AMLETO,
i tre monologhi:
• AMLETO: Ah se questa carne troppo troppo sordida si potesse
sciogliere e risolvere in rugiada, ah se l’Eterno non avesse decretato la a
condanna del suicidio! O Dio! Dio! Come mi sembrano languidi, vieti e insipidi
gli usi del mondo! Che nausea, ah che nausea. È un giardino abbandonato che va in
seme: vi regna solo una natura fetida e volgare. Che si dovesse venire a
questo! Morto appena da due mesi - anzi, non da tanto, non da due - un re così
eccellente, che era di fronte a questo come un Iperione di fronte a un Satiro,
così innamorato di mia madre che non avrebbe permesso ai venti del cielo di
toccarle il volto troppo rudemente. Cielo e terra, debbo ricordarlo? Ebbene
ella pendeva da lui come se il desiderio si fosse accresciuto di ciò che lo
saziava; eppure, nel giro d’un mese - non devo pensarci - fragilità, il tuo
nome è donna - appena un mese o prima che invecchiassero le scarpe con cui
seguiva il corpo del mio povero padre tutta in lacrime come Niobe - lei, lei
stessa - o Dio, una bestia priva di raziocinio avrebbe pianto più a lungo - sposata
a mio zio, fratello di mio padre ma simile a mio padre come io a Ercole. Nel
giro d’un mese prima ancora che il sale di lacrime disoneste avesse smesso di
bruciarle gli occhi trovò marito. Ah fretta ignobile, correre con tanta
impazienza a lenzuola incestuose! Non è bene e non può venirne bene. Ma il
cuore mi si spezzi, devo frenare la lingua.
• AMLETO: Oh il furfante, il bifolco che sono! Non è mostruoso
che quest’attore quì solo in una finzione, sognando la sua passione, possa
forzare l’anima a un’immagine tanto da averne il viso tutto scolorato, le
lacrime agli occhi, la pazzia nell’aspetto, la voce rotta, e ogni funzione tesa
a dare forma a un’idea? E tutto ciò per niente! Per Ecuba! Ma chi è Ecuba per
lui, o lui per Ecuba da piangere per lei? E che farebbe se avesse il motivo e
lo sprone della sofferenza che ho io? Inonderebbe la scena di lacrime,
spaccherebbe gli orecchi a tutti con parole tremende, farebbe impazzire i
colpevoli, tremare gli innocenti, sbalordirebbe chi non sa niente, davvero, sconvolgerebbe
le stesse funzioni degli occhi e degli orecchi. Ed io canaglia fatta di pietra
e di fango sto qui a perdere tempo come un qualsiasi grullo trasognato e non
penso alla mia causa, e non so dire niente, niente, nemmeno per un re che ebbe
distrutti da un diavolo gli averi e la vita preziosa. Dunque sono un vile? Chi
mi chiama furfante? Chi mi spacca il cranio? Chi mi strappa la barba e me la
butta in faccia, chi mi tira il naso e mi sbugiarda, e mi caccia l’accusa in
gola fino ai polmoni? Chi mi fa questo? Ah sangue di Dio! Dovrei incassare
tutto, perché è vero, ho il fegato d’una colomba, senza il fiele che rende
amara l’oppressione, o altrimenti da un pezzo avrei ingrassato con la carogna
di quel cane tutti gli avvoltoi dell’aria. Farabutto sanguinario e osceno!
Farabutto incallito, traditore, disumano, porco! Ah che somaro sono! Bel
coraggio davvero per il figlio d’un caro padre assassinato spinto alla vendetta
dalla terra e dal cielo sgravarsi il petto di parole come una baldracca, darsi
a bestemmiare come una troia, come una sguattera! Ah che vergogna! Oh! Cervello
mio, all’opera. Ho sentito che certi criminali che ascoltavano un dramma sono
stati colpiti fin dentro all’anima dall’arte astuta della rappresentazione e
subito hanno confessato i loro delitti. Perché l’assassinio parla, anche senza
aver lingua, attraverso una bocca miracolosa. Ora io farò recitare a questi
attori davanti a mio zio, qualcosa di simile al massacro di mio padre. E starò
a guardarlo. Lo sonderò fin dentro l’anima. Se ha un sussulto, so cosa fare. Il
fantasma che ho visto può anche essere un diavolo, e il diavolo può prendere un
aspetto gradevole, sì, e forse, vista la mia debolezza la mia malinconia lui
che è così potente su chi ne soffre, mi inganna per dannarmi. Mi serve una
qualche base più consistente. Questo spettacolo è la trappola che acchiappa la
coscienza del re.
