Il Diario come esperienza educativa
di Bruno Trevellin, docente secondaria primo grado
Da una domanda disarmante
Professore, ma quanto bisogna scrivere per avere un voto
positivo?
È la domanda che sento da anni quando assegno un compito
scritto in classe. Hai voglia di spiegare che non è tanto la quantità ma la
qualità che porta al risultato migliore. Per assecondarli e per invogliarli a
scrivere cerco di spiegare che in seconda una pagina è poca cosa, che due sono
solo sufficienti, che tre vanno bene, che quattro o più sono un gran risultato.
Un discorso, è vero, che ha tutti i suoi limiti. I delusi poi, oltre
all’insegnante, sono gli studenti che, avendo scritto tre facciate, si vedono
solo un sette nella valutazione. ‘Ma prof., ho scritto tre facciate!’ E la loro
prima obiezione. ‘Ma prof., lei (la compagna) ha scritto quanto me e ha preso
otto e io invece solo sei e mezzo!’ la seconda obiezione. Sì, gli/le mostro che
nel suo ci sono tanti errori, che ci sono periodi sconnessi o incompleti, ma la
quantità, per loro, vale più di tutto. ‘Va be’, però almeno ho scritto!’ mi
dicono, quasi a rincuorarsi e a rimproverarmi perchè potevo essere un po' più
comprensivo nella valutazione.
Di fronte alle difficoltà sulla quantità cerco di dare loro
alcune indicazioni, classiche, del tipo: ‘descrivi ciò di cui stai parlando
(una strada non è solo una strada: è una strada di campagna, una strada di
città, una strada trafficata, una strada con marciapiedi e illuminazione);
oppure aggiungi dei dialoghi; oppure riferisciti a esperienze personali’. A
volte funziona, a volte no. Soprattutto la scrittura è sentita come un peso, un
obbligo, non come qualcosa di appassionante, di bello.
Io voglio che la amino, la scrittura, voglio che amino
scrivere. Ma quale scrittura? Anni fa avevo proposto a una classe, credo a una
terza media, di scrivere un proprio racconto, secondo il genere che piaceva di
più a ciascuno. Non ne è venuto fuori un granchè, a parte il lavoro dei più
bravi. Perché non tentare con il diario? E non semplicemente qualche paginetta in
occasione dell’unità di apprendimento sul diario che troviamo nelle antologie, ma
un diario nel vero senso della parola.
Avevo ovviamente in mente quello di Anna Frank, che cominciò
a scrivere all’età di tredici anni. I ragazzi di seconda hanno proprio
quell’età. Forse era quella la tipologia da proporre per farli amare la
scrittura?
Per me valevano Il
mestiere di vivere di Pavese e il Diario
di un curato di campagna di Bernanos o I
rapporti colpevoli dell’amico Tomizza, diari che sono stati e sono una
forte meditazione sulla mia vita, ma che non posso proporre a ragazzi di
dodici/tredici anni. E neanche Il diario
di Bridgit Jones è un film che posso far vedere in una classe seconda.
Partiamo dunque da Anna Frank, mi sono detto. Primo perché
qualcosa del suo diario si trova sempre in tutte le antologie di seconda, poi
perché è una loro coetanea e dirà ciò che loro possono capire e, come lei,
scrivere.
Ho proposto alla classe di scrivere ciascuno un proprio
diario, dicendovi liberamente di tutto, e di scrivere almeno fino alla fine
dell’anno scolastico (eravamo a dicembre, quando siamo partiti).
Ciascuno si è preso un proprio quaderno, dedicato
esclusivamente alla scrittura diaristica, e ha cominciato.
Quando si scrive? Si può scrivere in classe, nel tempo che
assegno loro ad hoc e ovviamente a casa, quando vogliono. Non ho dato
indicazioni precise, ognuno è libero di scrivere quanto vuole, quando vuole e
di ciò che vuole.
Sanno che quello è il loro diario personale e che pertanto
possono scriverci anche ciò che non andrò a riferire in classe o ad altri.
Questo è il patto che ho con loro e che mantengo, ovviamente.
