Erroracci, letture
ideologiche e silenzi voluti nei manuali di storia
L’opera dei gesuiti
nelle riduzioni del Nuovo Mondo
Attività realizzata in
una classe seconda
di Bruno Trevellin,
docente
Cosa furono le riduzioni dei gesuiti?
Le Riduzioni erano municipi dove i guaranì - si calcola in un numero vicino
o forse superiore alle 150.000 unità - vivevano al riparo da costrizioni e
imposizioni, dove quelli che oggi chiamiamo i diritti umani, cioè i diritti dei
popoli - lingua, cultura, autosviluppo, modi di vita - furono difesi e
salvaguardati con largo anticipo sui tempi attuali (G. Romanato)
Cosa dice invece il nostro
libro di storia?
A leggere quanto scritto nel libro sull’arrivo degli europei
nel Nuovo Mondo, tra conquistadores e missionari non si saprebbe proprio chi
salvare. Già il titolo del capitolo ‘Convertirsi o morire’ risulta tendenzioso
e storicamente inaccettabile, come pure il suo brevissimo contenuto: ‘Gli
indios furono segregati nelle riduzioni, luoghi deputati alla rieducazione e
all’indottrinamento dei pagani, e fu loro imposto il battesimo sotto la
minaccia del carcere, della tortura o della morte’.
Chi lo ha scritto di riduzioni evidentemente sa ben poco e,
anzi, sembra che abbia come unico obiettivo quello di screditare l’opera di
evangelizzazione della chiesa nel continente appena scoperto.
Come rimediare con la
storia vera
Con un film: Mission di Roland Joffè
Intanto vediamo un film, Mission; non tutto, solo le parti in
cui si mostra l’opera in difesa degli indios da parte dei gesuiti. Il film
offre spunti di riflessione, mostra l’ambiente degli indios, mostra la loro
sensibilità artistica, mostra le attività nelle riduzioni, mostra i soprusi e
le violenze di spagnoli e portoghesi.
Con un approfondimento sul
film
Il film si ispira a vicende realmente accadute? Sì e no. Per capirlo leggiamo un lavoro che si trova con facilità in internet (http://www.gliscritti.it/arte_fede/mission.htm).
Ecco alcune precisazioni storiche sul film:
Più che a una ricostruzione storica vera e propria il film Mission fa pensare a uno di quei romanzi a sfondo storico, che prendono alcuni elementi dalla realtà per disporli in un ordine diverso rispetto a quello che avevano in origine. Non è certo facile racchiudere nello spazio di due ore tutta la varietà di avvenimenti che hanno caratterizzato la storia delle riduzioni del Paraguay, durata più di 150 anni. Conviene tuttavia avvertire gli spettatori che non devono prendere per storico quello che è frutto dell'immaginazione degli autori del film.
E ancora:
Lo svolgimento dato al finale
del film si riferisce ai fatti verificatisi in due occasioni distinte. Una fu
l'espulsione dei gesuiti dalle riduzioni, che avvenne nel 1768 per ordine di
Carlo III re di Spagna. In quella circostanza non si verificò nessuna lotta o
battaglia tra indios e spagnoli. Arrivato l'ordine, i gesuiti obbedirono
com'era normale a quei tempi di fronte a un ordine del re. Neppure gli indios
si opposero, anche su consiglio degli stessi gesuiti. L'altra circostanza fu
quando si vollero obbligare gli indios ad abbandonare sette riduzioni, ora in
territorio brasiliano, perché sorgevano in una regione destinata alla Corona
del Portogallo dall'accordo tra Portogallo e Spagna firmato a Madrid nel 1750.
In una località chiamata Caaybaté, attualmente nel Brasile del sud, si
scontrarono l'esercito ispanoportoghese, forte di 1700 uomini, e un numero
uguale di indios guaraní ai quali non si può dare il nome di esercito, perché
mancavano di capi e di equipaggiamento. Caddero 1311 indios, 152 furono fatti
prigionieri e gli altri fuggirono nella vicina foresta. In tutto questo i
gesuiti non ebbero parte attiva, anche se in seguito furono accusati da
entrambe le parti. Gli europei li incolparono di aver incitato gli indios alla
rivolta. Questi ultimi invece rinfacciavano loro di essersi venduti al nemico.