• AMLETO: Essere o non essere; questo é il problema: se sia più
nobile nell’animo sopportare i sassi e i dardi dell’ oltraggiosa Fortuna, o
prender l’ armi contro un mare di guai e contrastandoli por fine ad essi.
Morire - dormire - nulla più; e con un sonno dire che noi poniamo fine alla
doglia del cuore e alle infinite miserie naturali che sono retaggio della
carne! Questa é soluzione da accogliere ardentemente. Morire - dormire -
sognare forse: ma qui é l’ intoppo, quali sogni possano assalirci in quel sonno
di morte quando ci siamo disfatti di questo tumulto della vita mortale, deve
farci riflettere: é la remora questa che di tanto prolunga la vita ai nostri
tormenti. Chi vorrebbe, se no, sopportar le frustate e gli insulti del tempo,
le angherie del tiranno, il disprezzo dell’ uomo borioso, le angosce dell’amore
respinto, gli indugi della legge, la prepotenza dei grandi, i calci in faccia
che il merito paziente riceve dai mediocri, quando di mano propria potrebbe
saldare il suo conto con due dita di pugnale? Chi vorrebbe caricarsi di grossi
fardelli imprecando e sudando sotto il peso di tutta una vita stracca, se non
fosse il timore di qualche cosa, dopo la morte, la terra inesplorata donde mai
non tornò alcun viaggiatore, a sgomentare la nostra volontà e a persuaderci di
sopportare i nostri mali piuttosto che correre in cerca d’ altri che non
conosciamo? Così ci fa vigliacchi la coscienza; così l’ incarnato naturale
della determinazione si scolora al cospetto del pallido pensiero. E così
imprese di grande importanza e rilievo sono distratte dal loro naturale corso:
e dell’ azione perdono anche il nome
Romeo e Giulietta, fonti e analisi
La critica ha ricercato
le fonti testuali della tragedia di William Shakespeare, Romeo e
Giulietta, nella tradizione italiana divulgata dall'omonimo testo di
Arthur Brooke, The Tragical Historie of Romeus and Juliet, facendo
riferimento alla storia di Mariotto e Gianozza di Siena, narrata da Masuccio
Salernitano, oppure alla Historia novellamente ritrovata di
due nobili amanti descritta nel 1530 da Luigi Da Porto e infine alla
novella di Matteo Bandello. Ma si potrebbe risalire a ritroso nel tempo e
confrontare lo schema costitutivo di queste narrazioni anche con una
elaborazione di Ovidio dedicata al mito di Piramo e Tisbe, gli infelici amanti
assiri, vicini di casa e ostacolati dai rispettivi genitori: d'altronde ai
personaggi Piramo e Tisbe lo stesso Shakespeare dedica la scena prima dell'atto
quinto del Sogno di una notte di mezza estate.
Peraltro
la vicenda dell'amore contrastato tra due giovani costituisce un vero e proprio
topos narrativo della letteratura occidentale, di rilevante interesse sotto il
profilo antropologico, in quanto il contrasto si ingenera per una opposizione
di classe, di ceto economico, oppure di faziosità politica tra le rispettive
famiglie dei due innamorati.
L'esordio
conflittuale e l'epilogo tragico segnano, in certo modo, i confini obbligati di
tale intreccio paradigmatico che giustamente fornisce al pubblico dei suoi
fruitori un importante tema sul quale riflettere: il diniego opposto alla
opportunità di risolvere "affettivamente" un antagonismo sociale
genera irreparabile perdita per entrambe le parti.
