mercoledì 1 giugno 2016

Il diario. Esperienza di scrittura educativa




Il Diario come esperienza educativa

Descrizione dell’efficacia della scrittura diaristica in una classe seconda
di Bruno Trevellin, docente secondaria primo grado

Da una domanda disarmante
Professore, ma quanto bisogna scrivere per avere un voto positivo?
È la domanda che sento da anni quando assegno un compito scritto in classe. Hai voglia di spiegare che non è tanto la quantità ma la qualità che porta al risultato migliore. Per assecondarli e per invogliarli a scrivere cerco di spiegare che in seconda una pagina è poca cosa, che due sono solo sufficienti, che tre vanno bene, che quattro o più sono un gran risultato. Un discorso, è vero, che ha tutti i suoi limiti. I delusi poi, oltre all’insegnante, sono gli studenti che, avendo scritto tre facciate, si vedono solo un sette nella valutazione. ‘Ma prof., ho scritto tre facciate!’ E la loro prima obiezione. ‘Ma prof., lei (la compagna) ha scritto quanto me e ha preso otto e io invece solo sei e mezzo!’ la seconda obiezione. Sì, gli/le mostro che nel suo ci sono tanti errori, che ci sono periodi sconnessi o incompleti, ma la quantità, per loro, vale più di tutto. ‘Va be’, però almeno ho scritto!’ mi dicono, quasi a rincuorarsi e a rimproverarmi perchè potevo essere un po' più comprensivo nella valutazione.
Di fronte alle difficoltà sulla quantità cerco di dare loro alcune indicazioni, classiche, del tipo: ‘descrivi ciò di cui stai parlando (una strada non è solo una strada: è una strada di campagna, una strada di città, una strada trafficata, una strada con marciapiedi e illuminazione); oppure aggiungi dei dialoghi; oppure riferisciti a esperienze personali’. A volte funziona, a volte no. Soprattutto la scrittura è sentita come un peso, un obbligo, non come qualcosa di appassionante, di bello.
Io voglio che la amino, la scrittura, voglio che amino scrivere. Ma quale scrittura? Anni fa avevo proposto a una classe, credo a una terza media, di scrivere un proprio racconto, secondo il genere che piaceva di più a ciascuno. Non ne è venuto fuori un granchè, a parte il lavoro dei più bravi. Perché non tentare con il diario? E non semplicemente qualche paginetta in occasione dell’unità di apprendimento sul diario che troviamo nelle antologie, ma un diario nel vero senso della parola.

L’esempio di Anna Frank

Avevo ovviamente in mente quello di Anna Frank, che cominciò a scrivere all’età di tredici anni. I ragazzi di seconda hanno proprio quell’età. Forse era quella la tipologia da proporre per farli amare la scrittura?
Per me valevano Il mestiere di vivere di Pavese e il Diario di un curato di campagna di Bernanos o I rapporti colpevoli dell’amico Tomizza, diari che sono stati e sono una forte meditazione sulla mia vita, ma che non posso proporre a ragazzi di dodici/tredici anni. E neanche Il diario di Bridgit Jones è un film che posso far vedere in una classe seconda.
Partiamo dunque da Anna Frank, mi sono detto. Primo perché qualcosa del suo diario si trova sempre in tutte le antologie di seconda, poi perché è una loro coetanea e dirà ciò che loro possono capire e, come lei, scrivere.