Ogni mese dò una controllata ai testi. Li leggo, ma non faccio
correzioni, per non intervenire pedantemente sulle loro pagine. Dò anche una
valutazione, che tenga conto di qualità, quantità, assiduità e solo se è
positiva. Se un ragazzo per vari motivi non ha scritto granchè in un periodo,
non vado a penalizzarlo, anche perché il diario in quanto tale ha i suoi ritmi,
le sue pause, i suoi momenti di piena e i momenti di magra.
Di cosa scrivono?
Molti scrivono di sé, di ciò che sta loro capitando,
riflettendo sui propri sentimenti, sulle proprie aspettative, sui propri sogni,
sulle proprie gioie e sulle proprie ferite. Altri più semplicemente sui fatti
accaduti il giorno prima; altri ancora sull’andamento della scuola. Sempre angolature
della loro vita, comunque. Soprattutto le ragazze amano arricchire le pagine
con disegni, con lettere segrete, con bigliettini aggiuntivi, con altre
narrazioni. Sono pagine veramente belle, divertenti e commoventi.
Più di Anna Frank!
Alcuni risultati significativi
Tutti scrivono e non c’è bisogno di pressarli su questo.
Pochi hanno riempito meno di venti pagine. In compenso quattro ragazze sono
arrivate a due quaderni. In soli sei mesi, cioè, hanno scritto quanto e più di
Anna Frank!
Ma tutti hanno scritto molto, anche quelli che di solito nei
temi scrivono poco o niente.
Daniele (i nomi sono fittizi) se riesce a scrivermi mezza
colonna nei temi è un successo. Ha scritto 43 pagine di diario!
Paolo non sapeva mai come iniziare e cosa scrivere in un
testo. Di pagine di diario ne ha scritte 44, parlando di sé, dei suoi viaggi,
delle sue passioni.
Anche Marco, che di solito non scrive nulla, ha riempito le
sue belle pagine.
Devo proprio dare i
numeri
Vale proprio la pena dire quanto ciascuno ha scritto (in
questi sei mesi, cioè). Sempre senza far nomi, ma indicando solo il numero
delle pagine scritte in un ordine crescente e raggruppato, ne risulta una classifica
di questo tipo: tre studenti hanno scritto meno di venti pagine; dodici tra
venti e quaranta; tre una quarantina; cinque tra cinquanta e ottanta; una due
interi quaderni (12-14-18-20-20-22-24-24-25-26-30-30-32-35-36-43-44-48-51-55-70-76-81-162).
E sono pagine piene, quelle da quaderno a righe, non con tre frasi a pagina,
per intenderci.
I miei diari
Io alla loro età non sono stato invitato a scrivere un diario,
però ricordo che nell’adolescenza avevo cominciato a scrivere di me e della mia
famiglia su un quaderno che avevo preso proprio per stenderci una sorta di
diario. Vengo da una famiglia umile, operaia e contadina, e ne avevo da
raccontare su quel mondo! Non continuai per tanto tempo a scrivere su quel
quaderno, che poi ho anche perso in un trasloco. E questo è un fatto che ancora
mi fa star male. Che peccato! Come ho potuto perderlo! Lo ricordo ancora come
un oggetto caro. Aveva la copertina rigida rossa e le pagine a quadretti. Dentro
quelle pagine c’ero io in quella mia età e ora, che per trovarmi posso solo
affidarmi alla memoria, darei non so cosa per riaverlo. Ma la memoria è labile,
lavora per conto proprio, e spesso trasfigura. La pagina scritta invece fissa
definitivamente e, pur di riflesso, coglie l’attimo. Anche per questo ai
ragazzi continuo a ripetere che il loro lo devono conservare con cura, come
fosse più prezioso dell’oro.
Poi, però, ho ripreso a scrivere un diario nel 1997, nella
dura età dei quarantenni. Ci scrivevo soprattutto i miei sogni, le mie
riflessioni intime e familiari. Lo vado rileggendo in questi giorni. Sono
pensieri brevi, di poche frasi, a volte più articolati.