La
moltiplicazione delle fonti comprova dunque che per gli scrittori antichi non
esisteva la moderna preoccupazione, anzi l'assillo relativo ad una presunta ad una presunta mancanza di originalità, poiché l'autore si
impegnava intenzionalmente a raccontare di nuovo una storia che, nella
sua fabula iniziale, era ben nota al pubblico. L'abilità
dell'artista risultava infatti consacrata all'articolazione dell'intreccio che
ricomponeva, secondo una dicitura personale, alcune "popolari" unità
narrative, ovvero i nuclei d'azione costitutivi della storia stessa.
L'indagine
pertinente ai livelli di incomunicabilità è particolarmente approfondita nel
testo di Shakespeare, che sa smascherarla non solo sul piano pubblico, ma anche
su quello privato: all'interno della famiglia stessa l'autore sottolinea la
drammatica opposiziizione generazionale sotto forma di mancato ascolto;
infatti, quando Giulietta ricusa di sposare Paris, il pretendente prescelto dal
padre, ella prega invano il genitore di udire le sue ragioni, ma egli la
zittisce: "Non parlare, non replicare, non rispondermi. Sento prurito alle
mani!" (Atto III, scena 5^).
Le
costrizioni sono dunque rilevabili attraverso l'esame del linguaggio, poiché è
proprio mediante il linguaggio che si realizza una delle importanti modalità
atte a descrivere se stessi e il mondo circostante, in termini di credenze o
speranze.
Per
quanto concerne il contesto sociale, si rileva un intenzionale scarso interesse
in merito alle "ragioni del cuore" e a tutti i discorsi riferibili ai
sentimenti, poiché le famiglie dominanti la Verona immaginata da Shakespeare
considerano il matrimonio come una istituzione importante per perpetuare la
stirpe e consolidare l'egemonia politica, a prescindere dagli affetti tra i
coniugi.
La
realtà antropologica che caratterizza la sfera dell'amore "ufficiale"
sancito dall'istituto coniugale è dunque posta sotto il controllo della
famiglia, che agisce in base a precise regole a tutela del rischio di
contaminazione sociale.
L'amore
passione assume pertanto i connotati della trasgressione e determina un
rilevante cambiamento nei codici comportamentali sia maschili sia femminili:
dopo l'incontro con Giulietta, Romeo cessa di identificare in modo univoco le
proprie aspettative, nei confronti di una donna, sotto forma di possesso,
mentre la fanciulla disattende la regola d'obbedienza che la pretende
subordinata ai dettami parentali.
"O
dolce Giulietta, la tua bellezza mi ha reso effeminato e ha indebolito la
tempra d'acciaio del mio coraggio" (Atto III, scena 1^): la battuta
pronunciata da Romeo rivela un'altra importante componente della trasformazione
ideologica maschile operata dall'amore, che minaccia non solo il primato
dell'uomo sulla donna, ma ancora una volta l'intero gioco delle dominanze
sociali. L'uomo innamorato aspira alla pacificazione e rifiuta di considerare
antagonisti i rappresentanti maschili che fanno parte del gruppo familiare
dell'amata, perciò la presunta effeminatezza, ovvero dipendenza rispetto alla
donna, riduce la sua volontà di primeggiare e di imporre il proprio controllo
in ambito territoriale.
Un
amore che sfida le regole dettate dalla logica del potere si carica tuttavia di
valenze tragiche: Romeo e Giulietta, come Piramo e Tisbe, sono destinati a
morire, perché vittime di fatali fraintendimenti che, sul piano simbolico,
rappresentano i condizionamenti delle rispettive culture.
"Parleremo ancora di questi fatti
dolorosi" afferma il principe della Scala, quando l'azione si conclude con
la rivelazione della morte degli infelici amanti, e la battuta si carica di
molteplici significati, in qn quanto allude alla contestuale necessità di fare
giustizia e al contempo si proietta nell'extratesto, secondo la prioritaria
finalità pedagogica della tragedia, valevole a testimoniare un contenuto in sé
valido pure a distanza di secoli: l'opera di Shakespeare denuncia anche la
disperazione della incomunicabilità, in un mondo in cui tutti parlano senza avere
voglia di ascoltare.
temi del Romeo e Giuletta
amore
L'amore nel Romeo e Giulietta non e' una emozione idealizzata. Si, l'amore
che i due Giovani condividono e' bello e passionale, e' puro, totalizzante, e i
due amanti sono pronti a sacrificare tutto per l'amore. Ma e' anche caotico e
distruttivo, portatore di morte agli amici, alla famiglia e a loro stessi.