Modalità operative. Un patto con i ragazzi
 
Ho proposto alla classe di scrivere ciascuno un proprio diario, dicendovi liberamente di tutto, e di scrivere almeno fino alla fine dell’anno scolastico (eravamo a dicembre, quando siamo partiti).
Ciascuno si è preso un proprio quaderno, dedicato esclusivamente alla scrittura diaristica, e ha cominciato.
Quando si scrive? Si può scrivere in classe, nel tempo che assegno loro ad hoc e ovviamente a casa, quando vogliono. Non ho dato indicazioni precise, ognuno è libero di scrivere quanto vuole, quando vuole e di ciò che vuole.
Sanno che quello è il loro diario personale e che pertanto possono scriverci anche ciò che non andrò a riferire in classe o ad altri. Questo è il patto che ho con loro e che mantengo, ovviamente.
Ogni mese dò una controllata ai testi. Li leggo, ma non faccio correzioni, per non intervenire pedantemente sulle loro pagine. Dò anche una valutazione, che tenga conto di qualità, quantità, assiduità e solo se è positiva. Se un ragazzo per vari motivi non ha scritto granchè in un periodo, non vado a penalizzarlo, anche perché il diario in quanto tale ha i suoi ritmi, le sue pause, i suoi momenti di piena e i momenti di magra.

Di cosa scrivono?
Molti scrivono di sé, di ciò che sta loro capitando, riflettendo sui propri sentimenti, sulle proprie aspettative, sui propri sogni, sulle proprie gioie e sulle proprie ferite. Altri più semplicemente sui fatti accaduti il giorno prima; altri ancora sull’andamento della scuola. Sempre angolature della loro vita, comunque. Soprattutto le ragazze amano arricchire le pagine con disegni, con lettere segrete, con bigliettini aggiuntivi, con altre narrazioni. Sono pagine veramente belle, divertenti e commoventi.

Più di Anna Frank! Alcuni risultati significativi
Tutti scrivono e non c’è bisogno di pressarli su questo. Pochi hanno riempito meno di venti pagine. In compenso quattro ragazze sono arrivate a due quaderni. In soli sei mesi, cioè, hanno scritto quanto e più di Anna Frank!

Ma tutti hanno scritto molto, anche quelli che di solito nei temi scrivono poco o niente.
Daniele (i nomi sono fittizi) se riesce a scrivermi mezza colonna nei temi è un successo. Ha scritto 43 pagine di diario!
Paolo non sapeva mai come iniziare e cosa scrivere in un testo. Di pagine di diario ne ha scritte 44, parlando di sé, dei suoi viaggi, delle sue passioni.
Anche Marco, che di solito non scrive nulla, ha riempito le sue belle pagine.

Devo proprio dare i numeri
Vale proprio la pena dire quanto ciascuno ha scritto (in questi sei mesi, cioè). Sempre senza far nomi, ma indicando solo il numero delle pagine scritte in un ordine crescente e raggruppato, ne risulta una classifica di questo tipo: tre studenti hanno scritto meno di venti pagine; dodici tra venti e quaranta; tre una quarantina; cinque tra cinquanta e ottanta; una due interi quaderni (12-14-18-20-20-22-24-24-25-26-30-30-32-35-36-43-44-48-51-55-70-76-81-162). E sono pagine piene, quelle da quaderno a righe, non con tre frasi a pagina, per intenderci.


I miei diari
Io alla loro età non sono stato invitato a scrivere un diario, però ricordo che nell’adolescenza avevo cominciato a scrivere di me e della mia famiglia su un quaderno che avevo preso proprio per stenderci una sorta di diario. Vengo da una famiglia umile, operaia e contadina, e ne avevo da raccontare su quel mondo! Non continuai per tanto tempo a scrivere su quel quaderno, che poi ho anche perso in un trasloco. E questo è un fatto che ancora mi fa star male. Che peccato! Come ho potuto perderlo! Lo ricordo ancora come un oggetto caro. Aveva la copertina rigida rossa e le pagine a quadretti. Dentro quelle pagine c’ero io in quella mia età e ora, che per trovarmi posso solo affidarmi alla memoria, darei non so cosa per riaverlo. Ma la memoria è labile, lavora per conto proprio, e spesso trasfigura. La pagina scritta invece fissa definitivamente e, pur di riflesso, coglie l’attimo. Anche per questo ai ragazzi continuo a ripetere che il loro lo devono conservare con cura, come fosse più prezioso dell’oro.
Poi, però, ho ripreso a scrivere un diario nel 1997, nella dura età dei quarantenni. Ci scrivevo soprattutto i miei sogni, le mie riflessioni intime e familiari. Lo vado rileggendo in questi giorni. Sono pensieri brevi, di poche frasi, a volte più articolati.
“E’ un periodo così, di matta disperazione. Dura da troppo tempo. Perché non ho più la serenità e la speranza della giovinezza?” (6.12.1997)
“Sogno. Notte, mi pare di sentire dei movimenti strani giù in salotto. Mi precipito nella camera di mio padre, quella sopra la cucina, per avvisarlo. Ma la casa è quella che ho risistemato io! Come fa a esserci ancora lui? È già morto da dieci anni” (10.08. 1998)
“Mi ri-scopro scrivendo. Non so prima cosa scriverò” (29.10)
“Sogno. È vestito come era solito nei giorni di festa quando era estate. Pantaloncini corti di tela, maglietta, scarpe da tennis e calzetti, mi pare bianchi. È in età avanzata e fuma beato la sua sigaretta. Mi vede, mi sorride, gli corro incontro e ci abbracciamo”. (agosto 2009)
Se non avessi scritto questi appunti, avrei perso definitivamente il loro significato di allora e di ora.

