CAPIRE LA GUERRA PER COSTRUIRE LA PACE
Per tutte le vittime della follia della guerra, in ogni tempo... l’umanità ha bisogno di piangere, e questa è l’ora del pianto.
Sui luoghi della Prima guerra mondiale con la classe 3 A
Letture davanti all’ossario di Asiago, 25 novembre 2016
di Bruno Trevellin, docente
DALL’OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Pronunciata sul Sacrario Militare di Redipuglia il 13 settembre 2014
Per tutte le vittime della follia della guerra, in ogni tempo... l’umanità ha bisogno di piangere, e questa è l’ora del pianto.
Dopo aver contemplato la bellezza del paesaggio di tutta questa zona, dove uomini e donne lavorano portando avanti la loro famiglia, dove i bambini giocano e gli anziani sognano… trovandomi qui, in questo luogo, vicino a questo cimitero, trovo da dire soltanto: la guerra è una follia.
Mentre Dio porta avanti la sua creazione, e noi uomini siamo chiamati a collaborare alla sua opera, la guerra distrugge. Distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano. La guerra stravolge tutto, anche il legame tra i fratelli. La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione: volersi sviluppare mediante la distruzione!
La cupidigia, l’intolleranza, l’ambizione al potere… sono motivi che spingono avanti la decisione bellica, e questi motivi sono spesso giustificati da un’ideologia; ma prima c’è la passione, c’è l’impulso distorto. L’ideologia è una giustificazione, e quando non c’è un’ideologia, c’è la risposta di Caino: “A me che importa?”. «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). La guerra non guarda in faccia a nessuno: vecchi, bambini, mamme, papà… “A me che importa?”.
(…) Tutte queste persone, che riposano qui, avevano i loro progetti, avevano i loro sogni…, ma le loro vite sono state spezzate. Perché? Perché l’umanità ha detto: “A me che importa?”.
Anche oggi, dopo il secondo fallimento di un’altra guerra mondiale, forse si può parlare di una terza guerra combattuta “a pezzi”, con crimini, massacri, distruzioni…
(…)
Qui (…) ci sono tante vittime. Oggi noi le ricordiamo. C’è il pianto, c’è il lutto, c’è il dolore. E da qui ricordiamo le vittime di tutte le guerre.
Anche oggi le vittime sono tante… Come è possibile questo? E’ possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante!
(…)
E’ proprio dei saggi riconoscere gli errori, provarne dolore, pentirsi, chiedere perdono e piangere.
Con quel “A me che importa?” che hanno nel cuore gli affaristi della guerra, forse guadagnano tanto, ma il loro cuore corrotto ha perso la capacità di piangere. Caino non ha pianto. Non ha potuto piangere. L’ombra di Caino ci ricopre oggi qui, in questo cimitero. Si vede qui. Si vede nella storia che va dal 1914 fino ai nostri giorni. E si vede anche nei nostri giorni.
Con cuore di figlio, di fratello, di padre, chiedo a tutti voi e per tutti noi la conversione del cuore: passare da “A me che importa?”, al pianto. Per tutti i caduti della “inutile strage”, per tutte le vittime della follia della guerra, in ogni tempo. Il pianto. Fratelli, l’umanità ha bisogno di piangere, e questa è l’ora del pianto.
CINQUE POESIE DI UNGARETTI
San Martino del Carso
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non m’è rimasto
neppure tanto
Ma nel mio cuore
nessuna croce manca
E’ il mio cuore
il paese più straziato
Quel contadino
si affida alla medaglia
di Sant’Antonio
e va leggero
Ma ben sola e ben nuda
senza miraggio
porto la mia anima
Sono una creatura
Come questa
pietra
del S.
Michele
così fredda
così dura
così
prosciugata
così
refrattaria
così
totalmente
disanimata
Come questa
pietra
è il mio
pianto
che non si
vede
La morte
si sconta
vivendo
In dormiveglia
Assisto la notte violentata
Mi pare
che un affannato
nugolo di scalpellini
batta il lastricato
di pietra di lava
delle mie strade
ed io l’ascolti
non vedendo
in dormiveglia
Mi pare
che un affannato
nugolo di scalpellini
batta il lastricato
di pietra di lava
delle mie strade
ed io l’ascolti
non vedendo
in dormiveglia
Bosco Cappuccio
Bosco Cappuccio
ha un
declivio
di velluto
verde
come una dolce
poltrona
Appisolarmi
là
solo
in un caffè
remoto
con una luce
fievole
come questa
di questa
luna.
