Storia da approfondire
Gli Aztechi furono sterminati
dalla salmonella portata dagli invasori al seguito di Cortez
(calo demografico da 25 a 1
milione di abitanti in un secolo)
(L'incontro
fra Cortes e Montezuma)
I ricercatori dell'Istituto Max Planck di Jena hanno
individuato il batterio analizzando il Dna di 29 nativi morti tra 1545 e il
1550. Fino ad oggi c'erano solo ipotesi sul tipo di epidemie che in meno di un
secolo hanno distrutto una civiltà e spianato la strada alla conquista spagnola
di GIOVANNI
GAGLIARDI (da La
Repubblica, 17.02.2017)
Il killer
che nel XVI secolo ha spazzato via la civiltà degli Aztechi ha un nome: la
salmonella. Il batterio venne portato in quello che oggi è il Messico, dai
soldati spagnoli agli ordini di Hernan Cortes. A suggerirlo sono le analisi
fatte sotto la guida di Johannes Krause dell'Istituto Max Planck
dell'università tedesca di Jena, sul Dna di alcune delle vittime. Lo studio è
stato pubblicate su bioRxiv.
Prima dell'arrivo degli europei, l'America era popolata da grandi civiltà che vennero letteralmente spazzate via nel giro di pochi decenni. E' risaputo, anche grazie alle cronache riportate dai missionari al seguito dei militari, che più delle guerre la scomparsa di questi popoli fu dovuta soprattutto allo sbarco di malattie fino a quel momento sconosciute in quei luoghi. Tuttavia si sa poco su quali fossero le cause di queste epidemie. Molti propendevano per morbillo, vaiolo oppure tifo. Uno studio realizzato da ricercatori dell'università Autonoma del Messico aveva suggerito, sulla base dei sintomi descritti nelle cronache e dall'analisi dei resti di alcuni corpi, che la causa dello sterminio fosse stata una forma virale di febbre emorragica ma le conclusioni non trovarono l'accordo con la comunità scientifica. Ora, analizzando il Dna di 29 atzechi deceduti tra 1545 e il 1550, i ricercatori tedeschi hanno individuato la presenza della salmonella.
La malattia ha oggi un tasso di mortalità piuttosto basso ma, secondo i ricercatori, all'epoca il batterio rappresentò una 'novità' per il sistema immunitario dei nativi che ne furono facili vittime. Terribili ondate di epidemie, chiamate localmente 'cocoliztli', provocarono milioni di vittime in pochissimi anni. In base alle cronache, una prima epidemia scoppiò nel 1520-1521 e decimò la popolazione della capitale Tenochtitlan (l'attuale Città del Messico) rivelandosi decisiva per la resa della città. Altre due epidemie, 1545-1548 e 1576-1581 colpirono la Mesoamerica (ovvero i territori di Guatemala, El Salvador e Belize, la parte occidentale dell'Honduras, Nicaragua e Costa Rica), con un bilancio compreso tra gli 8 e i 17 milioni di vittime.
Le popolazioni di intere città sparirono, le terre furono abbandonate, le strade vennero chiuse e gli eserciti distrutti. Gli spagnoli, nel tentativo di aumentare la popolazione in calo verticale, fusero i sopravvissuti delle piccole città integrandoli in quelle più grandi. Questo ruppe il potere delle classi abbienti, eliminando la coesione della società indigena e favorendo anche la diffusione delle malattie. I nativi, infatti, raccolti nelle grandi città si ammalavano più facilmente per le epidemie, a causa dell'alta densità della popolazione.
Quando gli uomini al seguito di Cortes sbarcarono in Messico nel 1519, la popolazione era all'incirca di 25 milioni di persone, l'impero azteco aveva raggiunto la sua massima estensione. I nuovi arrivati furono accolti bene: secondo alcune fonti, l'imperatore Montezuma II e i suoi sudditi pensavano che ci fosse un collegamento con il dio esiliato, Quetzalcoatl, che si diceva sarebbe tornato pallido e con la barba.
Due anni dopo gli Aztechi furono conquistati dalla Spagna, dopo un lungo assedio portato alla capitale, dove buona parte della popolazione morì a causa della fame e delle epidemie. Un secolo dopo, la popolazione locale era scomparsa: in quello che era stato un grande impero rimanevano poco più di 1 milione di persone. Molte civiltà della Mesoamerica erano state spazzate via da ondate di epidemie. La Nuova Spagna del XVII secolo era una nazione spopolata.
