Ricerche di storia locale
I limenesi nella Grande guerra ‘15-18
Attività realizzata con una classe seconda
di Bruno
Trevellin, docente
Un’uscita sul territorio
La
realizzazione del lavoro di ricerca sui limenesi morti al fronte durante la
guerra 15-18 è iniziata con un’uscita sul territorio per verificare le tracce
lasciate dalla cosiddetta Grande guerra nel nostro paese. Ebbene, in piazza
Diaz c’è il monumento con le lapidi che riportano i nomi dei caduti e che tutti
i limenesi vedono più o meno ogni giorno. Inoltre sul territorio numerose vie
sono intitolate a luoghi, persone o avvenimenti di quella tragica vicenda
bellica.
I ragazzi
sono stati invitati a fare i loro rilievi fotografici usando…il cellulare.
I caduti limenesi nella Prima Guerra
mondiale presenti sulle lapidi di piazza Diaz. Una schedatura
Sono 63 in
totale. La scheda di ciascuno può essere consultata nel sito del Ministero
della Difesa creato ad hoc. Per alcuni non esistono tuttora informazioni per
cui sono stati inseriti dai ragazzi nella seguente scheda con la semplice
dicitura ‘dati non reperibili’. Si potrà notare che sono morti in combattimento
o per malattia.
Tutti i dati si
posso trovare nel sito del ministero della difesa
http://www.difesa.it/Il_Ministro/CadutiInGuerra/Pagine/AlbodOro.aspx
AGOSTINI GIORDANO
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data
di nascita 5/1/1886
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data
di morte 5/11/1916
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causa
malattia
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grado
soldato
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La meglio gioventù: ventenni, trentenni e ragazzi
del ‘99
I più sono morti appena ventenni (24) o trentenni (23). Uno solo a
quarant’anni (Pierobon Anacleto). Tra loro anche cinque ragazzi del ’99 (Gaiola
Romano, Guidolin Giovanni, Pegoraro Alberto, Ragazzo Antonio, Schiavo Narciso).
Bastano questi dati per dire che quella guerra si è portata via ‘la
meglio gioventù’ di Limena di quegli anni. Erano sicuramente giovani uomini con
figli o appena sposati.
I cognomi dei prof. e degli studenti
Lo stesso lavoro di ricerca sul sito del ministero lo abbiamo fatto per
i cognomi dei docenti e degli studenti della classe. E’ impressionante il fatto
che ci siamo tutti, come a dire che quella guerra ha coinvolto e sconvolto
tutte le famiglie dell’epoca. Indicando solo il numero di volte in cui il
cognome di uno studente è stato trovato, abbiamo questi dati:
33-225-7-35-2-120-6-39-266-61-20-4-4-175-85-39-4-3-87-23.
Ovviamente ci sono cognomi più diffusi e altri meno, ma il fatto
rilevante è che ci sono proprio tutti.
Un cavaliere di Vittorio Veneto
Tra i cognomi della classe figura anche un bisnonno
(Masiero Cesare), cavaliere di Vittorio Veneto. L'ordine fu istituito con legge 263/1968 nel
cinquantenario della vittoria italiana nella prima guerra mondiale al fine di «esprimere la
gratitudine della Nazione» a tutti i soldati italiani che avevano combattuto
almeno sei mesi durante la prima guerra mondiale. L’onorificenza era destinata a
tutti i reduci che, alla data del 1 gennaio 1968, fossero ancora viventi; oltre
al diploma di riconoscimento, la legge prevedeva anche un assegno vitalizio di
50 mila lire annue.
(Masiero Cesare, foto di famiglia)
Alcuni dati sull’inutile strage
Riportiamo
solo alcuni dati significativi che ci riguardano per cogliere meglio che più
che di una grande guerra si trattò effettivamente di ‘una inutile strage’, come
ebbe a dire il papa di allora Benedetto XV, che si prese pure l’accusa di ‘disfattismo’
da parte delle autorità politiche e militari di allora.