Il solo combattimento terrestre e navale che la storia delle riduzioni ricordi si svolse molti anni prima, nel 1641, in una località lungo il fiume Uruguay, e perciò senza alcuna relazione con le cascate dell'Iguazù, tra l'Argentina e il Brasile. In quel caso una formazione armata fu assalita e vinta da un intervento degli indios guidati dai gesuiti. Circostanze simili si verificarono quando il p. Diego de Alfaro, che qualcuno ha ricordato in questi giorni, fu assassinato dai razziatori mentre cercava di difendere gli indios. In quel tempo i gesuiti non facevano che obbedire agli ordini del re in difesa degli indigeni.
Il solo combattimento terrestre e navale che la storia delle riduzioni ricordi si svolse molti anni prima, nel 1641, in una località lungo il fiume Uruguay, e perciò senza alcuna relazione con le cascate dell'Iguazù, tra l'Argentina e il Brasile. In quel caso una formazione armata fu assalita e vinta da un intervento degli indios guidati dai gesuiti. Circostanze simili si verificarono quando il p. Diego de Alfaro, che qualcuno ha ricordato in questi giorni, fu assassinato dai razziatori mentre cercava di difendere gli indios. In quel tempo i gesuiti non facevano che obbedire agli ordini del re in difesa degli indigeni.
Sulle riduzioni:
L'originalità delle riduzioni
fondate dai gesuiti nel Paraguay, a differenza di quelle preesistenti al loro
esperimento, è data da quattro caratteristiche fondamentali. 1) Le riduzioni
non sono costruite in funzione delle città spagnole, ma, al contrario, sono
tenute lontane da esse per evitare i cattivi esempi e le minacce degli europei.
Per decreto reale a questi ultimi non era consentito l'ingresso nelle
riduzioni. 2) Il lavoro degli indigeni è realizzato interamente, o quasi,
dentro la medesima riduzione e a favore di tutta la comunità. 3) Il lavoro di
evangelizzazione è costante e completo, perché non solo la vita religiosa, ma
anche quella sociale, politica ed economica è guidata dai gesuiti. 4) La
situazione geografica delle riduzioni dei guaranì facilitano le relazioni
reciproche tra i diversi villaggi, in modo tale che l'organizzazione interna
della Compagnia di Gesù istituisce un superiore unico per l'insieme di esse.
Sugli indios:
I gesuiti costruirono
riduzioni su un'area vastissima, che va dall'Argentina settentrionale alla
Bolivia. Non tutte sopravvissero. La maggior parte si concentrò nelle zone
impervie dell'alto Paranà e dei suoi affluenti, a nord delle grandi rapide e
cascate, abitate dai guaraní. Ancor oggi restano i ruderi imponenti di varie di
esse. Altre divennero il primo nucleo di autentiche città. La prima sorse nel
1610...Nel 1731, al massimo della loro espansione, riunivano complessivamente
141.242 indios. Gli inizi furono difficili, perché per rendere possibile
l'evangelizzazione degli indios bisognava prima «ridurli». Il raggruppamento di
popolazioni abituate a vivere sparpagliate su un vasto territorio poneva seri
problemi per la loro alimentazione. Sulle prime, gli indios si mostravano
diffidenti nei confronti dei missionari europei. Li osservavano a lungo,
sospettosi, prima di avvicinarli. Un fascino enorme esercitava su di loro la
musica, la pittura, il coraggio e il disinteresse. Si entusiasmavano
facilmente, come i bambini, e, quindi, erano incostanti, imprevidenti. Quando
avevano da mangiare, da bere, non sapevano misurarsi. Si ubriacavano e mangiavano
fino a star male. Alle sbornie seguivano lunghi periodi di tristezza inattiva,
durante i quali si abbandonavano al vizio. Erano sensuali, violenti, bugiardi.