“E’ un periodo così, di
matta disperazione. Dura da troppo tempo. Perché non ho più la serenità e la
speranza della giovinezza?” (6.12.1997)
“Sogno. Notte, mi pare
di sentire dei movimenti strani giù in salotto. Mi precipito nella camera di
mio padre, quella sopra la cucina, per avvisarlo. Ma la casa è quella che ho
risistemato io! Come fa a esserci ancora lui? È già morto da dieci anni”
(10.08. 1998)
“Mi ri-scopro
scrivendo. Non so prima cosa scriverò” (29.10)
“Sogno. È vestito come
era solito nei giorni di festa quando era estate. Pantaloncini corti di tela,
maglietta, scarpe da tennis e calzetti, mi pare bianchi. È in età avanzata e
fuma beato la sua sigaretta. Mi vede, mi sorride, gli corro incontro e ci
abbracciamo”. (agosto 2009)
Se non avessi scritto questi appunti, avrei perso
definitivamente il loro significato di allora e di ora.
Incursioni post-attive sulla
valenza liberatoria e libertaria del diario
Porto solo
due esempi a sostegno della valenza della scrittura diaristica, che conoscevo,
ma che non avevo preso in considerazione quando sono partito con quest’esperienza.
La prima è
una citazione dall’abstract di Diarioterapia e adolescenza, Il diario
come risorsa nell'intervento educativo,
di Francesco Paolo Pizzileo .
di Francesco Paolo Pizzileo .
“La scrittura del diario è come
un ponte, lo si attraversa e si arriva sempre da qualche parte. Essa consente
alla persona di raggiungere le emozioni, anche quelle più difficili o nascoste,
ed è l'anello tra l'esperienza di tutti i giorni e la sua rielaborazione. La
pratica educativa del diario è usata in modo efficace particolarmente nell’età
adolescenziale (…) L’Educatore (insegnante, pedagogista, assistente sociale…)
potrà aiutare il giovane a ‘fare silenzio dentro di sè’, per passeggiare nelle profondità del proprio animo, in mezzo ai ricordi e
iniziare a narrarli, anche per elaborarli. Il diario è sì un deposito di
emozioni, di sogni, di bisogni, di desideri, ma è anche un luogo di
elaborazione dei conflitti fra sé e il mondo, sé stessi e la famiglia, sé
stessi e la propria identità in mutazione continua. (…) Ogni pagina scritta ha un
effetto liberatorio, è una strategia maieutica per entrare in relazione con i
propri vissuti intensi e profondi, per dare voce ai sogni più segreti, alle
paure più nascoste e difficili da comunicare persino a sé stessi. Confidare ad
una pagina inquietudine, rabbia, dolore, delusione e paura, serve a lasciarli
andare. Significa fare un primo passo verso la loro risoluzione. In questo
modo, il giovane sperimenterà il senso dell’auto-efficacia che si trasforma in
un’esperienza narrativa-emozionale molto carica e in grado di restituirgli la
percezione e la consapevolezza di essere agente attivo nei confronti delle
scelte operative richieste dalla realtà di vita”.
La seconda viene dal più noto romanzo di G. Orwell. Nel suo 1984 il
protagonista Winston inizia a scrivere un diario nel quale raccoglie le sue
idee, le sue riflessioni, come forma di ribellione al potere totalitario, quasi
a cercarsi un suo spazio di libertà, altrimenti vietata dal regime perché
pericolosa per la verità (la scrittura diaristica).
“Ciò che ora stava per fare era
iniziare un diario, un atto non illegale di per sé (nulla era illegale, dal
momento che non esistevano più leggi), ma si poteva ragionevolmente presumere
che, se lo avessero scoperto, l'avrebbero punito con la morte o, nella migliore
delle ipotesi, con venticinque anni di lavori forzati (…). Per chi, si chiese a
un tratto, scriveva quel diario? Per il futuro, per gli uomini non ancora nati
(…)”
Il diario in
quanto tale è dunque liberatorio e, inoltre, può far male ai totalitarismi più
di ogni altra attività umana. Anna Frank e George Orwell ne sono la
testimonianza.
Tu
scrivi, io scrivo. Effetto contaminatio
Vedere il tuo compagno che scrive, e molto, non può lasciarti
indifferente. Specie se ti senti libero di dire. Penso che anche questo abbia
giocato a favore di questa esperienza. Molti, anzi, sono contenti di ciò che
hanno prodotto e vogliono continuare a scriverlo.