Uno studio stimò che 378.000 militari
furono uccisi in azione o morti per le ferite riportate, 186.000 morirono di
malattie e 87.000 furono invalidi deceduti a causa delle ferite riportate in
guerra.
I morti civili furono 589.000 a causa
di malnutrizione e carenze alimentari e 432.000, circa, a causa dell'influenza
spagnola.
Uno studio stimò in un totale di
1.100.000 i militari dell'Austria-Ungheria caduti durante la prima guerra
mondiale, mentre furono 900.000 i militari austro-ungarici morti in azione, per
le ferite riportate o dispersi presunti morti. Sono in corso numerose ricerche
sul numero esatto dei caduti.
Furono 467.000, circa, i morti tra i
civili a causa di malnutrizione e 120.000 i civili uccisi in azioni militari.
LE
GRANDI BATTAGLIE DELLA GUERRA ‘15-18
La maggior parte dei limenesi morì combattendo
sull’Isonzo o in conseguenza delle ferite riportate in battaglia. Elementi
caratteristici di quella guerra furono i forti e le trincee, essendosi subito
trasformata in guerra di posizione.
La
battaglia degli altipiani (alto vicentino, Pasubio, Altopiano di Asiago,
Folgaria, Tonezza, Lavarone)
La
battaglia degli Altipiani fu combattuta tra il 15 maggio e il 27 giugno 1916,
sugli altipiani vicentini, tra l’esercito italiano e quello austro-ungarico
impegnati in quella che fu definita dagli italiani come 'Strafexpedition'; in
tedesco, tradotta 'spedizione punitiva'. In tedesco la battaglia è chiamata
Südtiroloffensive (poiché all'epoca il Trentino era il territorio più a sud del
Tirolo). Durante la battaglia le perdite tra i due eserciti ammontarono a
230.545 uomini
Le
dodici battaglie sull’Isonzo:
Prima
battaglia sull’Isonzo
Le
forze italiane che presero parte alla la Battaglia dell'Isonzo ammontavano a
250.000 uomini opposti a 115.000 austroungarici.
Le
perdite furono moltissime da entrambi gli schieramenti: ben 14.917 italiani tra
morti feriti e dispersi e 10.400 austroungarici.
Seconda
battaglia sull’Isonzo
La
battaglia costò agli italiani circa 42.000 uomini tra morti feriti e dispersi;
gli austroungarici ebbero oltre 47.000 soldati fuori combattimento.
Terza
battaglia sull’Isonzo
Il
numero dei caduti assunse i caratteri di una tragedia: in dieci giorni le
perdite furono di 67.000 uomini ed alcune brigate furono letteralmente decimate
(la 'Catanzaro' sul Monte 'San Michele' perse quasi 3.000 soldati) Stessa
situazione sul Monte Calvario sul Sabotino e sulla quota 121 di Monfalcone dove
tutti i tentativi di conquistare le trincee austroungariche fallirono.
Quarta
battaglia sull’Isonzo
Le
artiglierie italiane non riuscirono ad aprire la strada alle fanterie nei
profondi reticolati davanti alle difese avversarie, per cui l'ultimo sforzo
italiano del 1915 dovette arrestarsi.
La
3a e la 4a Battaglia dell'Isonzo costarono all'Italia 116.000 uomini messi
fuori combattimento; all'Austria oltre 70.000 e 12.500 prigionieri.
Quinta
battaglia sull’Isonzo
Più
a nord attorno alla cittadina di Tolmino le condizioni climatiche erano ancora
così difficili da imporre quasi subito l'interruzione delle azioni, terminate
su tutto il fronte il 15 marzo, senza nessuna conquista e la perdita di 13.000
uomini.
Sesta
battaglia sull’Isonzo
Le
perdite italiane nella battaglia dal 6 al 17 agosto furono di 51.232 uomini di
cui 1.759 ufficiali. Gli austriaci ebbero fuori combattimento 41.835 uomini di
cui 807 ufficiali.