Incursioni post-attive sulla valenza liberatoria e libertaria del diario
Porto solo due esempi a sostegno della valenza della scrittura diaristica, che conoscevo, ma che non avevo preso in considerazione quando sono partito con quest’esperienza.
La prima è una citazione dall’abstract di Diarioterapia e adolescenza, Il diario come risorsa nell'intervento educativo,
di Francesco Paolo Pizzileo .
“La scrittura del diario è come un ponte, lo si attraversa e si arriva sempre da qualche parte. Essa consente alla persona di raggiungere le emozioni, anche quelle più difficili o nascoste, ed è l'anello tra l'esperienza di tutti i giorni e la sua rielaborazione. La pratica educativa del diario è usata in modo efficace particolarmente nell’età adolescenziale (…) L’Educatore (insegnante, pedagogista, assistente sociale…) potrà aiutare il giovane a ‘fare silenzio dentro di sè’, per passeggiare nelle profondità del proprio animo, in mezzo ai ricordi e iniziare a narrarli, anche per elaborarli. Il diario è sì un deposito di emozioni, di sogni, di bisogni, di desideri, ma è anche un luogo di elaborazione dei conflitti fra sé e il mondo, sé stessi e la famiglia, sé stessi e la propria identità in mutazione continua. (…) Ogni pagina scritta ha un effetto liberatorio, è una strategia maieutica per entrare in relazione con i propri vissuti intensi e profondi, per dare voce ai sogni più segreti, alle paure più nascoste e difficili da comunicare persino a sé stessi. Confidare ad una pagina inquietudine, rabbia, dolore, delusione e paura, serve a lasciarli andare. Significa fare un primo passo verso la loro risoluzione. In questo modo, il giovane sperimenterà il senso dell’auto-efficacia che si trasforma in un’esperienza narrativa-emozionale molto carica e in grado di restituirgli la percezione e la consapevolezza di essere agente attivo nei confronti delle scelte operative richieste dalla realtà di vita”.  
La seconda viene dal più noto romanzo di G. Orwell. Nel suo 1984 il protagonista Winston inizia a scrivere un diario nel quale raccoglie le sue idee, le sue riflessioni, come forma di ribellione al potere totalitario, quasi a cercarsi un suo spazio di libertà, altrimenti vietata dal regime perché pericolosa per la verità (la scrittura diaristica). 
 
“Ciò che ora stava per fare era iniziare un diario, un atto non illegale di per sé (nulla era illegale, dal momento che non esistevano più leggi), ma si poteva ragionevolmente presumere che, se lo avessero scoperto, l'avrebbero punito con la morte o, nella migliore delle ipotesi, con venticinque anni di lavori forzati (…). Per chi, si chiese a un tratto, scriveva quel diario? Per il futuro, per gli uomini non ancora nati (…)”
Il diario in quanto tale è dunque liberatorio e, inoltre, può far male ai totalitarismi più di ogni altra attività umana. Anna Frank e George Orwell ne sono la testimonianza.