Non scrivono di più i più bravi. In alcuni casi è avvenuto esattamente
il contrario, che, cioè, quelli che in un compito ‘vincolato’ non sapevano come
fare, con il diario sono riusciti a produrre decine di pagine, mettendosi alla
pari con quanti vengono considerati i più bravi della classe.
La collega di musica sa che nella classe si sta scrivendo un diario.
Ama, come me, cercare tra le bancarelle dei mercatini cose di scuola del
passato. Ha trovato il diario di una ragazzina di Mantova, delle elementari
(dalle righe del quaderno si intuisce che poteva essere di terza), datato 1921.
L’ho fatto passare tra i ragazzi.
Anche quella maestra del ventennio faceva tenere un diario, segnato
ovviamente dalla presenza del regime (che entra tra le pagine in modo spesso pesante
con la sua azione di propaganda e di indottrinamento), ma per il resto anche
molto libero. Si sente che le ‘cose da regime’ sono scritte per costrizione, ma
soprattutto si sente che è la sua vita di ragazza ciò che più le sta a cuore
(la sua famiglia, le sue compagne di classe, i momenti vivi della società
dell’epoca). Un paio di esempi in tal senso:
"...in cortile abbiamo fatto tutti il saluto alla romana...Dopo le autorità parlarono del nostro Duce...Raccomandarono di diventare disciplinate e buone come il nostro duce".
"...la signora maestra disse alla Tellini di voltare la lavagna. Essa ubbidì. Ma, ecco, uscì dal banco la Capparelli che è una grande pettegola, fece schiacciare il dito alla Tellini. La poverina aveva i geloni alle manine...La Cepparelli si mise a piangere".
"...in cortile abbiamo fatto tutti il saluto alla romana...Dopo le autorità parlarono del nostro Duce...Raccomandarono di diventare disciplinate e buone come il nostro duce".
"...la signora maestra disse alla Tellini di voltare la lavagna. Essa ubbidì. Ma, ecco, uscì dal banco la Capparelli che è una grande pettegola, fece schiacciare il dito alla Tellini. La poverina aveva i geloni alle manine...La Cepparelli si mise a piangere".
Pagina dal diario scoperto dalla collega di musica
C’è per
davvero uno scrittore in ciascuno di loro! Perle e frammenti dai diari dei
ragazzi
Per avere un’idea del tipo di testo che ne è uscito, riporto solo
alcune frasi prese dalle pagine di ciascuno di loro (una citazione per ogni
diario). Ce ne sono di così belle e di così profonde da superare di gran lunga
tante di quelle riportate nelle antologie!
Bach è il mio compositore preferito. Mi piacciono le sue musiche sacre e l’organo.
Oggi molto probabilmente vado a pescare trote vicino a casa mia
sul Brenta. Spero di prendere qualcosa (…) quando torno ti dico. Non abbiamo
preso niente.
Sono andato a comprarmi le nuove scarpe da calcio e sono
fighissime.
Oggi alla terza e quarta ora abbiamo guardato il film ‘Inside
out’. È bellissimo, fa sia ridere e anche piangere in certe parti.
Ciao, ciao, caro diario. Caro?! Caro?! Ti avevo detto di
avvertirmi se avessi cominciato così! Non è che da quando ti sei trasferito in
questo quadernetto sei cambiato? E adesso non dire che sono ridicola, perché ho
dei seri dubbi. Comunque ti racconterò lo stesso qualcosa (ma ora non adagiarti
sugli allori, eh!)
In questi giorni non ho scritto il diario perché siamo stati
veramente impegnati con il trasloco. (disegno della pianta della casa) Questa è
la casa nuova ed è molto più spaziosa di quella vecchia.
Oggi sono andata in centro a Padova per comprare dei vestiti con
papà. So che sembra strano che io sia andata con lui, ma se vado con mia mamma
lei mi propone cose che non mi piacciono…siamo andati da Diesel Kids…ho subito
guardato i vestiti e mi sono innamorata di un vestito tutto nero, con le
paillettes sul corpetto e la gonna in tull.