Si nutrivano di carne umana. Finché la fame li costringeva di nuovo a
scuotersi, a cacciare, a battersi. Con infinita pazienza i primi missionari
escogitarono un sistema sociale adatto a loro. Bisognava eliminare
l'ingordigia, l'avidità immoderata abituandoli a una distribuzione equanime dei
beni, delle case, dei terreni. Bisognava imporre loro una disciplina, con un
orario quasi da collegio o da caserma. Era pericoloso regalare loro strumenti o
animali da lavoro: li avrebbero venduti per ubriacarsi. I missionari li davano
loro in prestito: finito il lavoro dovevano restituirli. Sorvegliavano attentamente
la condotta di ciascuno, presiedevano ai giochi, perché non degenerassero in
risse. Conservarono un elementare tessuto sociale, governato dai cacicchi, ma
garantito dalla loro autorità personale. Organizzarono la vendita dei prodotti
in città. Il ricavato serviva per le spese della comunità e per il pagamento
delle modeste tasse al re. Eressero chiese sontuose, dove si svolgevano le
grandi solennità liturgiche, il cui sfarzo colpiva la fantasia degli indios. Ad
esse accorrevano anche gli indios delle riduzioni vicine, in una gara di
giochi, di festa, di entusiasmo che diffondevano la fama di quelle singolari
istituzioni. Crearono scuole, anche di musica e di pittura, arti per le quali i
guaraní si rivelarono particolarmente dotati. Tra il 1628 e il 1638 le
riduzioni furono assalite a più riprese dai razziatori di schiavi provenienti
da São Paulo, i cosiddetti paulisti o mamaluchi. I gesuiti si videro costretti
a creare un vero e proprio esercito, con il quale difendere la vita e i beni
dei loro neofiti…
Con il libro di
Bartolomè de las Casas che portò alla liberazione degli indios
Gli indios non conobbero solo i conquistadores, ma anche chi
li difese. Tra questi primeggia di sicuro la figura di Bartolomè de las
Casas. Basta consultare Wikipedia per far cogliere ai ragazzi la portata
storica del suo impegno a favore degli indios:
Nel 1542 l'imperatore Carlo V chiese al domenicano di redigere una sintesi dei
memoriali che aveva presentato sulla situazione degli indios. L'opera venne
pubblicata quello stesso anno, con il titolo Brevísima relación de la destrucción de las Indias, ebbe subito
grande risonanza ed ebbe una indubbia influenza sulla liberazione per legge
degli indios decretata dall'imperatore con le Leyes Nuevas del 1542-45. L'applicazione della nuova legislazione
fu tuttavia resa difficile dalla resistenza dei conquistadores, che arrivarono
ad uccidere i messi del re che cercavano di farla rispettare. In ogni caso, la
condizione degli indigeni nei territori dominati dagli spagnoli risultò diversa
da quella dei vicini territori portoghesi, dove la
schiavitù rimase pienamente in vigore per moltissimi anni.
Con uno studio recente
sulle riduzioni tra gli indios guaranì di Gianpaolo Romanato
(Pianta del villaggio fortificato della “Beata Vergine di Candelaria” tratto dall'opera di Peramas del 1793)
(Pianta del villaggio fortificato della “Beata Vergine di Candelaria” tratto dall'opera di Peramas del 1793)
La Repubblica guaraní e
l’indipendenza del Paraguay è il titolo di uno studio recente di Giampaolo Romanato sull’opera dei
gesuiti nelle riduzioni del Paraguay. Merita di essere letto e studiato in
classe perché dice come sono andate veramente le cose. Riporto solo la parte
finale:
A due secoli dalla loro scomparsa,
che cosa rimane delle Riduzioni? Che eredità ci lasciano?
Credo che il loro lascito più
importante siano i guaranì, l’unica popolazione autoctona del Sud America la
cui lingua è diventata lingua ufficiale; l’unica che visse per tutto il periodo
coloniale in un rapporto di collaborazione con gli europei, cioè alla pari con
essi; l’unica che è stata posta in grado di progredire e svilupparsi
all’interno dei propri termini di riferimento, senza subire violenze…
Le Riduzioni erano infatti municipi
dove i guaranì - si calcola in un numero vicino o forse superiore alle 150.000
unità - vivevano al riparo da costrizioni e imposizioni, dove quelli che oggi
chiamiamo i diritti umani, cioè i diritti dei popoli - lingua, cultura,
autosviluppo, modi di vita - furono difesi e salvaguardati con largo anticipo
sui tempi attuali. Nella storia dei 30 pueblos guaranì - una storia che si
prolungò per un secolo e mezzo, cioè per sei o sette generazioni - l’odierno
Paraguay possiede di fronte ai paesi di tutto il continente americano, del Nord
come del Sud, un titolo di vanto che lo distingue positivamente e di cui deve
andare fiero. Sono convinto perciò che il Paraguay di oggi debba andare
orgoglioso di questo suo patrimonio e debba serbarlo con la massima cura, non
solo come lascito del passato ma anche come orientamento e guida per il futuro
dell’intera America latina.
(digilander.libero.it/societasveneta/Corsi/Anno2010/Strumenti/Lezione4.pdf)
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