Tu scrivi, io scrivo. Effetto contaminatio
Vedere il tuo compagno che scrive, e molto, non può lasciarti indifferente. Specie se ti senti libero di dire. Penso che anche questo abbia giocato a favore di questa esperienza. Molti, anzi, sono contenti di ciò che hanno prodotto e vogliono continuare a scriverlo.
Non scrivono di più i più bravi. In alcuni casi è avvenuto esattamente il contrario, che, cioè, quelli che in un compito ‘vincolato’ non sapevano come fare, con il diario sono riusciti a produrre decine di pagine, mettendosi alla pari con quanti vengono considerati i più bravi della classe.
La collega di musica sa che nella classe si sta scrivendo un diario. Ama, come me, cercare tra le bancarelle dei mercatini cose di scuola del passato. Ha trovato il diario di una ragazzina di Mantova, delle elementari (dalle righe del quaderno si intuisce che poteva essere di terza), datato 1921. L’ho fatto passare tra i ragazzi.
Anche quella maestra del ventennio faceva tenere un diario, segnato ovviamente dalla presenza del regime (che entra tra le pagine in modo spesso pesante con la sua azione di propaganda e di indottrinamento), ma per il resto anche molto libero. Si sente che le ‘cose da regime’ sono scritte per costrizione, ma soprattutto si sente che è la sua vita di ragazza ciò che più le sta a cuore (la sua famiglia, le sue compagne di classe, i momenti vivi della società dell’epoca). Un paio di esempi in tal senso: 
"...in cortile abbiamo fatto tutti il saluto alla romana...Dopo le autorità parlarono del nostro Duce...Raccomandarono di diventare disciplinate e buone come il nostro duce". 
"...la signora maestra disse alla Tellini di voltare la lavagna. Essa ubbidì. Ma, ecco, uscì dal banco la Capparelli che è una grande pettegola, fece schiacciare il dito alla Tellini. La poverina aveva i geloni alle manine...La Cepparelli si mise a piangere".

 
Pagina dal diario scoperto dalla collega di musica

C’è per davvero uno scrittore in ciascuno di loro! Perle e frammenti dai diari dei ragazzi
Per avere un’idea del tipo di testo che ne è uscito, riporto solo alcune frasi prese dalle pagine di ciascuno di loro (una citazione per ogni diario). Ce ne sono di così belle e di così profonde da superare di gran lunga tante di quelle riportate nelle antologie!