Ciao, oggi non so cosa scriverti, bah! Non ho argomenti. Ho
iniziato la saga di Shadowhunters. È bellissima…ho scommesso con Mattia che
riuscirò a finirlo entro sei giorni, sono 1562 pagine e se vinco io mi dà il thè
che ha per merenda, se vince lui mi tira l’astuccio in faccia.
Alla quinta ora avevamo verifica e a dire la verità era più facile
di quanto pensassi. Bastava soltanto avere un po' di logica e non sarebbe
neanche servito aprire il libro.
Ieri pomeriggio ho litigato con mia sorella e mi sono sentita una
merda (mi scuso per il termine, ma è la parola giusta per descrivere il mio
stato d’animo).
In questo momento la prof. sta interrogando e io, devo essere
sincero, mi sto annoiando, quindi mi sono messo a scrivere.
Oggi è la festa della mamma e dunque oggi le ho dato un bacio più
grande e immenso del solito e in più le ho regalato un bigliettino: molto
carino…le è piaciuto molto. Ti voglio bene.
Oggi ti parlo della comunione di mio fratello perché è stato un
giorno fantastico. Non solo sono arrivati regali a lui, ma anche uno a me, come
ricordo della mia prima comunione.
L’ultima cosa che ti volevo dire, ma non meno importante, è che
sono arrivata finalmente a pagina 80 e sono felice perché è un buon traguardo.
Però sono anche triste, perché oggi è forse l’ultimo giorno che ti scrivo,
perché domani il prof corregge e dà un’occhiata a tutti i diari…Io spero che
più avanti potrò continuare a scriverti perché questo lavoro mi è piaciuto
molto e spero che tra qualche anno potrò rileggere quello che ti ho scritto.
Ho scritto una canzone…fa circa così: You stay always in my
heart/Who are you? I play my drum/ and you stay in my mind/If you look my eyes,
you see my rebellion/Who are you?/Who are you?
Da ora e in poi voglio solo scrivere e parlare con te, e suonare
la chitarra e ascoltare musica.
Siamo ancora alla prima ora, mamma mia, e il prof. ci ha fatto
fare una verifica a sorpresa e spero sia andata bene.
Devo dire che i libri sono molto importanti nella vita delle
persone, non (sol)tanto leggerli, ma anche scriverli.
Caro diario, oggi non ho molto tempo, ma ti scrivo per non farti
credere che mi sia dimenticato di te.
Ciao, ho deciso di scriverti a quest’ora (23:45) e oggi, anche se
è quasi domani, perché tra un quarto d’ora sarà capodanno.
Sono felice e triste, felice perché finisce la scuola (…), triste
perché non vedrò più i miei compagni.
Per il prof. Sono cambiata e il diario doveva cambiare con me. Non
m’importa granchè del fatto che lei potrebbe avere difficoltà ad assegnarmi un
voto, per una serie di motivi che conoscerà. Quello che ho fatto fino adesso
erano pagine scritte esclusivamente per un motivo: il voto. Ho capito solo ora
che devo imparare a riflettere maggiormente sui miei pensieri, e la ringrazio
per aver dato alla mia classe questa bella opportunità…Prometto che scriverò
qualcosa anche quest’estate.
Scrivere
come Martin Eden
Martin Eden di Jack London non è un diario, ma nel
romanzo il protagonista scopre, scrivendo, la valenza della scrittura, che può
senz’altro essere accumunata a quella diaristica.
“L’atto di scrivere rappresentava (per Martin Eden) il punto
culminante di un lungo processo mentale, il gesto di riunire le fila sparse del
pensiero e di trarre le somme di tutti i dati di cui aveva carica la mente (…)
era lo sforzo cosciente mediante il quale egli si liberava il cervello e lo
preparava a ricevere nuovo materiale e nuovi problemi. Era un’abitudine simile,
in certo qual modo, all’abitudine di tanti uomini e di tante donne, afflitti da
pene vere o immaginarie, i quali, periodicamente e volubilmente, interrompono
il proprio paziente silenzio e si sfogano fino all’ultima parola”.