Settima
battaglia sull’Isonzo
Dal
14 al 17 settembre si ebbero fuori combattimento 20.333 soldati e 811
ufficiali.
Ottava
battaglia sull’Isonzo
Dal
10 al 12 ottobre si ebbero 23.802 soldati e 782 ufficiali persi tra gli
italiani e 39.800 e 813 ufficiali tra gli austriaci.
Nona
battaglia sull’Isonzo
Dal
1 al 4 novembre la 2a e la 3a Armata ebbero fuori combattimento circa 39.000
uomini gli austriaci 33.000. Dalla fine di agosto erano stati uccisi o
catturati almeno 130.000 uomini italiani.
Decima
battaglia sull’Isonzo
Il
12 maggio alle 4 del mattino le artiglierie italiane aprono il fuoco che
continuerà sino al pomeriggio del 14 (furono utilizzati 2.300 cannoni e 1.000
bombarde che in 2 giorni spararono circa 1.000.000 di colpi). tra il 14 e il 15
maggio ebbero fuori combattimento 1.517 uomini di truppa e 36
ufficiali.
Il 23 maggio entrano in azione sul Carso le truppe della 3a Armata. Il 28
maggio terminava la battaglia: le perdite subite ammontarono a circa 44.000
uomini fuori combattimento mentre per gli austriaci furono circa 76.000.
Undicesima
battaglia sull’Isonzo
L'11a
Battaglia dell'Isonzo era costata agli italiani circa 144.000 uomini messi
fuori combattimento tra morti feriti e dispersi mentre per gli austriaci furono
85.000. Vennero sparati circa 4.000.000 di proiettili da parte dell'artiglieria
italiana e circa 2.000.000 da quella austriaca che ebbe oltre il 38% dei suoi
cannoni fuori uso. L'Altopiano della Bainsizza dimostrò di essere un terreno
molto difficile da attraversare e l'esercito impiegò diversi giorni per
spostare gli armamenti pesanti. Inoltre l'ultimo
obiettivo
di questa operazione il Monte San Gabriele era ben presidiato dagli
austroungarici.
Nei
successivi 20 giorni si susseguirono diversi attacchi che costarono la vita a
25.000 soldati italiani ma la cima non fu conquistata. Il 19 settembre fu
evidente che non ci sarebbe stata più alcuna avanzata e l'offensiva venne
sospesa.
Dodicesima
battaglia sull’Isonzo
Il
10 novembre terminava la ritirata italiana: era costata 10.000 morti 30.000
feriti 300.000 prigionieri 350.000 sbandati e disertori. Erano stati persi
3.152 pezzi d'artiglieria, 1.732 bombarde, 3.000 mitragliatrici.
Rimanevano
400.000 uomini in piena efficienza dallo Stelvio al Brenta e altri 300.000
uomini, i resti della 2a e della 3a Armata dal Brenta al mare aggrappati al
Massiccio del Grappa.
La
guerra sul Grappa
Nella
prima guerra mondiale, dopo la sconfitta italiana di Caporetto, la cima diventò
il perno della difesa italiana. Nell'anno di guerra sul Grappa, tra novembre
1917 e novembre 1918, quasi 80.000 furono i morti austro-ungarici e tedeschi,
imprecisato, ma altissimo, il numero di feriti e mutilati.
La
battaglia sul Piave
La
tentata offensiva austriaca si tramutò in una pesantissima disfatta:
tra
morti, feriti e prigionieri gli austro-ungarici persero quasi 150.000 uomini.
La battaglia fu tuttavia violentissima e anche le perdite italiane ammontarono
a circa 90.000 uomini.
Sulla
battaglia del Piave fu scritta anche una canzone, che rimase inno nazionale dal
1946 al 1947.
Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava e andare avanti.