Bach è il mio compositore preferito. Mi piacciono le sue musiche sacre e l’organo.
Oggi molto probabilmente vado a pescare trote vicino a casa mia sul Brenta. Spero di prendere qualcosa (…) quando torno ti dico. Non abbiamo preso niente.
Sono andato a comprarmi le nuove scarpe da calcio e sono fighissime.
Oggi alla terza e quarta ora abbiamo guardato il film ‘Inside out’. È bellissimo, fa sia ridere e anche piangere in certe parti.
Ciao, ciao, caro diario. Caro?! Caro?! Ti avevo detto di avvertirmi se avessi cominciato così! Non è che da quando ti sei trasferito in questo quadernetto sei cambiato? E adesso non dire che sono ridicola, perché ho dei seri dubbi. Comunque ti racconterò lo stesso qualcosa (ma ora non adagiarti sugli allori, eh!)
In questi giorni non ho scritto il diario perché siamo stati veramente impegnati con il trasloco. (disegno della pianta della casa) Questa è la casa nuova ed è molto più spaziosa di quella vecchia.
Oggi sono andata in centro a Padova per comprare dei vestiti con papà. So che sembra strano che io sia andata con lui, ma se vado con mia mamma lei mi propone cose che non mi piacciono…siamo andati da Diesel Kids…ho subito guardato i vestiti e mi sono innamorata di un vestito tutto nero, con le paillettes sul corpetto e la gonna in tull.
Ciao, oggi non so cosa scriverti, bah! Non ho argomenti. Ho iniziato la saga di Shadowhunters. È bellissima…ho scommesso con Mattia che riuscirò a finirlo entro sei giorni, sono 1562 pagine e se vinco io mi dà il thè che ha per merenda, se vince lui mi tira l’astuccio in faccia.
Alla quinta ora avevamo verifica e a dire la verità era più facile di quanto pensassi. Bastava soltanto avere un po' di logica e non sarebbe neanche servito aprire il libro.
Ieri pomeriggio ho litigato con mia sorella e mi sono sentita una merda (mi scuso per il termine, ma è la parola giusta per descrivere il mio stato d’animo).  
In questo momento la prof. sta interrogando e io, devo essere sincero, mi sto annoiando, quindi mi sono messo a scrivere.
Oggi è la festa della mamma e dunque oggi le ho dato un bacio più grande e immenso del solito e in più le ho regalato un bigliettino: molto carino…le è piaciuto molto. Ti voglio bene.
Oggi ti parlo della comunione di mio fratello perché è stato un giorno fantastico. Non solo sono arrivati regali a lui, ma anche uno a me, come ricordo della mia prima comunione.
L’ultima cosa che ti volevo dire, ma non meno importante, è che sono arrivata finalmente a pagina 80 e sono felice perché è un buon traguardo. Però sono anche triste, perché oggi è forse l’ultimo giorno che ti scrivo, perché domani il prof corregge e dà un’occhiata a tutti i diari…Io spero che più avanti potrò continuare a scriverti perché questo lavoro mi è piaciuto molto e spero che tra qualche anno potrò rileggere quello che ti ho scritto.
Ho scritto una canzone…fa circa così: You stay always in my heart/Who are you? I play my drum/ and you stay in my mind/If you look my eyes, you see my rebellion/Who are you?/Who are you?
Da ora e in poi voglio solo scrivere e parlare con te, e suonare la chitarra e ascoltare musica.
Siamo ancora alla prima ora, mamma mia, e il prof. ci ha fatto fare una verifica a sorpresa e spero sia andata bene.
Devo dire che i libri sono molto importanti nella vita delle persone, non (sol)tanto leggerli, ma anche scriverli.
Caro diario, oggi non ho molto tempo, ma ti scrivo per non farti credere che mi sia dimenticato di te.
Ciao, ho deciso di scriverti a quest’ora (23:45) e oggi, anche se è quasi domani, perché tra un quarto d’ora sarà capodanno.
Sono felice e triste, felice perché finisce la scuola (…), triste perché non vedrò più i miei compagni.
Per il prof. Sono cambiata e il diario doveva cambiare con me. Non m’importa granchè del fatto che lei potrebbe avere difficoltà ad assegnarmi un voto, per una serie di motivi che conoscerà. Quello che ho fatto fino adesso erano pagine scritte esclusivamente per un motivo: il voto. Ho capito solo ora che devo imparare a riflettere maggiormente sui miei pensieri, e la ringrazio per aver dato alla mia classe questa bella opportunità…Prometto che scriverò qualcosa anche quest’estate.

Scrivere come Martin Eden
Martin Eden di Jack London non è un diario, ma nel romanzo il protagonista scopre, scrivendo, la valenza della scrittura, che può senz’altro essere accumunata a quella diaristica.
“L’atto di scrivere rappresentava (per Martin Eden) il punto culminante di un lungo processo mentale, il gesto di riunire le fila sparse del pensiero e di trarre le somme di tutti i dati di cui aveva carica la mente (…) era lo sforzo cosciente mediante il quale egli si liberava il cervello e lo preparava a ricevere nuovo materiale e nuovi problemi. Era un’abitudine simile, in certo qual modo, all’abitudine di tanti uomini e di tante donne, afflitti da pene vere o immaginarie, i quali, periodicamente e volubilmente, interrompono il proprio paziente silenzio e si sfogano fino all’ultima parola”.
Ho lavorato in classe su queste due pagine di London perché i ragazzi ne comprendessero la bellezza e anche nella speranza che imparino a scrivere come il protagonista. A scrivere, cioè, sempre, possibilmente ogni giorno. Ovviamente ho consigliato la lettura del romanzo. Uno che da niente si fa, per amore, scrittore (Martin Eden, appunto) non può passare sotto silenzio. Certo, non è detto che lo leggano, ma sono convinto che qualcuno/a lo farà, anche se non ora. Prima o dopo arriva il tempo dei libri consigliati, specie se a consigliarli è uno che ti è stato maestro.