UNA POESIA DI PADRE TUROLDO
E poi sulla terra intera
E poi sulla
terra intera a innalzare
monumenti
«Ai Caduti»!
così felici
di essere caduti!
Ma provate a
fissare quei corpi squarciati,
a fissare la
loro smorfia ultima
sulle facce
frantumate,
e quegli
occhi che vi guardano.
Provate a
udire nella notte
l'infinito e
silenzioso urlo degli ossari:
-
«Uccideteci ancora e sia finita»!
Nota storica
Il Sacrario monumentale di Asiago, assieme a Redipuglia e
Cima Grappa, è uno dei più grandi ossari della grande guerra. Simboli,
epicentri e luoghi focali dei più importanti avvenimenti e delle più sanguinose
battaglie di questa immane tragedia.
Il 19 agosto 1932 è stata posta la prima pietra del grande monumento, ad arco trionfale quadrangolare, dedicato ai caduti sull'altopiano e custodisce le spoglie di quasi 55.000 (cinquantacinquemila), di cui almeno 33.000 ignoti, italiani e austro-ungarici.
I resti dei soldati italiani vennero trasferiti attorno al 1938, recuperandoli dai 36 cimiteri dei paesi dell'altopiano e dai numerosi piccoli cimiteri sparsi un po' ovunque.
I soldati austriaci vennero traslati da tre grandi cimiteri nei dintorni di Asiago alla fine degli anni sessanta.
Naturalmente il Sacrario non conserva le spoglie di tutti i caduti nell'altopiano.
Si pensi che nella sola battaglia dell'Ortigara vi furono almeno 35.000 morti in pochi infernali giorni, mentre le complesse azioni durante la Spedizione di Primavera richiesero un tributo di sangue di oltre 80.000 vittime.
Molti soldati vennero sepolti sul posto o in piccoli gruppi a formare minimali cimiteri spontanei, solo alcuni dei quali recuperati. Molti smembrati sono dispersi nei luoghi delle battaglie, molti altri vennero portati nelle retrovie a Bassano, Arsiero e perfino a Vicenza e Cittadella. Altri furono riportati nei luoghi di origine.
Si presume che i veri e propri cimiteri sparsi nell'altopiano fossero almeno 41, il più importante dei quali a Gallio con oltre 12.000 salme.
Il 19 agosto 1932 è stata posta la prima pietra del grande monumento, ad arco trionfale quadrangolare, dedicato ai caduti sull'altopiano e custodisce le spoglie di quasi 55.000 (cinquantacinquemila), di cui almeno 33.000 ignoti, italiani e austro-ungarici.
I resti dei soldati italiani vennero trasferiti attorno al 1938, recuperandoli dai 36 cimiteri dei paesi dell'altopiano e dai numerosi piccoli cimiteri sparsi un po' ovunque.
I soldati austriaci vennero traslati da tre grandi cimiteri nei dintorni di Asiago alla fine degli anni sessanta.
Naturalmente il Sacrario non conserva le spoglie di tutti i caduti nell'altopiano.
Si pensi che nella sola battaglia dell'Ortigara vi furono almeno 35.000 morti in pochi infernali giorni, mentre le complesse azioni durante la Spedizione di Primavera richiesero un tributo di sangue di oltre 80.000 vittime.
Molti soldati vennero sepolti sul posto o in piccoli gruppi a formare minimali cimiteri spontanei, solo alcuni dei quali recuperati. Molti smembrati sono dispersi nei luoghi delle battaglie, molti altri vennero portati nelle retrovie a Bassano, Arsiero e perfino a Vicenza e Cittadella. Altri furono riportati nei luoghi di origine.
Si presume che i veri e propri cimiteri sparsi nell'altopiano fossero almeno 41, il più importante dei quali a Gallio con oltre 12.000 salme.
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