S'udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
il Piave mormorò: "Non passa lo straniero!"
Ma in una notte triste si parlò di tradimento
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto,
per l'onta consumata a Caporetto.
Profughi ovunque dai lontani monti,
venivano a gremir tutti i ponti.
S'udiva allor dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio de l'onde.
Come un singhiozzo in quell'autunno nero
il Piave mormorò: "Ritorna lo straniero!"
E ritornò il nemico per l'orgoglio e per la fame
voleva sfogar tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora!
No, disse il Piave, no, dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti!
Si vide il Piave rigonfiar le sponde
e come i fanti combattevan l'onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: "Indietro va', straniero!"
Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento
e la Vittoria sciolse l'ali al vento!
Fu sacro il patto antico, tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro e Battisti!
Infranse alfin l'italico valore
le forche e l'armi dell'Impiccatore!
Sicure l'Alpi, libere le sponde,
e tacque il Piave, si placaron l'onde.
Sul patrio suol vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò né oppressi, né stranieri!
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava e andare avanti.
S'udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
il Piave mormorò: "Non passa lo straniero!"
Ma in una notte triste si parlò di tradimento
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto,
per l'onta consumata a Caporetto.
Profughi ovunque dai lontani monti,
venivano a gremir tutti i ponti.
S'udiva allor dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio de l'onde.
Come un singhiozzo in quell'autunno nero
il Piave mormorò: "Ritorna lo straniero!"
E ritornò il nemico per l'orgoglio e per la fame
voleva sfogar tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora!
No, disse il Piave, no, dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti!
Si vide il Piave rigonfiar le sponde
e come i fanti combattevan l'onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: "Indietro va', straniero!"
Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento
e la Vittoria sciolse l'ali al vento!
Fu sacro il patto antico, tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro e Battisti!
Infranse alfin l'italico valore
le forche e l'armi dell'Impiccatore!
Sicure l'Alpi, libere le sponde,
e tacque il Piave, si placaron l'onde.
Sul patrio suol vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò né oppressi, né stranieri!
La pianta di Limena con evidenziate la
piazza e le vie intitolate alla Grande Guerra
A
Limena sono numerose le vie che vogliono ricordare luoghi e vicende della Prima
guerra mondiale.
Via Ortigara deriva dal monte Ortigara situato in Provincia di Vicenza, lungo
il confine fra Veneto e Trentino-Alto Adige. L'Ortigara fu teatro di una
terribile battaglia, passata alla storia come battaglia dell'Ortigara. Tale
battaglia si combatté fra il 10 e il 29 giugno 1917 e vide impiegati
complessivamente 400.000 soldati per la conquista della montagna. Per avere
un'idea della violenza degli attacchi che qui si svolsero, si pensi che gli
austriaci consumarono, in una sola mezza giornata, 200 tonnellate di munizioni.
Via Pasubio deriva dal Pasubio, un massiccio calcareo situato al confine tra le province di Vicenza e Trento. È stato un importante luogo dei combattimenti della prima guerra mondiale.
Via Piave deriva dal Piave, fiume che scorre interamente in Veneto ed è noto in tutta la penisola come il "Fiume Sacro alla Patria" in memoria dei combattimenti di cui fu teatro durante la prima guerra mondiale.
Via Pasubio deriva dal Pasubio, un massiccio calcareo situato al confine tra le province di Vicenza e Trento. È stato un importante luogo dei combattimenti della prima guerra mondiale.
Via Piave deriva dal Piave, fiume che scorre interamente in Veneto ed è noto in tutta la penisola come il "Fiume Sacro alla Patria" in memoria dei combattimenti di cui fu teatro durante la prima guerra mondiale.
Via Quattro Novembre deriva dalla Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate è una giornata celebrativa nazionale italiana, istituita nel 1919 per commemorare la vittoria italiana nella prima guerra mondiale e festeggiata ogni 4 novembre.