Ho fatto per beltà un gran rifiuto: non ho seguito le proposte di scrittura dell’antologia!
Ma alla fine hanno scritto anche dell’altro o solo il diario? Obiezione che ritengo legittima e scontata. Rispondo dicendo che, certamente, hanno scritto anche testi di altro tipo elaborati in classe o assegnati per casa. Ci mancherebbe, trascurare le indicazioni nazionali non si può! ma a me interessava di più, molto di più, mi interessava l’idea che scrivessero un loro libro, forse il primo libro della loro vita. In fondo John Grisham e tanti altri sono partiti proprio così, con lo scrivere un diario.
In particolare, durante l’anno non ho quasi mai seguito le proposte di scrittura dell’antologia, quelle di comprensione e di approfondimento del testo per intenderci. Il primo sentimento che provo per quelle schede è proprio di rifiuto. E se lo provo io, non vedo perché non lo dovrebbero provare anche i miei studenti. Sono così ripetitive e banali da far venire la nausea non solo a loro (agli studenti) che dovrebbero elaborarne le risposte, ma anche al loro insegnante, che poi ha pure l’obbligo di correggerle. Il prodotto finale è di così poca bellezza! Meglio una scrittura veramente propria, libera da quei vincoli che si ripetono sempre uguali e che, alla fine, si rivelano pure inutili per il conseguimento delle competenze.
Un esempio di attività/questionario tratta da un’antologia a proposito di una novella di Pirandello? Eccolo e giudicate!
-La novella è narrata in prima persona: chi racconta?
-In quale parte del testo la voce narrante svela apertamente la sua identità? Sottolineala in blu.
-Dividi il racconto in sequenze e riassumi ogni sequenza in una frase.
-Riassumi il brano in una pagina e mezza di quaderno. Prova poi a riassumere il brano in 10 righe.

Ma così Pirandello semplicemente scompare, peggio lo si fa a pezzi, cioè lo si uccide! E io non voglio più macchiarmi di questi delitti!


Un questionario finale
A fine anno, tramite un questionario anonimo, ho chiesto ai ragazzi di fornirmi delle indicazioni sull’attività svolta. Ne emerge un quadro sintetico di questo tipo: alcuni (4) dichiarano di aver trovato delle difficoltà a scriverlo, i rimanenti 19 invece dicono di non aver incontrato problemi. Scrivono per lo più nel tempo libero, anche di sera, raramente a scuola. Parlano della propria giornata (9), della propria vita (9), di un po' di tutto (5). In 18 vogliono continuare a scrivere il diario, gli incerti sono 4, solo uno ha dichiarato che non ha intenzione di continuarlo. In 10 avevano/hanno letto Anna Frank, 6 il diario di altri scrittori, 8 non hanno mai letto niente del genere.

Aforismi
“Non viaggio mai senza il mio diario. Bisogna sempre avere qualcosa di strabiliante da leggere in treno.” (Oscar Wilde)
“Sono due anni che non riprendo in mano il diario, e pensavo che non avrei più ripreso questa abitudine infantile. Ma non è una ragazzata, è dialogare con se stessi, con la parte vera, divina, che vive in ogni uomo.” (Lev Tolstoj)
“Chi lo avrebbe mai detto che lo sarei diventato anch'io, un autore? Ma forse, in fondo in fondo, quando scrivevo in segreto il mio diario lo speravo.” (Mario Rigoni Stern)
L'espressione letteraria più autentica è il diario. Scrivere come si vive. (Alessandro Morandotti)
















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