Ho lavorato in classe su queste due pagine di London perché i ragazzi
ne comprendessero la bellezza e anche nella speranza che imparino a scrivere
come il protagonista. A scrivere, cioè, sempre, possibilmente ogni giorno. Ovviamente
ho consigliato la lettura del romanzo. Uno che da niente si fa, per amore,
scrittore (Martin Eden, appunto) non può passare sotto silenzio. Certo, non è
detto che lo leggano, ma sono convinto che qualcuno/a lo farà, anche se non
ora. Prima o dopo arriva il tempo dei libri consigliati, specie se a
consigliarli è uno che ti è stato maestro.
Ho
fatto per beltà un gran rifiuto: non ho seguito le proposte di scrittura
dell’antologia!
Ma alla fine hanno scritto anche dell’altro o solo il diario? Obiezione
che ritengo legittima e scontata. Rispondo dicendo che, certamente, hanno
scritto anche testi di altro tipo elaborati in classe o assegnati per casa. Ci
mancherebbe, trascurare le indicazioni nazionali non si può! ma a me interessava
di più, molto di più, mi interessava l’idea che scrivessero un loro libro,
forse il primo libro della loro vita. In fondo John Grisham e tanti altri sono
partiti proprio così, con lo scrivere un diario.
In particolare, durante l’anno non ho quasi mai seguito le proposte di
scrittura dell’antologia, quelle di comprensione e di approfondimento del testo
per intenderci. Il primo sentimento che provo per quelle schede è proprio di
rifiuto. E se lo provo io, non vedo perché non lo dovrebbero provare anche i
miei studenti. Sono così ripetitive e banali da far venire la nausea non solo a
loro (agli studenti) che dovrebbero elaborarne le risposte, ma anche al loro insegnante,
che poi ha pure l’obbligo di correggerle. Il prodotto finale è di così poca
bellezza! Meglio una scrittura veramente propria, libera da quei vincoli che si
ripetono sempre uguali e che, alla fine, si rivelano pure inutili per il
conseguimento delle competenze.
Un esempio di attività/questionario tratta da un’antologia a proposito
di una novella di Pirandello? Eccolo e giudicate!
-La novella è narrata in prima persona: chi racconta?
-In quale parte del testo la voce narrante svela apertamente la sua
identità? Sottolineala in blu.
-Dividi il racconto in sequenze e riassumi ogni sequenza in una frase.
-Riassumi il brano in una pagina e mezza di quaderno. Prova poi a
riassumere il brano in 10 righe.
Ma così Pirandello semplicemente scompare, peggio lo si fa a pezzi, cioè lo
si uccide! E io non voglio più macchiarmi di questi delitti!
Un
questionario finale
A fine anno, tramite un questionario anonimo, ho chiesto ai ragazzi di
fornirmi delle indicazioni sull’attività svolta. Ne emerge un quadro sintetico
di questo tipo: alcuni (4) dichiarano di aver trovato delle difficoltà a
scriverlo, i rimanenti 19 invece dicono di non aver incontrato problemi.
Scrivono per lo più nel tempo libero, anche di sera, raramente a scuola.
Parlano della propria giornata (9), della propria vita (9), di un po' di tutto
(5). In 18 vogliono continuare a scrivere il diario, gli incerti sono 4, solo
uno ha dichiarato che non ha intenzione di continuarlo. In 10 avevano/hanno
letto Anna Frank, 6 il diario di altri scrittori, 8 non hanno mai letto niente
del genere.
Aforismi
“Non viaggio mai senza il mio diario. Bisogna sempre avere qualcosa di
strabiliante da leggere in treno.” (Oscar Wilde)
“Sono due
anni che non riprendo in mano il diario, e pensavo che non avrei più ripreso questa abitudine
infantile. Ma non è una ragazzata, è dialogare con se stessi, con la parte vera, divina, che vive in ogni uomo.” (Lev Tolstoj)
“Chi lo
avrebbe mai detto che lo sarei diventato anch'io, un autore? Ma forse, in fondo in fondo, quando scrivevo in segreto il mio diario lo speravo.” (Mario Rigoni Stern)
L'espressione letteraria più
autentica è il diario. Scrivere come si vive. (Alessandro Morandotti)
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