Via Trento deriva dal nome della città di Trento. Durante la prima guerra mondiale fu dichiarata città fortezza (Fortezza di Trento) e divenne il caposaldo del fronte
meridionale austro-ungarico. Più di 60.000 trentini, soldati di leva obbligatoria, combatterono nell'Imperial regio Esercito austro-ungarico, migliaia di soldati trentini (10 001 in tutta la provincia, di cui 1000 provenienti dalla città di Trento) caddero in battaglia nei reggimenti dei Tiroler Kaiserjäger(cacciatori imperiali tirolesi).
Via Ventiquattro Maggio deriva dalla data (24 maggio 1915) in cui l'Italia entra in guerra a fianco di Francia e Gran Bretagna. Dal Forte Verena, sull'altopiano di Asiago, parte un primo colpo di cannone verso le fortezze austriache situate sulla Piana di Vezzena: l'Italia inizia ufficialmente le operazioni militari nella prima guerra mondiale.
Via Vittorio Veneto deriva dalla battaglia di Vittorio Veneto, caratterizzata da una fase iniziale duramente combattuta, durante la quale l'esercito austro-ungarico fu ancora in grado di opporre valida resistenza sia sul Piave che nel settore del Monte Grappa, a cui seguì un improvviso e irreversibile crollo della difesa, con la progressiva disgregazione dei reparti e defezioni tra le minoranze nazionali, che favorirono la rapida avanzata finale dell'esercito italiano fino a Trento e Trieste.
Piazza
Diaz: Armando Vittorio Diaz (nato a Napoli
il 5 dicembre 1861 e morto a Roma il 29 febbraio 1928) è stato un generale
italiano, capo di stato maggiore del Regio Esercito durante la prima guerra
mondiale, ministro della guerra e maresciallo d’Italia, nominato Duca della
Vittoria alla fine del conflitto.
Via
Gorizia: per la sua posizione e per la sua
storia, la città è uno dei punti di congiunzione fra il mondo latino, slavo e
germanico. Come il resto del Goriziano, la città rientra sia nei confini del
Friuli storico che in quelli della Venezia Giulia.
Via
Eugenio Manetti: limenese partito volontario per il
fronte.
Via Cesare Battisti: irredentista
italiano di Trento, dedicò la vita alla causa della sua regione, il
Trentino, per ottenerne l'autonomia amministrativa dall'Impero austriaco e
l'annessione all'Italia. Allo scoppio della prima guerra mondiale sostenne le ragioni
dell'intervento italiano contro l'Austria e si arruolò negli alpini. Cadde
prigioniero e fu giustiziato (1916).
Via
Monte Grappa: furono gettati sul campo i 'ragazzi
del 99'. Per la prima volta, nella fragile ed ancora breve storia dell'Italia
unita, la guerra entrò in tutte le case italiane, guerra totale e non più
guerra lontana com'era prima di Caporetto.
Via
Montello: qui infatti si svolsero i momenti più
importanti della Grande Guerra dopo la disfatta di Caporetto: dalla resistenza
decisiva contro la spinta austro-ungarica (nelle battaglie di arresto e del
Solstizio) all’offensiva finale, che decretò la fine del conflitto e la
vittoria del Regno d'Italia.
Via
Guido Negri: il ‘capitano santo’ di Este morto nel
1916 sul monte Colombara.
Viale della Rimembranza, quello che conduce alla chiesa parrocchiale vuole nel nome
ricordare i caduti nella guerra 15-18. Una croce, un elmetto da fante e una
baionetta all’ingiù su una lapide marmorea sono più che eloquenti per indicare
le sofferenze patite in quella guerra.
(avvertenza:
Le informazioni di carattere storico sono state ricavate dai vari siti internet
consultati)
Realizzazione del progetto:
Uscita
sul territorio 24 maggio 2016
Attività
di ricerca in classe e a casa maggio-giugno 2016