Lungo tutta l'opera, l'amore e' menzionato insieme alla morte e alla violenza,
e trova la sua piu' grande espressione nel suicidio. Il tema dell'amore in
Romeo e Giulietta e' toccato anche dagli altri personaggi del play, tutti i
personaggi parlano continuamente d'amore: Mercuzio ritiene che l'amore sia poco
piu' che una scusa per perseguire piaceri sessuali. Donna Capuleti pensa che
l'amore sia basato sui beni materiali, Paride e' giovane e ricco, quindi da per
scontato che Giulietta lo ami e sia felice di sposarlo;
Il padre di Giulietta vede l'amore come obbedienza e dovere. Frate Lorenzo
riconosce che l'amore ha una componente passionale, ma afferma anche che e'
anche una responsabilita'. Paride sembra pensare possa essere comandato.
Ognuno, nel Romeo e Giulietta, vede l'amore a suo modo. Da molti critici,
l'amore del Romeo e Giulietta e' visto come mosso dalla lussuria. Romeo,
all'inizio del dramma Spasima per Rosalina, spinto piu' dal desiderio carnale
che da vero amore. Anche l'amore di Romeo e Giulietta e' a prima vista, piu' il
segno di una infatuazione che di amore.
Il loro amore, infatti, e' basato piu' sull'attrazione fisica che , prima
ancora che i due possano riuscire a parlarsi. I due decidono di sposarsi dopo
solo pochi minuti di dialogo. Sia Romeo che Giulietta agiscono con troppa
fretta. L'amore e' pazienza, la lussuria ha sempre fretta. Nonostante il loro
amore sia funesto in terra, oggi i due amanti sono simbolo di amore eterno in
tutto il mondo, a dimostrazione che secondo Shakespeare, quando nelle vicende
extra-terrene vengono giudicate le vicende degli umani, nulla ha piu' peso
dell'amore puro e disinteressato, neanche la lussuria, o gesti estremi come
l'omicidio e il suicidio.
il ruolo del destino
Il coro apre la tragedia chiamando i due giovani
"star-crossed lovers", ma e' il destino o le decisioni affrettate e
la condotta dei due giovani a causare a causare la loro morte? La sfortuna e le
cattive coincidenze abbondano: Romeo viene a conoscenza della festa a casa di
Giulietta per caso, in maniera quasi incredibile; L'unica persona che Romeo
incontra alla festa e' Giulietta; Paride decide che vuole sposare
Giulietta proprio il giorno in cui essa si innamora di Romeo. Frate Lorenzo non
riesce a far recapitare la lettera a Mantova, per via di un caso sfortunato; se
Romeo avesse aspettato solo un minuto in piu', Giulietta si sarebbe risvegliata
e i due sarebbero fuggiti insieme. Tuttavia, anche cattive scelte e decisioni
avventate da parte dei due amanti giocano un ruolo nella tragedia. Molti
critici vedono Romeo e Giulietta come parte di un disegno divino, che sacrifica
i due amanti, riscattandoli pienamente, per porre pace e terminare la faida tra
le loro famiglie, che se non interrotta avrebbe portato morte e odio nella
citta' di Verona.
Il ruolo della donna
All'epoca in cue e' ambientato il play e' quello di
buona moglie e madre. Le donne dovevano obbedire ai loro mariti e padri Non
sorprende, quindi, che il matrimonio di Giulietta venga scelto dai genitori.
L'opinione di Giulietta non ha quindi importanza nella societa' veronese. Anche
l'opinione della madre di Giulietta non ha peso, ed il matrimonio con Paride e'
deciso esclusivamente da suo marito.
amore e odio
L'immenso amore dei due amanti e' circondato e
sovrastato dall'odio: I Capuleti odiano i Montecchi,non sappiamo i motivi, ma
spesso le faide nascevano (e nascono) per futili motivi, ed in ogni caso presto
si perde traccia delle loro origini, lasciando il posto all'odio e all'amore
per la violenza e la guerra. L'odi otra le due famiglie coinvolge l'intera
citta' di Verona.
