Alleati ed il governo polacco che il 3 ottobre 1944 rilasciò il seguente comunicato:
« Non abbiamo ricevuto alcun sostegno effettivo... Siamo stati trattati peggio degli alleati di Hitler in Romania, in Italia e in Finlandia. La nostra rivolta avviene in un momento in cui i nostri soldati all’estero stanno contribuendo alla liberazione di Francia, Belgio e Paesi Bassi. Ci riserviamo di non esprimere giudizi su questa tragedia, ma possa la giustizia di Dio pronunciare un verdetto sull’errore terribile col quale la nazione polacca si è scontrata e possa Egli punirne gli artefici. »
La scarsa considerazione che il Comando degli Alleati aveva per le richieste polacche a fronte di quelle russe, del resto, era già stata evidenziata ai tempi della Conferenza di Teheran, avvenuta 9 mesi prima dell'inizio della rivolta, dove Churchill, Stalin e Roosevelt si erano accordati perché la Russia mantenesse i territori polacchi acquisiti nell'invasione del 1939 e inglobasse il resto della Polonia nella propria orbita, ma il governo polacco venne a sapere di tali decisioni solo durante la Conferenza di Yalta, a guerra ormai conclusa.
(informazioni da Wikipedia.org)

La Polonia non morirà
finché noi vivremo.
(inizio dell’inno nazionale polacco, conosciuto come Mazurek Dąbrowskiego (Mazurka di Dąbrowski) scritto ed eseguito per la prima volta nel 1797 a Reggio Emilia da Józef Wybicki, tenente dell’armata polacca del generale Jan Henryk Dąbrowski)


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