Ora i ricercatori hanno stabilito che le sequenze genetiche del batterio di salmonella trovato dai ricercatori tedeschi appartengono ad un ceppo piuttosto raro e che oggi ha un tasso di mortalità di circa il 10 per cento. Ma è possibile, spiegano gli autori della ricerca, che il batterio possa aver avuto vita facile
Prima dell'arrivo degli europei, l'America era popolata da grandi civiltà che vennero letteralmente spazzate via nel giro di pochi decenni. E' risaputo, anche grazie alle cronache riportate dai missionari al seguito dei militari, che più delle guerre la scomparsa di questi popoli fu dovuta soprattutto allo sbarco di malattie fino a quel momento sconosciute in quei luoghi. Tuttavia si sa poco su quali fossero le cause di queste epidemie. Molti propendevano per morbillo, vaiolo oppure tifo. Uno studio realizzato da ricercatori dell'università Autonoma del Messico aveva suggerito, sulla base dei sintomi descritti nelle cronache e dall'analisi dei resti di alcuni corpi, che la causa dello sterminio fosse stata una forma virale di febbre emorragica ma le conclusioni non trovarono l'accordo con la comunità scientifica. Ora, analizzando il Dna di 29 atzechi deceduti tra 1545 e il 1550, i ricercatori tedeschi hanno individuato la presenza della salmonella.
La malattia ha oggi un tasso di mortalità piuttosto basso ma, secondo i ricercatori, all'epoca il batterio rappresentò una 'novità' per il sistema immunitario dei nativi che ne furono facili vittime. Terribili ondate di epidemie, chiamate localmente 'cocoliztli', provocarono milioni di vittime in pochissimi anni. In base alle cronache, una prima epidemia scoppiò nel 1520-1521 e decimò la popolazione della capitale Tenochtitlan (l'attuale Città del Messico) rivelandosi decisiva per la resa della città. Altre due epidemie, 1545-1548 e 1576-1581 colpirono la Mesoamerica (ovvero i territori di Guatemala, El Salvador e Belize, la parte occidentale dell'Honduras, Nicaragua e Costa Rica), con un bilancio compreso tra gli 8 e i 17 milioni di vittime.
Le popolazioni di intere città sparirono, le terre furono abbandonate, le strade vennero chiuse e gli eserciti distrutti. Gli spagnoli, nel tentativo di aumentare la popolazione in calo verticale, fusero i sopravvissuti delle piccole città integrandoli in quelle più grandi. Questo ruppe il potere delle classi abbienti, eliminando la coesione della società indigena e favorendo anche la diffusione delle malattie. I nativi, infatti, raccolti nelle grandi città si ammalavano più facilmente per le epidemie, a causa dell'alta densità della popolazione.
Quando gli uomini al seguito di Cortes sbarcarono in Messico nel 1519, la popolazione era all'incirca di 25 milioni di persone, l'impero azteco aveva raggiunto la sua massima estensione. I nuovi arrivati furono accolti bene: secondo alcune fonti, l'imperatore Montezuma II e i suoi sudditi pensavano che ci fosse un collegamento con il dio esiliato, Quetzalcoatl, che si diceva sarebbe tornato pallido e con la barba.
Due anni dopo gli Aztechi furono conquistati dalla Spagna, dopo un lungo assedio portato alla capitale, dove buona parte della popolazione morì a causa della fame e delle epidemie. Un secolo dopo, la popolazione locale era scomparsa: in quello che era stato un grande impero rimanevano poco più di 1 milione di persone. Molte civiltà della Mesoamerica erano state spazzate via da ondate di epidemie. La Nuova Spagna del XVII secolo era una nazione spopolata.
Ora i ricercatori hanno stabilito che le sequenze genetiche del batterio di salmonella trovato dai ricercatori tedeschi appartengono ad un ceppo piuttosto raro e che oggi ha un tasso di mortalità di circa il 10 per cento. Ma è possibile, spiegano gli autori della ricerca, che il batterio possa aver avuto vita facile
contro le
difese immunitarie dei nativi a cui mancavano resistenze naturali e che erano
provati da lunghi anni di guerre e carestie. Per avere maggiori conferme di
queste ipotesi i ricercatori propongono di estendere le ricerche genetiche sui
corpi di vittime ritrovati anche in altre regioni.
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