Tebaldo e' pervaso dall'odio. La semplice vista di Romeo alla festa dei
Capuleti, suscita in lui il desiderio di ucciderlo. E' probabile che
Shakespeare voglia mostrarci che le emozioni di odio e amore sono collegate ed
indivisibili, proprio servendosi di Romeo e Giulietta, giacche' l'odio tra le
due famiglie termina con la morte dei due amanti,per mezzo dell'amore tra i
due.
La scena del balcone
Giulietta: o Romeo, Romeo, perche' sei tu Romeo? rinnega tuo
padre e rifiuta il tuo stesso. Ovvero, se proprio non lo vuoi fare, giurami
soltanto che mi ami, ed io smettero' di essere una Capuleti.
Romeo: devo continuare ad ascoltarla oppure rispondere a cio' che dice?
Giulietta: e' solamente il tuo nome ad essermi ostile :tu saresti sempre lo
stesso anche se non fossi un Montecchi. Che cosa vuol dire la parola Montecchi?
Non e' una mano,o un braccio o un viso,ne un'altra parte che appariene ad un
essere umano. Oh,sii qualche altro nome! Quello che noi chiamiamo col
nome di rosa, anche chiamato con un nome diverso , conserverebbe ugualmente il
suo dolce profumo . Allo stesso modo Romeo, se portasse un'altro nome
,avrebbe sempre quella rara perfezione che possiede anche senza quel nome.
Rinuncia quindi al tuo nome, Romeo,ed in cambio di quello ,che tuttavia non e'
una parte di te, accogli tutta me stessa.
Romeo: ti prendo in parola. D'ora in
avanti non saro' piu' Romeo.
Giulietta: chi sei tu,cosi' nascosto dalla notte,
inciampi nei miei pensieri piu' nascosti?
Romeo: non so dirti chi sono,adoperando un nome. Perche' il mio nome, o diletta
santa, e' odioso a me stesso, perche' e nemico a te. E nondimeno strapperei il
foglio dove lo trovassi scritto.
Giulietta:le mie orecchie non hanno ancora udito un centinaio di parole
pronunciate dalla tua lingua ,e nondimeno riconosco la tua voce : non sei forse
tu Romeo,nonche' uno dei Montecchi?
Romeo:non sono ne l'uno ne l'altro, fanciulla, se a te questo dispiace.
Giulietta: e come sei giunto fino a qui'? dai,dimmi come e perche'. Le mura del
cortile sono irte e difficili da scalare, e quest luogo, considerando chi sei
tu, potrebbe significare la morte se qualcuno della mia famiglia ti scoprisse.
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Romeo:ho scavalcato le mura sulle ali dell'amore, poiche' non esiste ostacolo
fatto di pietra che possa arrestare il passo dell'amore,e tutto cio' che amore
puo' fare ,trova subito il coraggio di tentarlo: per questi motivi i tuoi
familiari non possono fermarmi.
Giulietta: se ti vedranno ti uccideranno.
Romeo :ahime',che si nascondono piu' insidie nel tuo sguardo che non in venti
delle loro spade. A me basta che mi guardi con dolcezza e saro' immune alla
loro inimicizia.
Giulietta: non vorrei per tutto il mondo che ti scoprisero qui'.
Romeo:ho il mantello della notte per nascondermi ai loro occhi. Se tu mi ami
non mi importa che essi mi scoprano. Meglio perdere la vita per mezzo del loro
odio ,che sopravvivere senza poter godere del tuo amore.
Giulietta: e chi ha saputo guidarti fino a qui'?
E' stato amore, che per primo ha mosso i miei passi, prestandomi il suo
consiglio ,ed i ogli ho prestato gli occhi. Non sono un buon pilota: cio'
nonostante, anche se fossi tanto lontana quanto la riva abbandonata dove lavano
marosi del piu' remoto dei mari, non esiterei a mettermi in viaggio, per un
carico cosi' prezioso.
Attività:
-
Visione dei film di F.
Zeffirelli tratte dalli dalle opere di Shakespeare
-
Discussione in classe
-
Lavoro di ricerca e di
approfondimento sui monologhi di Amleto